Il 20 ottobre è la Giornata Mondiale dell’Osteoporosi, e per l’occasione sono state organizzate iniziative in tutta Italia. E’sempre stata considerata una malattia “da donna”, ma con l’allungamento della vita media anche gli uomini sono sempre più a rischio fratture dovute alla fragilità ossea.
Oggi si celebra la Giornata Mondiale dell’ Osteoporosi (World Osteoporosis Day – WOD). La Società Italiana dell’Osteoporosi del Metabolismo Minerale e delle Malattie dello Scheletro ha organizzato diverse iniziative in varie città d’Italia: l’elenco è consultabile qui .
Per l’occasione è stata anche creata la campagna #StopAlleFratture, che invita uomini e donne ad informarsi sulla patologia e a fare una adeguata prevenzione, anche seguendo stili di vita corretti.
L’osteoporosi è una malattia sistemica dell’apparato scheletrico, caratterizzata da una bassa densità minerale ossea e da un deterioramento della microarchitettura del tessuto osseo.
I dati dicono che in Italia ne sono affetti circa 3,5 milioni di donne ed 1 milione di uomini. Si stima che nei prossimi 20 anni la percentuale della popolazione italiana al di sopra dei 65 anni d’età aumenterà del 25%, per cui probabilmente aumenterà proporzionalmente anche l’incidenza di questa patologia.
Con l’osteoporosi, le ossa diventano più fragili e sono esposte ad un maggior rischio di frattura anche per minimi traumi. Soprattutto, le fratture possono interessare il femore, le vertebre, o i polsi. La più grave è la frattura del femore: nella maggior parte dei casi è necessario sottoporsi all’intervento chirurgico con l’inserimento di una protesi. Purtroppo, solo il 50% dei pazienti mantiene l’autosufficienza dopo una frattura di questo tipo, e la qualità della vita risulta seriamente compromessa.
Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), nel 1990 si sono verificate circa 1.700.000 fratture di femore nel mondo; per il 2050 ne sono previste 6.300.000. Nella popolazione italiana oltre i 50 anni d’età il numero di fratture di femore è superiore alle 80.000 unità/anno. Per questo è necessaria una attenzione sempre maggiore da parte delle organizzazioni sanitarie per identificare i soggetti a rischio e le terapie più appropriate, ma ci deve essere anche attenzione da parte delle persone, soprattutto per quanto riguarda le attività di prevenzione.
L’osteoporosi è sempre stata considerata una malattia “da donna” – che ha in effetti un apparato scheletrico meno robusto di quello maschile ed è esposta alla perdita accelerata di minerale dopo la menopausa – ma con l’allungamento della vita media anche gli uomini sono sempre più a rischio fratture dovute alla fragilità ossea. Nell’uomo inoltre la mortalità dovuta a queste patologia è più alta e, dai 50 anni, il rischio di un uomo di subire una frattura è superiore al rischio di contrarre il cancro alla prostata. Peraltro, gli uomini sono meno consapevoli di questo rischio, rispetto alle donne, e fanno anche molta meno prevenzione. Quindi quest’anno, nel nostro Paese, si è scelto di dedicare la ricorrenza odierna all’osteoporosi al maschile. “L’osteoporosi nell’uomo sta crescendo ma rimane, a torto, un argomento negletto e sotto diagnosticato”, ha dichiarato alle agenzie di stampa Claudio Marcocci, direttore della U.O. Endocrinologia II, Azienda Ospedaliero-Universitaria Pisana e Presidente della Società Italiana dell’Osteoporosi, del Metabolismo Minerale e delle Malattie dello Scheletro. “Gli uomini non hanno, infatti, una motivazione specifica per tenere sotto controllo le proprie ossa, come avviene per le donne con l’evento naturale della menopausa. Tra l’altro, gli uomini pensano al proprio benessere ma sono, certamente, meno attenti alla loro salute e si recano più difficilmente dal medico. Facciamo, quindi, un appello alle donne italiane, affinché avvertano i propri compagni di questo rischio in modo che possano affrontare questa problematica con il medico di famiglia che, ove necessario, provvederà a consigliare una valutazione appropriata”.
L’esame principale per lo screening dell’osteoporosi è la densitometria ossea: le linee guida la raccomandano come metodo di screening per gli over 65, prima sarebbe da riservare solo alle donne a rischio.
Molto spesso la malattia viene diagnosticata solo dopo una frattura del femore, ma solo il 15% riceve una terapia farmacologica. Di queste pazienti, ad un anno, solo il 50% aderisce alla terapia, pur con una possibilità da 2 a 5 volte superiore di subire un’altra frattura. “L’osteoporosi nella sua forma severa, chiamata Fragilità Ossea, è una patologia dalle conseguenze anche molto gravi – ha detto ancora Marcocci. “Di positivo c’è che abbiamo diversi strumenti a nostra disposizione per combatterla, attraverso una diagnosi tempestiva e un trattamento adeguato. È necessario, tuttavia, che le due figure protagoniste nel percorso di cura, cioè specialista e paziente, abbiano una cultura maggiore rispetto all’importanza di questi due aspetti”.
L’osteoporosi non ha una sola causa, ce ne sono tante: la menopausa, carenza di vitamina D e calcio, uso cronico di alcuni farmaci (cortisone, farmaci per il cancro alla prostata, e altri), l’abuso di alcol, fumo di sigaretta, scarsa attività fisica. Il fattore di rischio più comune è comunque rappresentato dall’avanzare dell’età.
Anche alcune patologie, come il diabete o l’ipertiroidismo agiscono negativamente sulle nostre ossa e sull’equilibrio tra la formazione di nuovo tessuto e il riassorbimento, a favore di quest’ultimo. L’osso è un tessuto che continuamente si rinnova, si riassorbe e si riforma, grazie a un processo fisiologico che trae beneficio da una attività fisica costante e da un’alimentazione equilibrata, ricca di calcio. È importante prendere queste abitudini sin da giovani, per accumulare un’adeguata riserva di massa ossea, destinata a essere perduta mano a mano che si avanza con l’età.