L’impatto della Pandemia da Covid-19 ha avuto delle conseguenze sulla qualità della vita dei malati di Alzheimer e dei caregiver, tra cui il peggioramento dei disturbi comportamentali preesistenti o la comparsa di nuovi sintomi neuropsichiatrici. Si è inoltre studiato come i disturbi del sonno e del ritmo sonno-veglia possano incidere sullo sviluppo delle demenze.
Impatto del lockdown sui pazienti e sui caregiver
Secondo una ricerca condotta da SINdem (Società Italiana di Neurologia per le demenze che promuove lo sviluppo della ricerca di base e clinica n.d.r.) e pubblicata sulla rivista Frontiers Psychiatry, in occasione della Giornata Mondiale istituita nel 1994 dall’OMS e l’Alzheimer Disease International (ADI) che si celebra oggi 21 settembre, è emerso che a un mese dall’inizio del lockdown il 60% dei pazienti con Alzheimer aveva subito un peggioramento dei disturbi comportamentali preesistenti o la comparsa di nuovi sintomi neuropsichiatrici.
Per quanto riguarda i sintomi, riscontrati dallo studio che ha coinvolto 4.913 familiari di persone affette da demenza seguite in 87 Centri specializzati in tutta Italia, come spiega Amalia Cecilia Bruni, presidente eletto della SINdem “quelli più frequenti sono stati: l’irritabilità (40 per cento), l’agitazione (31 per cento), l’apatia (35 per cento), l’ansia (29 per cento) e la depressione (25 per cento)”. “In oltre un quarto dei casi – sottolinea – questa nuova condizione è stata tale da richiedere la modifica del trattamento farmacologico”.
Il tipo di disturbo neuropsichiatrico prevalente è risultato essere influenzato da variabili tra cui il tipo di malattia che ha causato la demenza (malattia di Alzheimer o altre forme) e la sua severità, nonché dal genere sessuale. Ad esempio, avere una malattia di Alzheimer ha aumentato il rischio di un incremento di sintomi d’ansia e depressione nelle fasi lievi e moderate di malattia e soprattutto nel genere femminile.
Nel mondo la malattia di Alzheimer colpisce circa 40 milioni di persone e solo in Italia ci sono circa un milione di casi, per la maggior parte over 60. Oltre gli 80 anni, la patologia colpisce un anziano su 4.
È una patologia che richiede anche un grosso impegno da parte dei familiari che svolgono un ruolo importantissimo di costante accudimento.
Il caregiver, termine inglese, è “colui che si prende cura” a titolo non professionale e gratuito, di un congiunto ammalato e/o disabile. Secondo un’indagine di ISTAT relativa al 2015 sono 8,5 milioni i caregiver in Italia, di cui 7,3 milioni caregiver familiari. Di questi sono 2.146.000 coloro i quali dichiarano un impegno assistenziale superiore alle 20 ore settimanali.
Anche loro hanno risentito in modo significativo degli effetti acuti del lockdown, con evidenti sintomi di stress in oltre il 65 per cento degli intervistati. Gli effetti dell’isolamento indotto dal lockdown, con i cambiamenti della routine quotidiana e la riduzione di stimoli emotivi, sociali e fisici, hanno rappresentato un detonatore per l’incremento rapido di disturbi neuropsichiatrici tra le persone più a rischio quali sono gli anziani con deterioramento cognitivo.
I dati emersi vanno ora considerati, secondo gli esperti della SIN, in funzione della riorganizzazione dei servizi assistenziali per le patologie neurodegenerative che dovrà tenere conto della necessità di monitoraggio clinico e del supporto a distanza in modo continuativo e flessibile in base allo scenario epidemiologico futuro.
L’Alzheimer è una malattia subdola che entra silenziosamente nella vita delle persone per poi travolgerla completamente: porta a una totale perdita di autonomia nei pazienti. Grazie alla ricerca scientifica c’è una nuova speranza nella cura dei pazienti in caso iniziale.
“Ad oggi – afferma Gioacchino Tedeschi, presidente Società Italiana di Neurologia (Sin) – le terapie per la cura dell’Alzheimer sono in grado di mitigarne solo in parte i sintomi, ma non hanno alcun impatto sulla progressiva evoluzione della demenza, una volta che questa si sia manifestata”. “Abbiamo però una nuova speranza. L’FDA (Food and Drug Administration, n.d.r.) ha proprio di recente accettato di esaminare gli studi condotti sul farmaco aducanumab, un anticorpo monoclonale che si è dimostrato efficace nella rimozione dell’accumulo di beta-amiloide, causa della patologia, nei soggetti che si trovano in una fase molto iniziale della malattia”, aggiunge.
Un altro fattore di rischio importante per la patologia di Alzheimer e per le demenze in genere è legato ai disturbi del sonno e del ritmo sonno-veglia.
È stato recentemente pubblicato su Sleep Medicine Reviews uno studio di ricercatori italiani, sostenuto da Airalzh Onlus l’associazione italiana ricerca Alzheimer che promuove a livello nazionale la ricerca medico-scientifica sulla malattia e altre forme di demenza, che dimostra come le apnee ostruttive nel sonno (Obstructive sleep apnea – OSA) influiscano sul declino cognitivo dei malati di Alzheimer, una patologia subdola che come afferma la dottoressa Ilde Pieroni ricercatrice Airalzh Onlus, in un’interessante intervista pubblicata su affari italiani.it “coinvolge di più e si mostra in più rapida evoluzione nel sesso femminile (circa i 2/3 dei pazienti sono donne)”.
“Lo studio della correlazione tra le diverse forme di demenza e i disturbi del sonno nell’uomo e nella donna potrà portare ad un più corretto approccio diagnostico, terapeutico e, possibilmente, preventivo” sostiene la Dott.ssa Biancamaria Guarnieri, neurologa e membro della rete Airalzh Onlus.
Per la XXVII giornata mondiale dell’Alzheimer, che anche quest’anno riunisce malati, familiari e associazioni di categoria con l’obiettivo di sensibilizzare sempre di più l’opinione pubblica nei confronti della patologia sottolineando l’importanza di sostenere la ricerca, in tutta Italia sono state organizzate diverse iniziative pubblicate sul sito della Federazione Italiana Alzheimer. La Federazione è la maggiore organizzazione nazionale non profit dedicata alla promozione della ricerca medica e scientifica sulle cause, la cura e l’assistenza per le demenze, al supporto e al sostegno delle persone con demenza e dei loro familiari, alla tutela dei loro diritti in sede sia legislativa sia amministrativa. A manifestare affetto e vicinanza alle persone con demenza e alle loro famiglie si unisce il cantautore Eugenio Finardi con un video dove canta “Amore Diverso” e racconta la sua esperienza con la malattia. Alzheimer Italia, la forza di non essere soli.