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Rischio cancro: attenzione al caffè
Quanto fanno male alla salute caffè, sigarette e patatine fritte? La risposta a questo comune e più volte ripetuto interrogativo appare quasi del tutto scontata. Quotidianamente, infatti, ai consumatori di caffè e a tutti quelli che del tabacco proprio non possono farne a meno, viene posto sotto il naso il rischio che corrono, ma si sa le dipendenze spesso offuscano la lucidità delle persone. Tuttavia, per chiarire maggiormente e ufficialmente il pericolo, l’associazione no profit ‘The Council for Education and Research on Toxics’ ha richiesto alle principali catene di caffè, tra cui Starbucks e 7-Eleven, di apporre sui prodotti un’etichetta che indichi il rischio cancro. Secondo l’ente, infatti, c’e’ un potenziale di rischio a causa dell’esposizione di una sostanza chimica, l’acrilammide, generata nel corso della torrefazione ad alte temperature.
L’acrilammide è una sostanza carcinogena. Il National Cancer Institute (Nci) elenca il caffè come una delle maggiori fonti di acrilammide, cosi come lo sono anche le patatine fritte, i salatini, i biscotti, i cracker e diversi altri prodotti. Sempre il Nci richiede di diminuire il tempo di cottura per ridurre il contenuto di acrilammide negli alimenti. A tal proposito, sono diversi gli studi non hanno dimostrato che l’esposizione nel cibo all’acrilammide causi il cancro. A chi credere, dunque?
Sulla base di quanto precisato dall’Efsa, l’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare, l’acrilammide è presente in buona parte degli alimenti che popolano gli scaffali dei supermercati e che dunque finiscono sulle tavole degli italiani. L’aspetto dorato e il profumo di “pane appena sfornato” sono tipici di alcuni alimenti da forno e queste caratteristiche si devono alla reazione di Maillard in cui amminoacidi e zuccheri reagiscono ad alte temperature. Uno delle cause prodotte da questa reazione è proprio la produzione di acrilammide. La sostanza si forma naturalmente in alimenti ricchi di amidi e asparagina durante la cottura oltre i 120 gradi: pane tostato, prodotti da forno, patate fritte, patate al forno, caffé, sostituti del caffè, e molto altro ancora.
L’Efsa, inoltre, nel rapporto redatto, dedica ampio spazio al contributo dei vari tipi di alimenti all’apporto giornaliero di acrilammide. Il rischio malattia cambia a seconda dell’età del consumatore: per i neonati i prodotti a base di cereali possono contribuire fino al 60%. Non è un caso, infatti, che il pericolo maggiore lo corrano i bambini quando la loro alimentazione è costituita da patatine fritte (con il 51%), pane morbido, cereali per la colazione e biscotti (25%). I prodotti a base di patate rappresentano fino al 49% dell’esposizione media per gli adulti, seguiti dal caffè (34%).
Una volta ingerita, l’acrilammide viene assorbita dal tratto gastrointestinale, distribuita a tutti gli organi e ampiamente metabolizzata. La glicidammide è uno dei principali metaboliti che risultano da questo processo ed è la più probabile causa di mutazioni genetiche e tumori riscontrati in studi su animali. Oltre al cancro, il gruppo di esperti ha esaminato anche i possibili effetti nocivi dell’acrilammide sul sistema nervoso, sullo sviluppo pre e postnatale e sul sistema riproduttivo maschile. Questi effetti, sulla base dei correnti livelli di esposizione, non presentano un alto rischio per la salute dell’uomo.
Il segreto per evitare di assumere un’alta dose di acrilammide è seguire una dieta sana ed equilibrata a base di frutta, verdura, carne e pesce. In questo senso non si afferma che il consumatore deve eliminare dalla colazione il caffè o dalla merenda le patatine fritte, ma questi alimenti andrebbero consumati poco e non con frequenza. Inoltre, per quanto riguarda quei cibi provenienti da farine, ci sono metodi di cottura che non fanno formare l’acrilammide: il più diffuso è la lessatura, la cottura in acqua, per cui preferire la pasta come forma di carboidrati rispetto al pane, e le patate lessate in sostituzione delle patate arrosto o fritte riduce di molto l’esposizione.