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Robotica: un cambiamento del pensiero del robot per migliorare la cooperazione con gli esseri umani
“Immaginate di chiedere a un robot di passarvi un cacciavite in un laboratorio i codici in possesso del robot lo spingeranno a impugnare il manico e passarvi il cacciavite dalla parte sbagliata, compiendo un ‘passaggio di consegne’ pericoloso. Il robot invece ha bisogno di sapere qual è l’obiettivo finale di un’azione, al fine di ripensare la sua attività e di adattarla al contesto.” Ad affermarlo Valerio Ortenzi ricercatore e ricercatore dell’Università di Birmingham e prima firma di uno studio pubblicato su Nature Machine Intelligence, frutto della collaborazione tra l’Università di Birmingham, l’Istituto di BioRobotica della Scuola Superiore Sant’Anna, l’Università di Pisa, l’ARC Centre of Excellence for Robotic Vision (Queensland University of Technology di Brisbane) e il German Aerospace Center (DLR), secondo il quale ci sarà un cambiamento nel mondo della robotica per migliorare la cooperazione tra robot e esseri umani.
Lo studio esplora la questione della presa degli oggetti da parte di un robot. Afferrare un oggetto in natura è un’azione perfezionata molti anni fa ma che rappresenta ancora una sfida aperta in robotica. La maggior parte delle macchine utilizzate finora in fabbrica lavora in maniera automatica, raccogliendo oggetti in luoghi e tempi prestabiliti. Per far ciò, è necessaria l’interazione di più tecnologie complesse che includono sistemi di visione e Intelligenza Artificiale in grado di far vedere alla macchina l’oggetto e determinarne la proprietà (è un oggetto rigido o flessibile) e la forza di presa.
Lo studio evidenzia un problema, anche quando il procedimento appena descritto avviene correttamente: ciò che per il robot può essere considerato come un’azione di successo, potrebbe invece rivelarsi un fallimento nella vita reale o nell’interazione con un essere umano. “Siamo convinti che una nuova metrica – sostiene Marco Controzzi, ricercatore dell’Istituto di BioRobotica della Scuola Superiore Sant’Anna e secondo autore del paper – basata sull’osservazione di come l’uomo interagisce con le cose e con l’ambiente, sia fondamentale per lo sviluppo di una nuova generazione di robot in grado non solo di operare con successo in situazioni complesse, ma soprattutto di collaborare in modo sicuro ed efficace con l’uomo.”