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Il ruolo del pediatra nello sviluppo neuroevolutivo dei bambini
Lo sviluppo neuroevolutivo dei bambini deve essere seguito con molta attenzione da genitori e pediatri.
Sempre più spesso capita di vedere smartphone o tablet in mano a piccoli di pochi anni. Addirittura, alcuni genitori, per tranquillizzare i figli durante la visita dal pediatra, danno loro il telefono, non curanti del fatto che, così facendo, possono provocare nei piccoli una vera e propria dipendenza.
“A volte togliere il cellulare a un bambino può provocare anche crisi psicotiche”, è l’allarme lanciato all’agenzia Dire da Federico Bianchi di Castelbianco, psicoterapeuta dell’età evolutiva e direttore dell’Istituto di Ortofonologia (IdO), al corso Ecm sulla ‘Procreazione assistita: il bambino al centro’. “Questa situazione sta portando a un vertiginoso aumento delle disorganizzazioni delle funzioni esecutive visive”, ha aggiunto. “Queste, se non vengono individuate, possono causare un non accomodamento visivo nel bambino, con la possibilità di sviluppare negli anni successivi difficoltà nella scrittura. Noi psicologi possiamo fare un intervento precoce ma non di prevenzione, perché il bambino ci viene inviato quando il problema è già esploso”.
Tocca al pediatra intervenire con i genitori, spiegando loro i rischi a cui vanno incontro permettendo ai bambini di utilizzare costantemente il telefono. Ma l’utilizzo dello smartphone è solamente uno dei comportamenti a cui bisogna fare attenzione, per non parlare delle fasi importanti, spesso critiche, che i genitori si trovano ad affrontare nella crescita dei figli, dallo svezzamento al momento di togliere il pannolino.
L’IdO, insieme alla Società italiana di pediatria (Sip) e al Sindacato italiano specialisti pediatri (Sispe), ha promosso così la campagna di formazione e informazione sul ruolo del ‘Pediatra sentinella educativa’, con l’obiettivo di intercettare precocemente i disturbi del neurosviluppo. “Nessuno pretende che il pediatra diventi uno psicologo infantile o un neuropsichiatra infantile – ha chiarito il Presidente della Sip, Alberto Villani – ma è importante che sappia avere contezza di una situazione di normalità e rendersi conto precocemente di ciò che invece può rappresentare un pericolo per la salute. Questo è un patrimonio al quale il pediatra non può rinunciare. Essere sentinella significa essere colui che avvista da lontano le situazioni”.
L’iniziativa dota i pediatri di due schede di rilevazione e due opuscoli che hanno lo scopo di informare sui principali campanelli di allarme nel monitoraggio neuroevolutivo dei bambini da 0 a 24 mesi, e suggeriscono alcuni consigli comportamentali da dare ai genitori di piccoli da uno a cinque anni. Si parla di alimentazione e svezzamento, sonno, inserimento “in società”, autonomia e abbandono del pannolino, ma anche, appunto, del rapporto con la tecnologia e della regolazione emotiva.
Per quanto riguarda specificatamente l’uso degli strumenti tecnologici, bambini e genitori devono imparare a utilizzarli e gestirli affinchè siano educativi, quindi sempre con un intermediario. Oltretutto, la Società Italiana di Pediatria si era espressa ufficialmente a riguardo con un documento sull’uso di tali strumenti nei bambini fino a 8 anni, pubblicato nel 2018 sul Journal of Pediatrics, in cui aveva dichiarato un netto NO a smartphone e tablet prima dei due anni, durante i pasti e prima di andare a dormire. Ancora, no al cellulare “pacificatore”, sì, invece, all’utilizzo insieme ai genitori di applicazioni di qualità.
“Ci siamo resi conto che nell’età compresa tra 0 e 5 anni i genitori ascoltano in modo attento ciò che il pediatra gli possa dire, spiegare o chiedere di fare”, ha spiegato Federico Bianchi di Castelbianco. “Dopo i cinque anni invece il bambino, come dicono sempre i genitori, è già grande e quindi va a scuola. Da quel momento scema l’interesse dei genitori verso le parole del pediatra, mentre i famosi compiti scolastici assumono sempre più rilevanza. I comportamenti non idonei dei bambini devono, quindi, essere affrontati prima che questi diventino una patologia e prima del quinto anno di vita. I segnali di rischio di un disagio neuroevolutivo sono precocissimi – ha concluso – e iniziare un percorso terapeutico a un anno e mezzo fa la differenza. Cambia la vita dei bambini”.