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Covid-19, nuovi sintomi rapportabili all’età delle persone risultate positive al test
La malattia da Coronavirus colpisce in diversi modi e buona parte delle persone risultate positive ha segnalato sintomi, più o meno acuti, come febbre, tosse secca, spossatezza, indolenzimento e dolori muscolari, mal di gola, perdita dell’olfatto e del gusto, diarrea e congiuntivite. Nei casi più gravi anche difficoltà respiratorie o fiato corto, oppressione o dolori al petto e perdita della facoltà di parola e motoria. Tuttavia, a seguito di uno studio elaborato da una task force dell’Imperial College di Londra si è appreso che ai sintomi “tradizionali”, a cui tutti noi siamo ormai abituati, si sommerebbe un ventaglio di altri nuovi sintomi associati all’infezione COVID-19.
I questionari a cui hanno risposto pazienti positivi tra giugno 2020 e gennaio 2021 segnalano anche brividi, perdita di appetito, mal di testa e dolori muscolari. Dalla ricerca britannica inoltre emerge una relazione dei sintomi con l’età anagrafica della persona risultata affetta dal virus. Il mal di testa ad esempio è stato segnalato soprattutto dai giovani tra 5 e 17 anni, la perdita di appetito tra i 18-54 e gli over55, i dolori muscolari nelle persone tra i 18 e i 54 anni. I soggetti di età compresa tra 5 e 17 anni infetti avevano anche meno probabilità di avere febbre, tosse persistente e perdita di appetito rispetto agli adulti.
Anche il post-infezione muta da una fascia anagrafica all’altra. A dimostrare che gli effetti del Covid possono permanere a lungo è uno studio condotto dal Dipartimento della Salute della Donna e del Bambino della Fondazione Policlinico Gemelli Irccs, pubblicato su MedRxiv e sottomesso alla rivista Acta Pediatrica. Secondo quest’ultima ricerca le conseguenze del contagio infatti sono dure a morire. I sintomi permangono per diverso tempo anche dopo la fine dell’infezione virale, soprattutto nei pazienti più piccoli e giovanissimi. Circa uno su 3 a distanza di mesi dalla fase acuta della malattia, sembra presentare ancora almeno un sintomo, dal mal di testa ai disturbi del sonno, che possono essere più o meno legati all’apparato respiratorio.
Ciò che invece al momento è più che certo, essendo stato chiarito dall’Istituto Superiore di Sanità (ISS), riguarda le varianti più preoccupanti che non sembrano causare sintomi più gravi in nessuna fascia di età, tanto meno nei bambini. La malattia si presenta con le stesse caratteristiche e i sintomi sono gli stessi di tutte le altre varianti del virus.
Cambia invece l’elevata contagiosità: “In termini di trasmissibilità – si legge nella nota diramata dall’ISS – la variante ‘inglese’ manifesta un aumento per tutte le fasce di età, compresi i bambini”. Tuttavia, ribadisce l’Iss: “Ci sono ancora molti studi in corso, ma al momento non sembra che la variante inglese abbia come target specifico i bambini, non li infetta in maniera particolare rispetto agli altri. Per quanto riguarda le altre varianti i dati non sono ancora sufficienti a formulare ipotesi”.