Questo sito Web utilizza i cookie per offrirti la migliore esperienza utente possibile. Le informazioni sui cookie sono memorizzate nel tuo browser ed eseguono funzioni come riconoscerti quando ritorni sul nostro sito web e aiutando il nostro team a capire quali sezioni del sito web trovi più interessanti e utili.
Alzheimer, nel 2050 conterà una popolazione di oltre 70 mila persone
Oggi si celebra la Giornata mondiale dell’Alzheimer, un’occasione in cui la comunità scientifica e l’opinione pubblica costruiscono insieme una comune coscienza sui problemi causati dalla patologia che in Italia colpisce 1,2 milioni di persone (1,6 nel 2030). Ad oggi, nonostante i tanti progressi raggiunti sul fronte della ricerca e della medicina, l’Alzheimer è classificata come una malattia altamente invalidante per cui non esistono ancora terapie realmente efficaci e che preoccupa oltremodo dal momento che, sulla base di quanto previsto dalle scienze, nel 2050 interesserà oltre 70 milioni di persone nel mondo. Molteplici sono le demenze diagnosticate ma la più diffusa, nel circa 60%-70% dei casi, è l’Alzheimer, che interessa le persone anziane, ma che può manifestarsi addirittura tra i 30 e i 40 anni o tra i 50 e i 60 (giovanile).
All’IRCCS Istituto Centro San Giovanni di Dio Fatebenefratelli di Brescia, proseguono gli studi sui marcatori biologici della patologia. Di recente è stato identificato un nuovo biomarcatore plasmatico comune alla malattia di Alzheimer, demenza frontotemporale e demenza a Corpi di Lewy, che lascia presupporre una possibile nuova via patogenetica comune. Come spiegato in una nota diramata dall’Istituto bresciano, in precedenza si era ipotizzato che gli esosomi (vescicole extracellulari, EVs) potrebbero essere strumenti fondamentali per la trasmissione di biomolecole tra cellula e cellula durante l’invecchiamento, cioè quando si verifica una progressiva perdita di neuroni. Inoltre, la presenza di alcuni marcatori di EVs in placche amiloidi nei cervelli di pazienti AD supporta l’ipotesi che le EVs possano contribuire all’insorgenza e alla progressione della malattia. Di conseguenza le EVs ed il loro carico sarebbero potenziali biomarcatori per le demenze.
“Per stimare le prestazioni diagnostiche di questi due parametri (concentrazione e dimensione delle vescicole extracellulari) nel discriminare i pazienti dai controlli – commenta specifica la Responsabile del Laboratorio Marcatori Molecolari e Direttrice Scientifica dell’IRCCS Centro San Giovanni di Dio Fatebenefratelli di Brescia Roberta Ghidoni – è stata creata una nuova variabile ovvero il rapporto concentrazione/dimensione, confermando una elevata sensibilità e specificità del saggio”. Di fatto, si tratta di dati rilevanti che marcano l’esistenza di un meccanismo molecolare comune alle tre forme di demenza. Il livello delle vescicole extracellulari nel sangue è infatti regolato da una serie di fattori che agiscono a livello intracellulare. L’Istituto infatti è impegnato nello studio dei fattori che possono spiegare le alterazioni osservate al fine di identificare vie comuni alterate nelle demenze e più in generale nelle malattie caratterizzate da accumulo di proteine a livello cerebrale.