Questo sito Web utilizza i cookie per offrirti la migliore esperienza utente possibile. Le informazioni sui cookie sono memorizzate nel tuo browser ed eseguono funzioni come riconoscerti quando ritorni sul nostro sito web e aiutando il nostro team a capire quali sezioni del sito web trovi più interessanti e utili.
“PainKiller”, la serie Netflix che condanna l’uso del farmaco OxyContin
Il marketing prima di tutto, e non importa se uccide, se promuove un prodotto che crea dipendenza su larga scala, se si rende complice di un fenomeno distruttivo che dilaga tra le maglie della società. È stato questo uno dei presupposti dell’azione di Richard Sackler, presidente del gigante farmaceutico Purdue Pharma, che ha immesso sul mercato uno dei farmaci più pericolosi dell’ultimo secolo legalizzando di fatto l’utilizzo di droghe che non lasciano spazio al dolore, alla sofferenza e alla fragilità della mente assicurando il piacere e creando una letale dipendenza. È questo l’OxyContin, medicinale che contiene il principio attivo dell’ossicodone, potente antidolorifico della famiglia degli oppiodi, e che per questo può essere prescritto dal medico di base al paziente per trattare un dolore cronico, con un effetto di 12 ore.
L’ossicodone ha una storia lunga, tutta novecentesca: introdotto per la prima volta nel 1917 in Germania e “liberalizzato” clinicamente nel 1939 negli Stati Uniti, è al centro di una storia pericolosa per la salute dell’uomo da quando Richard Sackler, della potente e miliardaria famiglia americana che ha fondato e posseduto le società farmaceutiche Purdue Pharma e Mundipharma, con lo scopo di quadruplicare le finanze dell’impero di famiglia, lo ha fatto creare in laboratorio per poi ottenere la certificazione FDA ed esportarlo anche oltre i confini statunitensi.
L’OxyContin, questo il nome commerciale del farmaco consigliato soprattutto per i trattamenti oncologici e le cure palliative, tra gli anni ’90 e il 2019 ha causato la morte di circa mezzo milione di americani. In più, tra il 2020 e il 2021, sempre negli Stati Uniti, sono state contate 100 mila vittime per overdose da oppiacei e con la pandemia da Covid-19 i numeri sono peggiorati. In Italia l’uso di questa compressa non genera particolare apprensione rispetto ai dati del Nord America ma, ad ogni modo, è il farmaco oppiaceo che ha creato il maggior numero di tossicodipendenti dal 2010 a oggi.
La genesi, il percorso e la pericolosa diffusione di questo farmaco sono al centro della miniserie drammatica Netflix “PainKiller” (Uccisore del dolore), a metà tra un documentario e un film, basata sul libro omonimo di Barry Meier e sull’articolo The Family That Built the Empire of Pain scritto da Patrick Radden Keefe pubblicato dal The New Yorker. Ideata da Eric Newman, e intrepretata dalla vincitrice di tre Emmy Awards, Uzo Aduba (in foto), insieme a Matthew Broderick e Taylor Kitsch, la serie si concentra sulla ricerca spasmodica del piacere che non lascia spazio al dolore fisico e resa possibile grazie alla complicità (più o meno consapevole) dei medici di famiglia che hanno prescritto senza limiti questo farmaco incrementando la tossicodipendenza.
È questa la ricetta dispensata al mondo dall’impero Sackler condannato nel 2019 a pagare 4,5 miliardi di dollari destinati interamente al finanziamento dei programmi di prevenzione e trattamento delle dipendenze in tutti gli Stati Uniti. Risultato raggiunto nonostante Richard Sackler, ex presidente della casa farmaceutica, si è presentato al banco dei testimoni ha dichiarato di non ritenere sé stesso e neppure l’azienda responsabili della crisi e dell’epidemia di oppioidi.