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SEI DISORDINATO? NON DISPERARE…PER LA SCIENZA SEI INTELLIGENTE E CREATIVO!
Secondo la scienza più si vive nel caos e più si è intelligenti e creativi. Questo in sintesi è quello che è emerso da un esperimento effettuato da Robert Thatcher, neuroscienziato e presidente dell’Applied Neuroscience Petersburg in Florida, secondo il quale più si conduce uno stile di vita variegato e caotico e più la creatività e l’intelligenza sono stimolate. L’esperimento, quindi, conferma quello che ha sempre sostenuto il filosofo Friedrich Wilhelm Nietzsche, secondo il quale “il mondo è un caso irrazionale e bisogna avere il caso dentro di sé per partorire una stella danzante”. Le buone idee, nella maggior parte dei casi, nascono nei grandi centri urbani e per “partorirle”, secondo lo scrittore Steve Johnson, autore del libro “Da dove vengono le buone idee: la storia naturale dell’innovazione”, la mente umana ha bisogno di stimoli continui.
Qual è il contesto e come permettere al nostro cervello di essere più creativo? Il segreto è quello di frequentare luoghi diversi e quindi avere una movimentata vita sociale, di leggere libri, anche più di uno nello stesso periodo di tempo, coltivare diversi hobby, reinventarsi in ogni occasione, e anche concedersi lo sfizio di bere qualche bicchierino di vino in più. E sì, perché secondo Johnson quando si è “alticci”, il nostro cervello è più predisposto nel produrre nuovi progetti.
Ma cosa ne pensano gli specialisti di “casa nostra”? Mutua Basis Assistance, Società di Mutuo Soccorso, leader in Italia nel campo della Sanità Integrativa, ha contattato la Psicologa – Psicoterapeuta e Presidente dell’Associazione “Oltre il Conflitto”, la dottoressa Margherita Ciciarelli la quale ha commentato questa “nuova teoria” sostenendo che “È ormai diffusamente accertato che l’abitudine, il cliché e la “procedura” fissa annichiliscono l’intelligenza. Le idee hanno bisogno di “spaziare” e di entrare in contatto con altre idee perché ci sia una scintilla creativa. Il segreto sta nell’associazione, nelle relazioni, nello scambio, che costituisce il cuore pulsante del pensiero umano. Eppure sono convinta che il “caos” da solo non basti per stimolare un pensiero intelligente, il caos deve essere anche in qualche modo guidato, gestito con mezzi di prevenzione, programmazione e pianificazione, perché sottostante al caos deve esserci una strategia tesa a raggiungere degli obiettivi di creatività, delle idee, insomma qualcosa che tracci la strada per l’innovazione, il cambiamento, altrimenti è fine a se stesso”.
Dottoressa, quindi essere disordinati non è una caratteristica “negativa” dell’essere umano.
“Non credo al disordine come stile di vita e come modello di esistenza, semmai credo al disordine come un momento necessario per ritrovarsi, rinnovarsi e predisporsi al meglio per qualunque forma di cambiamento. Oggi la società, la globalizzazione, i cambiamenti culturali e di ruolo nelle famiglie e nelle aziende, i nuovi modi di concepire il lavoro, sono tutti aspetti che aumentano la complessità nel modo di gestire alcuni ambiti della nostra vita (familiare, lavorativa, sociale, ecc.). Le persone che si adattano meglio a questi cambiamenti sono proprio le persone che oltre a saper vivere nel caos, hanno anche sviluppato quelle competenze per saperlo gestire efficacemente, con creatività ma anche con mezzi e strumenti di “governo” ed “indirizzo”. Anche le aziende si stanno adeguando a questo nuovo modo di pensare, si pensi che molte imprese hanno ormai abbandonato e superato quei modelli organizzativi “stabili” di una volta, basati su un sistema gerarchico e funzionale con rigida suddivisione delle mansioni e dei compiti del personale, bensì si tende ormai a privilegiare modelli “complessi”, dove non sussiste più un processo informativo interno cristallizzato di tipo top-down (cioè dalle posizioni apicali a quelle più basse) ed è sempre più diffusa la convinzione che la trasversalità, la condivisione in modo “disordinato” dei problemi nelle organizzazioni e nei gruppi di lavoro alimenti l’approccio creativo, l’agilità di risposta, l’innovazione e, non ultimo, anche la motivazione del personale.
Chi è disordinato è più creativo ed è maggiormente capace di concentrarsi. Quindi, in condizioni di caos, il nostro intelletto è in grado di riflettere meglio e di trovare soluzioni migliori. Gli scienziati sono arrivati alla conclusione che sia proprio il disordine a fornire un importante sprint al nostro cervello; infatti, quando si lavora in luoghi poco ordinati, siamo portati concentrarci di più e a rendere meglio.Secondo la ricerca, il non ordine migliora anche le capacità di problem solving e aiuta a riflettere meglio”.
In sostanza, la creatività e l’intelligenza nascono dal caos?
“In un certo senso si. Il caos è fonte di creatività e dal caos nasce la vita, tuttavia è il caso di ricordare che il disordine non deve essere “patologico” (dietro il quale si celano difficoltà psicologiche più ampie) ma gestibile entro alcuni confini controllabili, in modo che possa esprimere tutta la sua forza vitale e creativa.
Biologicamente, tutti i processi organici nascenti hanno un che di caotico e quando si “inquadrano” perdono moltissime variabili vitali. Quindi senza dubbio la creatività e l’intelligenza nascono dal caos ma è anche vero che il “caos deve essere intelligente”, dove la confusione abbia un senso e come dicevo un obiettivo. La creatività e l’intelligenza nascono dal caos perché quando la mente si disorienta, va alla ricerca di nuove idee attivando il pensiero divergente generando pertanto nuove soluzioni e nuovi collegamenti . Quindi se il caos non c’è a volte bisogna crearlo”.
Lei lavora anche con i bambini occupandosi di psicoterapia dell’età evolutiva, in particolare tratta i disturbi dell’apprendimento e i disturbi da deficit dell’attenzione e iperattività. Nell’immaginario collettivo i più piccoli sono molto predisposti al caos. Lei ha potuto riscontrare questa caratteristica nel suo lavoro?
“La maggior parte dei bambini è, per natura, disordinata. Sono pochi i bambini che sin da subito manifestano una certa inquadratura mentale anche negli aspetti pratici della vita. Dietro al disordine creativo dei bambini si nasconde un semplice impulso alla conoscenza, all’esplorazione dell’ambiente ed all’affermazione del proprio io. Infatti i bambini utilizzano il disordine per imparare. Nel mio lavoro incontro spesso bambini dislessici e con deficit dell’attenzione ed iperattività che vengono definiti “disordinati”. In questi casi il “disordine” (soprattutto riferito ai comportamenti scolastici) sembra essere l’elemento caratterizzante e contraddistintivo di questi bambini rispetto a quelli definiti “normali”, e se a ciò si associasse anche la disprassia (movimenti un po’ impacciati) il disordine assume caratteristiche che potrebbero essere percepite come “invalidanti”. Sicuramente questi bambini vanno aiutati a trovare un loro ordine, in modo che sappiano sopravvivere al sovraffollamento delle cose e delle idee, ma non dovremmo preoccuparci troppo per loro perché anche la scienza ha dimostrato che laddove questi bambini fossero correttamente guidati nel loro disordine, sarebbero più efficacemente in grado di sperimentare la loro creatività con successo”.
Lo scrittore Steve Johnson sostiene addirittura che l’essere umano quando è ubriaco riesce a produrre buone idee. Che ne pensa?
“In parte è vero perché l’alcol o meglio un leggero stato di ebbrezza provoca l’allentamento dei freni inibitori e del pensiero analitico e aiuta a “prendere in considerazione le informazioni irrilevanti ed a intercettare tutte le associazioni mentali ‘vaganti’, che si trovano negli angoli più remoti del cervello”.
Quali sono i suoi consigli per tutte quelle persone caotiche e anche per i “precisi” che in questo caso, anche se indirettamente, sono chiamati in causa come parte debole?
“Forse il miglior consiglio che potrei dare è quello di rendersi aperti al “caos” e al disordine in modo che non lo si consideri come una colpa semmai come una “opportunità” per cogliere appieno la sua forza vitale e di cambiamento. E questo vale tanto per chi vive nel disordine e chi invece lo subisce.Mi viene in mente, a questo proposito, la trama del libro “Caos calmo” di Sandro Veronesi. Il libro, a mio avviso, mette molto bene in evidenza come un evento traumatico, l’evento luttuoso occorso al protagonista, Pietro Paladini (la morte della compagna, prossima al matrimonio, e madre della figlia), faccia cadere nel disordine più completo le abitudini radicate e cristallizzate di una famiglia, e come, lo stesso disordine, il “caos” appunto, diventi al contempo il vero il protagonista principale della narrazione e il fattore di stimolo alla costruzione di soluzioni creative nel rapporto tra padre e figlia e la molla che ha prodotto il cambiamento e il nuovo stile di vita di Pietro, fino a riportare il tutto in una condizione di “caos calmo”, ovvero di un “nuovo ordine”.Come dicevo, quindi, è bene avere sempre a mente gli obiettivi che intendiamo raggiungere (di lavoro, familiari, di stile di vita, ecc.), in modo da mantenere salda la consapevolezza di saper accompagnare al disordine anche degli strumenti di indirizzo e di governo che facilitino il conseguimento degli obiettivi stessi. Insomma parafrasando si potrebbe dire che è sempre meglio vivere in un “disordine ordinato”.
Cari Amici di Mba, che ne pensate? Vi riconoscete in questo esperimento e nelle parole della dottoressa Ciciarelli?
Siete talmente disordinati a tal punto di potervi ritenere soddisfatti di qualche buon risultato nella vita privata o nel lavoro?
E proprio a voi, che al lavoro avete la mania di mettere sempre in ordine la vostra postazione, meravigliandovi e sbruffando quando vedete quella degli altri in disordine, vi ricordiamo una delle frasi celebri del poeta, scrittore, giornalista, molto caro a Mutua Basis Assistance, Oscar Wilde “Una scrivania ordinata è sintomo di una mente malata”.
2 Comments
Ho trovato l’articolo davvero interessante. E sono pienamente d’accordo con l’opinione espressa dalla dott.ssa Ciciarelli che il detto “genio e sregolatezza” non debba rappresentare un incitamento ad uno stile di vita. E’ giusto avere momenti di libera e disordinata condotta, perchè è la nostra mente a chiederlo per rinnovarsi ed affrontare in modo più consapevole e creativo il nostro futuro, tuttavia occorre porsi dei limiti e delle regole che disciplinino il nostro stesso modo di agire, a volte anche con sacrificio, per poter raggiungere determinati traguardi. Un esempio è sicuramente la pratica sportiva ma applicabile, più o meno trasversalmente, in tutte le attività della nostra vita.
Ho sempre creduto nell’associazione delle due caratteristiche, principalmente grazie all’osservazione delle persone che ho avuto modo di conoscere. In particolare, le persone dotate di creatività tendono a schivare l’ordine sia in quanto perdita di tempo, sia in quanto a distrazione dal focus primario.
Creare è un’ossessione. Il genio nasce dai molti tentativi creativi non andati a buon fine. La concentrazione richiesta dall’atto creativo non può rispondere ai criteri di ordine, né dal punto di vista dell’orario da dedicare alla propria ossessione/passione, né dal punto di vista dell’efficienza dell’atto creativo, che spesso porta al dissesto economico o a scompensi sociali dovuti alla passione per la strada che si sta perseguendo.
Andrew Wiles, abile matematico, risolutore dell’ultimo teorema di Fermat (uno degli enigmi matematici più complessi di sempre e che ha richiesto oltre 8 anni di dedizione), è spesso ritratto seduto alla sua scrivania, una delle scrivanie più disordinate mai viste, collocata in una stanza decisamente fuori dagli standard di ordine e consuetudine.
Per contro, spesso questi individui muoiono poveri o socialmente emarginati, poiché la genialità porta si all’innovazione, ma non è accompagnata da un pensiero analitico che permette di portare il pensiero creativo all’interno degli schemi della società moderna.
Un esempio di questa incapacità sociale come risvolto della genialità è riscontrabile nella vita e nella storia di Nicolaj Tesla, la cui storia può facilmente essere reperita in rete, così come elevati sono i casi di genio e sregolatezza nella storia, soprattutto nella storia creativa, a conferma dei concetti espressi dalla Dott.ssa.