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Fare figli allunga la vita ma svuota le tasche della famiglia
Secondo una ricerca del Karolinska Institutet di Stoccolma, fare figli allunga la vita di almeno due anni rispetto a persone senza prole.
Si sa, si sono spese tante parole in merito, ma in alcuni casi – questo è uno di quelli – repetita iuvant: fare figli aiuta a maturare la persona ma svuota anche il conto in banca. Sono infatti tante le coppie di italiani che dopo il matrimonio tardano a realizzare un eventuale progetto di genitorialità proprio a causa di una poco stabile situazione economica della “famiglia” dovuta – magari – alla mancanza di un lavoro da parte di uno dei coniugi o dalla poca certezza garantita dall’azienda in cui si è impiegati. Tuttavia, pur restando imbavagliato da molteplici difficoltà economico-finanziarie, il progetto di avere un figlio rappresenta da ogni tempo il coronamento della famiglia e il miglioramento di ogni persona. A sottolinearlo oggi è una ricerca condotta da Karin Modig, del Karolinska Institutet di Stoccolma, e pubblicata sul Journal of Epidemiology & Community Health, secondo cui avere figli allunga la vita di almeno due anni rispetto a persone senza prole.
I riflessi positivi della genitorialità si vedono soprattutto in età anziana, quando la salute e l’autonomia si riducono. A 60 anni di età, la differenza di aspettativa di vita di una persona che ha figli e una che non ne ha è significativa: potrebbe essere anche di ben 2 anni in più per i genitori. E questa differenza cresce quanto più si invecchia. Gli autori dello studio hanno analizzato l’aspettativa di vita di 704.481 maschi e 725.290 donne, tutti nati tra 1911 e 1925. Confrontando le aspettative di vita a partire dai 60 anni di età, è emerso che il rischio di morte degli anziani genitori è sempre inferiore al rischio dei loro coetanei che non hanno figli. La differenza di rischio aumenta al crescere degli anni, quindi un genitore anziano gode di un’aspettativa di vita maggiore di un anziano coetaneo non genitore. Questo è tanto più vero per i maschi e per i genitori che non sono sposati.
Avere figli, inoltre, rappresenta una vera e propria garanzia per la propria vecchiaia dal momento che tutti da anziani hanno bisogno di un supporto caro e amorevole per concludere in pace la propria esistenza terrena. Risultati simili erano già stati raggiunti nel 2015 da uno studio pubblicato sulla rivista BMC Medicine, secondo cui avere dei figli migliora le possibilità di sopravvivere a malattie come il cancro, l’ictus e l’infarto e, inoltre, ridurrebbe di circa il 20% il rischio di morte. In quel caso specifico, però, si trattava di una ricerca mirata maggiormente alla maternità, e dunque allo stato della donna che decide di avere un figlio. Restare incinta apporterebbe dei benefici alla salute del corpo che andrebbero, inoltre, ad aumentare nel caso in cui ci siano più gravidanze. Secondo quanto spiegato da questo studio inglese preso in riferimento e rapportabile alla ricerca di Karin Modig, per le donne diventare madri rappresenterebbe un ottimo metodo per vivere più a lungo e in salute.
Nel dettaglio, i ricercatori avevano analizzato i dati di 322.972 donne in 10 paesi, tra cui Regno Unito, Francia, Germania e Svezia, con un’età media di 50 anni. Di queste donne avevano studiato lo stile di vita, le rispettive abitudini, le gravidanze, l’allattamento al seno, i contraccettivi presi, i decessi che ci sono stati nell’arco dei 12,9 anni in cui sono state seguite e le cause della morte.
Tuttavia, come si scrive nell’incipit di questo articolo e come recita un libro della scrittrice statunitense Jennifer Senior, diventare genitori procura “tanta gioia” ma “nessun divertimento” (economico). Decidere di diventare madre e padre comporta infatti una serie di sacrifici che vanno da un mutamento drastico delle proprie abitudini di vita a un dirottamento delle spese personali verso il proprio figlio. Per crescere un figlio e accompagnarlo almeno fino al compimento del diciottesimo anno di vita, cioè alla maggiore età, comporta una spesa pari a 241 mila dollari, secondo i dati diffusi da Brookings sulla famiglia americana. La cifra, tuttavia, non include due voci fondamentali: le spese della prosecuzione degli studi e il costo che sostengono i genitori, per prime le mamme, in termini di calo delle entrate e accantonamento delle opportunità di carriera. Traslocando questo bilancio nell’attuale quadro economico italiano, fortemente condizionato dall’andamento in ribasso del mercato e da un non basso tasso di disoccupazione, ci aiuta a comprendere che mettere al mondo un figlio corrisponde a prendere un mutuo (con amore, per carità), perché è vero che “ho diciotto anni e faccio quello che voglio” ma è altrettanto vero che senza la paghetta di mamma e papà i giovani italiani non potrebbero spendere neppure un euro dal McDonald.