Per i bambini più frutta e meno succhi zuccherati. Causano ictus ed eliminano le vitamine presenti nel corpo umano

I bambini e i ragazzi dovrebbero consumare il più possibile frutta fresca, senza permettere che essa venga sostituita da succhi di frutta o presunti tali.

Nel corso della stagione estiva, bambini e anziani sono i più vulnerabili e necessitano di un occhio di riguardo affinché non incorrano in problemi salutari più o meno gravi, spesso uno degli ostacoli principali è la calura che si combatte con bevande e alimenti freschi. Accanto a questo ci sono altri due problemi, sovrappeso e carie, che rappresentano una parte della questione legata soprattutto a un consumo eccessivo di succhi, anche quelli al 100% di frutta, che non contengono conservanti, zuccheri aggiunti e aromi. Lo si apprende dall’American Academy of Pediatrics (Aap), un’organizzazione di 66mila pediatri che si occupa prevalentemente della salute dei bambini.
Il rapporto pubblicato nei giorni scorsi, raccomanda di dissetare i più piccoli o con il latte materno o con acqua almeno fino a un anno di età. Tuttavia, anche nel corso della crescita i bambini e i ragazzi dovrebbero essere indotti da medici e dalle rispettive famiglie a consumare il più possibile frutta fresca, senza permettere che essa venga sostituita da succhi di frutta o presunti tali. Nei bambini da uno a tre anni, l’assunzione dovrebbe essere limitata a una quantità di circa 110 millilitri al giorno, dai 4 ai 6 anni al massimo fra i 110 e i 170 ml circa, mentre nei ragazzi dai 7 ai 18 anni non più di circa 225 ml, pari a poco più di un bicchiere. Insomma, come sempre nell’alimentazione, anche per i succhi di frutta, l’importante è non eccedere nelle quantità ed escluderli nei bambini molto piccoli.

Chiaramente, tra un frutto fresco e lo stesso frutto spremuto c’è molta differenza. “Nel caso del succo – spiega Elvira Verduci, pediatria dell’Università degli Studi di Milano – la fibra presente nel frutto si perde quasi completamente e l’assunzione degli zuccheri è più concentrata, dato che non è mediata da questo componente”. Anche fra i succhi sono presenti delle differenze. Esistono diversi preparati liquidi a base di frutta, prosegue la ricercatrice, con o senza zuccheri aggiunti, sulla cui etichettatura esiste una legislazione ben precisa. I succhi sono definiti ufficialmente come un prodotto ottenuto dalla frutta fresca, dunque al 100% senza zuccheri aggiunti, conservanti e aromi. Queste bibite non contengono zuccheri aggiunti, ma i cosiddetti zuccheri liberi, come glucosio e fruttosio naturalmente presenti nella frutta, o anche nel miele. Ad un’altra categoria appartengono i nettari, a base di succo e purea a cui viene aggiunta acqua ed eventualmente zucchero. E poi vi sono le bevande, che non rientrano in nessuna di queste classificazioni e generalmente non sono al 100% frutta.
L’Organizzazione Mondiale della Sanità raccomanda un’assunzione di zuccheri giornaliera non superiore al 10% dell’apporto energetico quotidiano e, se possibile, non superiore al 5%. “Questa percentuale include tutti gli zuccheri e non soltanto quelli liberi assunti tramite i succhi di frutta: per queste ragioni è importante limitare queste bibite”, spiega l’esperta.
Uno studio su Pediatrics ha trovato nei bambini un’associazione fra il consumo quotidiano di più di circa 340 ml di succo, quasi due bicchieri di plastica, e l’obesità. Tuttavia, tale risultato non è univoco negli studi, anche a causa delle differenti definizioni di succo e bevanda citate – dove quello al 100% è generalmente più salutare degli altri preparati.
I succhi di frutta, inoltre, sono spesso trattati con delle sostanze chiamati chiarificanti, le quali rendono il succo più limpido e più chiaro. Esse tuttavia sono a base di proteine animali, come l’albumina d’uovo, le caseine, la colla d’ossa, la colla di pesce e la gelatina. Altri chiarificanti, invece, sono sintetici, come il PVP (polivinilpolirrolidone), il nylon e i poliammidi. Altri ancora, in ultimo, sono inorganici, come i bentoniti, i silici colloidali e gli acidi saliaci. Si tratta di elementi poco conosciuti, o forse per niente noti, perché non sono considerati ingredienti e quindi non c’è nessun obbligo di riportarli in etichetta.
Stesso discorso per gli aromi aggiunti al succo di frutta concentrato e al succo di frutta disidratato e persino per l’anidride solforosa (E 220) quando la quantità non è superiore a 10 mg per litro: non vengono indicati in etichetta. Infine, una ricerca dell’Università di Copenaghen ha scoperto che in 42 succhi di frutta la concentrazione di antimonio, sostanza considerata fattore di rischio per cancro e ictus, era superiore ai limiti imposti dall’Unione Europea. Si ritiene che questi valori siano collegati agli imballaggi in Pet e Tetrapack.
 

Alessandro Notarnicola
Alessandro Notarnicola
Mi occupo di giornalismo e critica cinematografica. Dopo la laurea in Lettere e Filosofia nel 2013, nel 2016 ho conseguito la Laurea Magistrale in "Editoria e Scrittura". Da qualche anno mi sono concentrato sull'attività della Santa Sede e sui principali eventi che coinvolgono la Chiesa cattolica in Italia e nel mondo intero.

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