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Rifugiati: 65,5 milioni solo nel 2016
65,6 milioni sono i rifugiati, le persone costrette ad abbandonare le proprie abitazioni e le terre in cui sono nate per emigrare. Si tratta di un dato che comprende solo il 2016 e di per sé alquanto drammatico e tragico se si considera che sono 300mila in più rispetto al 2015.
65,6 milioni sono le persone costrette ad abbandonare le proprie abitazioni e le terre in cui sono nate e dove hanno tutto per migrare verso nuove vite senza conflitti che lacerano realtà e intere generazioni. Si tratta di un dato che comprende solo il 2016 e di per sé alquanto drammatico e tragico se si considera che sono 300mila in più rispetto al 2015. Nel giorno in cui si celebra la Giornata mondiale del rifugiato, indetta dalle Nazioni Unite per commemorare l’approvazione nel 1951 della Convenzione relativa allo statuto dei rifugiati (Convention Relating to the Status of Refugees) da parte dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite, è necessario soffermarsi sui dati diffusi dal “Global trends” 2016, la principale indagine sui flussi migratori a livello mondiale condotta dall’Unhcr.
I 65,6 milioni sono costituiti da tre componenti principali. La prima rappresenta il numero dei rifugiati su scala globale che, attestandosi a 22,5 milioni, è di fatto il più alto mai registrato. Di questi, 17,2 milioni ricadono sotto il mandato dell’Unhcr, mentre i restanti sono rifugiati palestinesi sotto il mandato dell’organizzazione sorella Unrwa. La guerra in Siria scoppiata nel 2011 resta la principale causa di origine di rifugiati (5,5 milioni), ma nel 2016 il principale “nuovo” elemento è stato il Sud Sudan, dove la disastrosa interruzione del processo di pace ha contribuito alla fuga di 739.900 persone alla fine dell’anno (diventate, ad oggi, 1,87 milioni). La seconda componente è rappresentata dalle persone sfollate all’interno del proprio Paese, il cui numero si è attestato a 40,3 milioni alla fine del 2016 (rispetto ai 40,8 milioni dello scorso anno). Gli spostamenti forzati all’interno di Siria, Iraq e Colombia sono stati i più significativi, sebbene tale problema sia presente ovunque e rappresenti quasi i due terzi delle migrazioni forzate a livello globale. La terza componente, inoltre, sono i richiedenti asilo, persone fuggite dal proprio Paese e attualmente alla ricerca di protezione internazionale come rifugiati. Alla fine del 2016 il numero di richiedenti asilo a livello mondiale è stato di 2,8 milioni.
A tutto questo si aggiunge l’altissimo costo umano dei conflitti e delle persecuzioni a livello mondiale: il fatto che 65,6 milioni di persone siano in questa situazione significa che in media, nel mondo, 1 persona ogni 113 è costretta a lasciare la propria casa, vale a dire un numero maggiore del 21esimo Paese più popolato al mondo, la Gran Bretagna. “È una situazione inaccettabile da cui emerge sempre più chiaramente la necessità di solidarietà e di uno sforzo comune nel prevenire e risolvere le crisi, assicurandosi nel frattempo che rifugiati, sfollati interni e richiedenti asilo siano adeguatamente protetti e assistiti in attesa che vengano trovate soluzioni adeguate”, ha denunciato il dottor Filippo Grandi, l’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i rifugiati, augurandosi un maggior impegno per tutti coloro che soffrono.
Un’altra classe di persone che lasciano le proprie terre soni i migranti forzati. Nel corso del 2016, sono stati 10,3 milioni, circa due terzi di loro (6,9 milioni) sono fuggiti all’interno dei confini nazionali. Questo a conferma che nel mondo ogni 3 secondi 1 persona è costretta ad abbandonare la propria casa. Inoltre, il numero più elevato di rifugiati e sfollati interni che sono ritornati a casa, insieme ad altre soluzioni come il reinsediamento in Paesi terzi, mostrano che, per alcuni, il 2016 ha portato prospettive di miglioramento della propria condizione. Circa 37 Paesi hanno ammesso un totale di 189.300 rifugiati ai propri programmi di reinsediamento. Circa mezzo milione di altri rifugiati hanno potuto fare ritorno nei loro Paesi di origine e circa 6,5 milioni di sfollati interni sono tornati nelle loro zone, anche se molti lo hanno fatto in situazioni non ideali, restando quindi in condizioni di incertezza.
In tutto il mondo, alla fine del 2016 la maggior parte dei rifugiati – l’84 per cento – si trovava in Paesi a basso o medio reddito, con una persona su tre (per un totale di 4,9 milioni) ospitata nei Paesi meno sviluppati. Da questo enorme squilibrio conseguono diverse osservazioni: la continua mancanza di consenso internazionale in materia di rifugiati e la vicinanza di molti Paesi poveri alle regioni in conflitto, tra le altre. Emerge anche la necessità dei Paesi e delle comunità ospitanti di ricevere risorse e sostegno, senza i quali c’è il rischio che possano crearsi situazioni di instabilità, con conseguenze sulle operazioni umanitarie o sui flussi migratori secondari.