L’intervento era tecnicamente riuscito, ma a causa di un rigetto, la donna di 49 anni affetta da neurofibromatosi di tipo I – malattia genetica neurocutanea che deturpa il volto (causa gravi manifestazioni sulla pelle, negli occhi e nervose) – sottoposta al primo trapianto di faccia in Italia, è tornata in sala operatoria per una ricostruzione temporanea in attesa di un nuovo donatore.
L’intervento, rientra in un protocollo sperimentale, autorizzato dal Centro Nazionale Trapianti dopo l’acquisizione del parere positivo del Consiglio Superiore di Sanità ed eseguito presso l’Azienda Ospedaliero-Universitaria Sant’Andrea di Roma. L’équipe per il prelievo del tessuto facciale da donatore deceduto e per il successivo trapianto sono dirette da Fabio Santanelli di Pompeo, responsabile dell’Unità Operativa di Chirurgia Plastica dell’A.O. Sant’Andrea di Roma, e dal dottor Benedetto Longo, che fa parte della stessa unità operativa.
La donatrice di pelle, fasce muscolari e cartilagine è una 21enne morta in un incidente stradale nel Lazio che ha donato anche il fegato e i reni.
Per un’operazione così complessa l’équipe si è preparata per tre anni.
In ordine.
Il primo e lungo intervento è durato 27 ore, si è concluso alle 5 del mattino del 23 settembre e ha visto alternarsi in sala operatoria chirurghi e anestesisti, con infermieri strumentisti.
Secondo il primo bollettino medico “l’intervento è tecnicamente riuscito. La paziente è tornata in isolamento in Terapia Intensiva, attualmente è vigile e le sue condizioni generali sono discrete. Al momento il lembo è perfettamente vascolarizzato; gli esami e le valutazioni effettuate depongono per un decorso regolare”.
Lunedì ( 24 settembre N.d.R.), si sarebbe dovuta tenere la conferenza stampa ma l’appuntamento è stato annullato per sospetto rigetto. I chirurgi hanno comunicato in un bollettino che “i tessuti trapiantati hanno manifestato segni di sofferenza del microcircolo. Ci sono state complicazioni nell’attecchimento del lembo trapiantato: non arrivando sangue il microcircolo non si è attivato, il sospetto è che il corpo della paziente stia rigettando il lembo della donatrice”. La donna non è in pericolo di vita.
La notte scorsa, in attesa di un nuovo donatore per procedere con un’altra ricostruzione, l’equipe chirurgica sempre coordinata dal chirurgo plastico e ricostruttivo Fabio Santanelli di Pompeo, ha eseguito una ricostruzione temporanea con tessuti della paziente. Secondo l’ultimo bollettino “con trasferimento microchirurgico di tessuti autologhi (muscoli gran dorsale e serrato anteriore più innesto di cute della coscia). L’intervento proseguito, senza alcuna difficoltà, dalle ore 21 del 24 settembre alle ore 2 del 25 settembre”.
La paziente è tornata in isolamento in terapia intensiva come ha riportato il comunicato della Direzione dell’Azienda ospedaliero universitaria Sant’Andrea continua: “attualmente è vigile e le sue condizioni generali sono discrete. Al momento il lembo è perfettamente vascolarizzato; gli esami e le valutazioni effettuate depongono per un decorso regolare”.
Sull’eventualità di un possibile rigetto, senza entrare sul caso specifico italiano, è intervenuto Bohdan Pomahac, il chirurgo che ha effettuato il primo intervento di questo tipo negli Usa, che tramite l’agenzia stampa Ansa, ha affermato che “il rigetto è molto comune nei trapianti di faccia, e si presenta nel 90% dei pazienti entro il primo anno”.
“Nella nostra esperienza i pazienti (Pomahac ha effettuato diversi trapianti a partire dal 2011, N.d.R.), hanno una crisi di rigetto all’anno anche dopo il primo periodo – ha spiegato il chirurgo – Per fortuna la maggior parte delle crisi si risolve con i farmaci immunosoppressori”.
Quando i farmaci non funzionano si può arrivare a fare un secondo trapianto. E’ il caso di Jerome Hamon, che ha ricevuto un nuovo volto nel 2010 in Francia e che pochi mesi fa ne ha avuto un altro, proprio a causa del rigetto.
“L’operazione di trapianto è stata realizzata anche grazie alla collaborazione di una équipe specialistica di Zurigo – si legge in una nota della Regione Lazio – segue un primo intervento di prelievo multiorgano effettuato dopo l’accertamento di morte cerebrale di una paziente vittima di un incidente stradale. Il Protocollo è altamente sperimentale – conta pochi precedenti nel mondo – ed è realizzato sotto la guida del Centro Nazionale Trapianti”.
“Una opzione chirurgica ricostruttiva – precisa la nota – che il Sant’Andrea offre a pazienti che presentano complessi difetti di faccia cui le tecniche chirurgiche tradizionali non sempre garantiscono risultati funzionali ed estetici soddisfacenti. Una procedura ‘life-improving’, volta a migliorare la qualità di vita del paziente e facilitarne il reinserimento sociale, quando neoplasie, attacchi di animale, malattie neurodegenerative, ustione o traumi hanno determinato gravi malformazioni del volto”.