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ABORTO, LORENZIN RISPONDE AL CONSIGLIO D’EUROPA SU LEGGE 194

È di poche settimane fa l’accusa del Comitato europeo dei diritti sociali del Consiglio d’Europa: in Italia l’ aborto è troppo difficile. Il ministro della Salute ha quindi svolto un’informativa in Parlamento sull’attuazione della Legge 194: “funziona e viene correttamente applicata”

 
Lo scorso 11 aprile il Comitato europeo dei diritti sociali del Consiglio d’Europa, accogliendo un ricorso della Cgil per la mancata applicazione della legge sull’ aborto, ha affermato che nel nostro Paese le donne continuano a incontrare “notevoli difficoltà” nell’accesso ai servizi, nonostante quanto previsto dalla Legge 194. E ancora, che l’Italia discrimina i medici e il personale sanitario non obiettore, che è diminuito il numero di ospedali e case di cura dove si praticano gli aborti, e che esiste un rapporto sproporzionato tra le richieste di interrompere la gravidanza e il numero del personale sanitario a disposizione.
Il Comitato ha denunciato una situazione grave, in cui “in alcuni casi, considerata l’urgenza delle procedure richieste, le donne che vogliono un aborto possono essere forzate ad andare in altre strutture (rispetto a quelle pubbliche), in Italia o all’estero, o a mettere fine alla loro gravidanza senza il sostegno o il controllo delle competenti autorità sanitarie, oppure possono essere dissuase dall’accedere ai servizi di aborto a cui hanno invece diritto in base alla legge 194/78”. Sono situazioni che possono “comportare notevoli rischi per la salute e il benessere delle donne interessate, il che è contrario al diritto alla protezione della salute”.
Il gruppo parlamentare di Sinistra Italiana ha quindi chiesto al ministro Lorenzin di riferire in Parlamento sull’attuazione della legge 194. Il ministro ha svolto quindi l’informativa alla Camera dei deputati lo scorso 4 maggio. Mutua MBA, società di mutuo soccorso leader nel panorama della sanità integrativa, ha tra i suoi obiettivi garantire una corretta informazione: vediamo quindi quale è stata la risposta del ministro.
“La 194 – ha detto Lorenzin – è finalizzata a garantire il diritto alla procreazione cosciente e responsabile nonché a riconoscere il valore sociale della maternità e la tutela della vita umana dal suo inizio. Il legislatore ha precisato, inoltre, che l’interruzione volontaria della gravidanza (ivg) non è il mezzo per il controllo delle nascite”; quindi, “emerge, con ogni evidenza, che la legge 194 non ha sancito il diritto alla Interruzione volontaria di gravidanza. Anzi, la legge disciplina la ivg come estrema possibilità a cui le donne devono accedere”. Per il ministro, il principio fondamentale “va rintracciato nella promozione della procreazione responsabile, quale misura di significativa rilevanza per la prevenzione dell’aborto. Ne consegue che la riduzione del numero e del tasso di abortività, documentati nelle relazioni al Parlamento sullo stato di attuazione della legge n. 194/78, nonché la riduzione del valore dell’aborto, ripetuto rispetto al valore atteso, attestano, oltre che l’efficacia e la ‘bontà’ della legge, anche la qualità del lavoro svolto dai servizi sanitari ai fini della prevenzione dell’aborto e la corretta attitudine da parte delle donne al controllo della fertilità, per una gravidanza cosciente e responsabile”.
“Le interruzioni volontarie di gravidanza in Italia nel 1983 erano pari a 233.976; nel 2013 sono più che dimezzate (102.760) e nel 2014 sono scese sotto a 97.535”, ha chiarito. “A questo dato corrisponde un valore sostanzialmente costante dei ginecologi non obiettori: 1607 nel 1983 e 1490 nel 2013. In 30 anni, quindi, le ivg sono calate di 131.216 unità, mentre i non obiettori sono scesi di sole 117 unità”. Ciò significa, per il ministro, “che la legge ha funzionato”. “In questi trent’anni – ha proseguito – c’è stato un dimezzamento del numero di ivg settimanali, a livello nazionale, a carico dei ginecologi non obiettori, che nel 1983 effettuavano 3,3 ivg a testa a settimana, mentre ne effettuano 1,6 nel 2013. Mi chiedo, pertanto perché si denunci, solo oggi, un presunto eccesso di obiettori di coscienza, e analoga denuncia non sia stata fatta negli anni precedenti, quando il carico di lavoro settimanale per ciascun ginecologo non obiettore era più del doppio”. Il ministro ha sottolineato anche che le Regioni non hanno segnalato una carenza di medici non obiettori e che quindi il numero dei punti ivg appare più che adeguato rispetto al numero delle ivg effettuate.
Lorenzin ha anche precisato che “il Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa, contrariamente a quanto affermato da più parti, non si è ancora pronunciato sulla questione in maniera definitiva”. “Il pronunciamento negativo, che ha avuto vasta eco sulla stampa e non solo, costituisce una mera proposta del Comitato europeo dei diritti sociali del Consiglio d’Europa, ovvero di un Comitato intergovernativo del Consiglio, e non un pronunciamento definitivo dell’organo politico costituito appunto dal Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa”. “Il 24 maggio – ha aggiunto –  la proposta del Comitato europeo dei diritti sociali del Consiglio d’Europa verrà esaminata dal GR-SOC, cioè il gruppo dei rappresentanti sulle questioni sociali e della sanità. In tale occasione sarà presente il mio consigliere esperto in materia e solo successivamente il Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa si pronuncerà definitivamente in ordine al reclamo”.
Riferendosi alle strutture ospedaliere, il ministro ha sottolineato che la legge 194 ”non prevede interventi di ivg in tutte le strutture ospedaliere: garantire l’intervento sanitario di ivg non significa che lo stesso debba essere effettuato in tutte le strutture. Nel Servizio Sanitario Nazionale non tutte le prestazioni sanitarie sono infatti disponibili in ogni struttura sanitaria. Allo stesso modo, la legge 194 non impone che tutti gli ospedali abbiano un reparto di ostetricia e ginecologia che offra ivg”. Ogni regione ha una sua autonomia organizzativa, inoltre, ha aggiunto, “è evidente che non è possibile reclutare personale sanitario con contratti a tempo indeterminato chiedendo fra i requisiti l’essere non obiettore”.

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