ADHD: “Troppa frammentarietà nella presa in carico del paziente”

Intervista alla vicepresidente dell’Associazione ADHD LAZIO ODV, Serena Pascucci

Secondo le stime fornite dall’Ufficio di Statistica della Città metropolitana di Roma capitale, solo nella regione Lazio si contano 586.966 persone dai 6 ai 16 anni (a fronte delle 440.658 residenti a Roma) a cui è stato diagnosticato il disturbo ADHD (Disturbo da Deficit di Attenzione Iperattività) che fa parte della famiglia dei Disturbi del Neurosviluppo, gruppo di condizioni che esordiscono nel periodo dello sviluppo e si caratterizzano per un deficit che causa una compromissione nel funzionamento personale, sociale, scolastico o lavorativo. Tuttavia, nonostante i numeri altamente significativi, a livello nazionale le famiglie non possono contare su una risposta unitaria. “In Italia c’è molta frammentarietà e questo non favorisce i nuclei familiari che ogni giorno devono fare i conti con questo disturbo”, commenta Serena Pascucci (in foto), vicepresidente dell’Associazione ADHD LAZIO ODV, che di recente ha aderito al circuito solidale della Fondazione Banca delle Visite.

Serena Pascucci

Serena Pascucci

Dottoressa Pascucci, qual è il ruolo di realtà come la vostra?
Adhd Lazio odv è inserito all’interno di un coordinamento italiano di associazioni che supportano le famiglie durante il percorso diagnostico e terapeutico riguardante il disturbo del neurosviluppo, la cosiddetta ADHD, estremamente presente soprattutto nei contesti scolastici. La nostra attività muove i primi passi nel 2015 per volontà di alcuni soci fondatori e dell’attuale Presidente, come un’Associazione di promozione sociale. L’ADHD è l’acronimo inglese di Attention Deficit Hyperactivity Disorder che possiamo tradurre con la definizione di Disturbo da ‘Deficit di Attenzione e Iperattività’. Questo disturbo rappresenta una patologia invalidante che determina un’alterazione precoce e globale di tutte le funzioni essenziali del processo evolutivo. Si caratterizza per due gruppi di sintomi o dimensioni psicopatologiche definibili come inattenzione, impulsività/iperattività. L’inattenzione (o facile distraibilità) si manifesta soprattutto come scarsa cura per i dettagli ed incapacità a portare a termine le azioni intraprese. È un disturbo che compromette il funzionamento sociale e professionale, una vera disabilità progressiva che condiziona lo sviluppo psicosociale dell’individuo. È per questa ragione che noi, come volontari, interveniamo a sostegno delle famiglie, spesso mancano terapie mirate.

ADHD si manifesta nell’età dell’adolescenza ma anche in età adulta. Qual è in questi casi il percorso da seguire?
Esattamente. I comportamenti degli adolescenti a cui viene diagnosticato questo disturbo non sono sempre così facili da comprendere se non si ha una completa formazione. Per questo motivo è importante non colpevolizzarli e cercare di attrarre la loro attenzione con metodologie adatte. Il disturbo Adhd ha un esordio infantile e presenta sintomi come la disattenzione, l’iperattività e l’impulsività. A questo si associa una sorta di quarto sintomo, molto comune, che caratterizza maggiormente la parte femminile: disregolazione emotiva. Per approdare ad una diagnosi certa, occorre che questi sintomi si manifestino con una certa persistenza diventando impattanti in più contesti sociali: a casa, a scuola, nell’ambiente lavorativo. Questo è un tema che riguarda soprattutto l’ambito scolastico, ad esempio, dove spesso manca un adeguato piano didattico rispondente alla sintomatologia. La scuola deve poter affiancare la famiglia affinché ci sia una diagnosi precoce: per questa ragione riteniamo che gli insegnanti svolgano un ruolo realmente importante. Loro sono osservatori speciali che devono monitorare la condotta degli studenti comunicando costantemente con la famiglia di riferimento. Come associazione sottolineiamo spesso la necessità del coinvolgimento degli insegnanti quale parte integrante ed essenziale di un percorso terapeutico per il trattamento dei casi diagnosticati ADHD.

Questo accade?
Spesso questo non si verifica perché manca una formazione specifica sia rispetto a questo disturbo sia perché non c’è una conoscenza della sintomatologia e del cosiddetto confine tra comportamento e disturbo, tra disattenzione e apparente noia. I contesti scolastici sono spesso non inclusivi per un bambino affetto da ADHD, la scarsa conoscenza e sensibilizzazione e formazione di tutte le figure che gli ruotano intorno nella scuola, complicano le caratteristiche del disturbo non favorendo l’autonomia del bambino e adolescente con queste difficoltà. La scuola segue programmi identici per tutti ma in relazione al disturbo ADHD ci sono tempi diversi e spesso questi bambini iperattivi, con maggiori difficoltà in situazioni in cui vi sono regole particolarmente rigide e le situazioni sono strutturate, non riescono a sostenere i lunghi tempi di apprendimento.

In che modo si potrebbe far fronte a questa lacuna?
La scuola è un ambiente prezioso, davvero centrale per la crescita e la formazione dei nostri ragazzi. In questi casi specifici occorre intenderla anche come supporto terapeutico e pedagogico. Innanzitutto, a livello nazionale, bisogna lavorare sul tempo scuola tenendo conto del tempo di ciascuno allievo e dei suoi bisogni. Spesso accade infatti che questi bambini siano soggetti di ammonimenti e critiche, che sul lungo periodo possono impattare sulla loro autostima e sul loro senso di frustrazione, comportando una difficoltà maggiore a svolgere e approcciarsi a quanto richiesto nel contesto scolastico. Come genitore sono certa che se solo la scuola cambiasse approccio favorendo la possibilità di insegnare nei modi in cui ciascuno può imparare con i propri tempi forse potremmo contare sulla possibilità di rendere più accogliente la programmazione riducendo la necessità di insegnanti di sostegno.

Ci sono delle linee guida da poter seguire o da assumere come punto di partenza?
Il riferimento diretto è alle Linee guida internazionali della Nice, risalenti al mese di settembre del 2008 e successivamente modificate nel mese di marzo 2013. Siamo di fronte a un disturbo che presenta un quadro sindromico relativamente giovane, anche se il problema va ben oltre questo aspetto, proprio perché i servizi rispondono in modo del tutto frammentario a causa della mancanza di un documento unico a cui poter fare riferimento.

Si può correggere?
Dall’ADHD non si guarisce perché è un disturbo ma non una malattia, si può dunque ridurre la deriva. Pertanto, se non è preso in carico con appropriatezza diagnostica può condizionare il percorso di vita. Bisogna lavorare a livello terapeutico per ridurne l’impatto. Su questo punto ci battiamo come associazione: è quanto mai necessaria una diagnosi precoce al fine di ridurre le conseguenze del disturbo da deficit dell’attenzione/iperattività. In questo senso sono spesso necessarie strutture, routine e, come dicevamo, un corretto piano di intervento scolastico, oltre alle cosiddetta tecniche genitoriali modificate.

Se per i bambini o gli adolescenti c’è un percorso ‘preciso’ da seguire, per gli adulti invece le cose non migliorano affatto. Per quale ragione?
Per l’adulto c’è il buio più totale: come associazione siamo riusciti a fare aprire nel Lazio due centri ADHD per l’adulto: Asl Roma 5 e Asl Roma 4. Tuttavia, c’è una frammentarietà di fondo che emerge in modo preoccupante anche sul fronte sanitario. Nella sola regione Lazio si contano dieci psichiatri specializzati su un’incidenza di 60 mila pazienti. C’è un evidente problema di carenza del personale formato, ma anche di centri di riferimento integrati con le Ausl territoriali. Da questa criticità si sviluppa la relativa impossibilità di prendere in carico l’utenza.

Quante famiglie segue Adhd Lazio odv?
Sul territorio regionale contiamo community social di oltre 650 famiglie, il che comporta una mole non indifferente di lavoro e di richieste: siamo genitori/lavoratori che vivono il disturbo nel proprio nucleo. Personalmente mi occupo di rispondere alle difficoltà che emergono in ambito scolastico: alcune dirigenze scolastiche chiedono il nostro supporto per poter essere vicini il più possibile alle famiglie e ai bambini che ricevono questa diagnosi. Inoltre, interveniamo direttamente sulla famiglia aiutando il genitore a sapere gestire bene questo disturbo all’interno del contesto domestico e proponiamo percorsi di teacher training che, da un lato, consentono all’insegnante di poter intervenire in situazioni che richiedono particolare assistenza, e dall’altro,  fanno comprendere che il ragazzo non è volontariamente “disattento” o “distratto” o “maleducato”, ma non ha capacità di autoregolazione per cui non riesce a governare i propri comportamenti e le emozioni.

Per concludere, in che modo questa frammentarietà del sistema potrebbe essere superata?
Con una reale integrazione socio-sanitaria che ad oggi manca in Italia. Lei pensi che l’assessorato alla sanità è del tutto distinto dall’assessorato ai servizi sociali. Questa divisione ci fa capire senza dubbio alcuno che il lavoro da fare è tanto e che è necessario sostituire l’attuale organizzazione settoriale e frammentaria con un sistema che faccia rete e che favorisca la comunicazione tra i professionisti che prendono in carico il paziente affiancando la famiglia.

Per qualsiasi richiesta è possibile contattare l’Associazione all’indirizzo: info@adhdlazio.org

Alessandro Notarnicola
Alessandro Notarnicola
Mi occupo di giornalismo e critica cinematografica. Dopo la laurea in Lettere e Filosofia nel 2013, nel 2016 ho conseguito la Laurea Magistrale in "Editoria e Scrittura". Da qualche anno mi sono concentrato sull'attività della Santa Sede e sui principali eventi che coinvolgono la Chiesa cattolica in Italia e nel mondo intero.

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