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Allarme turismo: a rischio chiusura il 65% di hotel e ristoranti

L’Italia sta iniziando a fare i conti con le ripercussioni economiche da Covid-19. Sono stati dei mesi difficili a causa della pandemia che inevitabilmente ha portato inevitabili conseguenze per l’economia del Paese. Tra le realtà più colpite, quella turistica sta risentendo di un considerevole calo delle prenotazioni, soprattutto da parte di turisti stranieri, con il rischio chiusura. È pari al 65% la percentuale degli hotel e dei ristoranti che rischiano di tirare giù le saracinesche entro l’anno, con un possibile impatto occupazionale di circa 1 milione di posti di lavoro. Il decreto approvato dal Consiglio dei ministri in vigore dal 18 maggio ha consentito alle Regioni di stabilire le linee guida per la riapertura delle attività economiche. Le principali indicazioni rivolte alle strutture ricettive alberghiere, complementari e alloggi in agriturismo, prevedono di predisporre una adeguata informazione sulle misure di prevenzione, la rivelazione della temperatura corporea, impedendo l’accesso in caso di temperatura > 37,5 °C, il rispetto del distanziamento interpersonale di almeno un metro in tutte le aree comuni e indossare la mascherina. A queste misure di contenimento per combattere la diffusione del virus si aggiunge l’ordinanza del 30 giugno firmata dal Ministro della Salute Roberto Speranza che prevede l’isolamento per 14 giorni e la sorveglianza sanitaria per chi proviene da tutti i Paesi extra Schengen. Pesa l’assenza del turismo extraeuropeo, è pari a circa 12 milioni l’introito estivo dei viaggiatori provenienti dagli Stati Uniti.

Per il settore turistico le previsioni purtroppo non sono incoraggianti, per gli esperti il pieno recupero dei volumi del 2019 è atteso non prima del 2022-2023. Qual è lo scenario per il futuro?

Secondo i dati dell’Osservatorio Federalberghi – organizzazione nazionale maggiormente rappresentativa degli albergatori italiani – che monitora mensilmente un campione di circa duemila alberghi, il consuntivo del mercato turistico alberghiero relativo al mese di giugno 2020 ha registrato un calo delle presenze dell’80,6% rispetto allo stesso mese dell’anno precedente. Per gli stranieri, l’apertura delle frontiere

interne all’area Schengen, peraltro intervenuta a metà giugno, ha fatto sentire i propri effetti solo in minima parte, mentre permane il blocco di alcuni mercati strategici, tra i quali USA, Russia, Cina, Australia e Brasile.

“Le punte di maggior sofferenza si registrano per il turismo delle città d’arte e il turismo d’affari – spiega in una nota Bernabò Bocca, presidente di Federalberghi – ma anche nelle classiche mete delle vacanze, al mare, in montagna e alle terme, siamo ben lontani da una parvenza di normalità”. Per il mese di luglio i dati non sono incoraggianti: l’83,4% delle strutture intervistate prevede che a luglio 2020 il fatturato sarà più che dimezzato rispetto al luglio 2019. Nel 62,7% dei casi, il crollo sarà devastante, superiore al 70%.

Come sostenere e rilanciare il comparto? Per “Italia 2021 – Competenze per riavviare il futuro”, la piattaforma di discussione promossa da PwC, sono dieci le priorità per il rilancio del comparto: aumentare la resilienza dei modelli di business; dedicare incentivi adeguati al settore; fare leva sulla digitalizzazione per un’esperienza di viaggio sempre più personalizzata; ampliare e riqualificare l’offerta turistica; prevedere interventi infrastrutturali e di trasporto; investire nella formazione professionale; superare la frammentazione del settore; accelerare la definizione di un’offerta turistica sostenibile; rendere più efficace la comunicazione delle attrazioni e del brand Italia e cogliere il potenziale delle tecnologie digitali. “Il digitale sta giocando un ruolo fondamentale nella fase pandemica e del rilancio, soprattutto nell’ambito della comunicazione turistica. In una logica di sistema Paese può aiutare a superare i limiti derivanti dalla frammentazione del nostro sistema ricettivo”, sostiene Stefano Bravo, partner PwC Italia e Consumer Markets Leader. Per il presidente di Federalberghi “La situazione è grave, ma sono convinto che la ripresa ci sarà già nel 2021, anche se non ci permetterà di recuperare le perdite di quest’anno. Finora ha aperto il 60% degli alberghi, un ulteriore 20% nelle città d’arte aprirà a settembre, il 20% non riaprirà”.

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