Si chiama E171, i più giovani penseranno a un cyborg di ultima generazione o a uno dei protagonisti dei video games più acquistati sul web. In realtà lo masticano tutti e i palati ne sono ghiotti: si tratta del biossido di titanio, composto chimico utilizzato come pigmento bianco nelle vernice e nella plastica, ma anche come opacizzante. Inoltre, l’E171 (questa la formula con cui appare sulle etichette commerciali) è presente anche nei prodotti per la bellezza come colorante, e nelle creme solari dove viene usato in nanoparticelle che hanno il “potere” di filtrare la luce e assorbire l’UV, dando protezione. Viene impiegato anche come additivo alimentare e non è un caso che lo si trovi nei cibi dolci, come cioccolato e biscotti, nelle caramelle e nei chewing gum, e in buona parte delle bibite gassate che popolano gli scaffali della grande distribuzione.
Fatta questa premessa ne consegue che non si tratta di un composto del tutto benigno per la salute. È così secondo un recente studio intitolato “Food-grade TiO2 impairs intestinal and systemic immune homeostasis, initiates preneoplastic lesions and promotes aberrant crypt development in the rat colon” e pubblicato su Scientific Reports. Per la scienza invece questo composto chimico non provocherebbe particolari effetti negativi sull’uomo. Dov’è la verità?
Nonostante questa presenza predominante sul mercato, in alcuni Paesi è stata dichiarata una guerra aperta all’E171, lo sbiancante chimico più utilizzato dall’industria: tra questi c’è la Francia che intende escluderlo dal mercato essendo – per alcuni – una “sostanza cancerogena”. La battaglia dei francesi ha preso avvio in seguito all’interesse tenuto alto da associazioni di consumatori che lo scorso gennaio hanno richiesto ancora una volta l’intervento del ministro dell’Economia con delega sui consumi, Bruno Le Maire. Dopo un acceso confronto, il ministro ha preso l’impegno annunciando un decreto di sospensione dell’additivo. Provvedimento per il quale sarebbe stato necessario un report scientifico di approfondimento richiesto dall’Agenzia nazionale per la sicurezza sanitaria dell’alimentazione (Anses). Ora, come riportano alcuni media francesi, il documento sarebbe in arrivo sul tavolo di Le Maire.
In attesa di scoprire il contenuto dello studio che potrebbe indurre la Francia a mettere, una volta per tutte, l’E171 al bando, riportiamo uno dei possibili risultati. Negli ultimi anni un gruppo di ricercatori ha esposto un gruppo di topi ad una dose giornaliera di 10mg di E171 per ogni chilo di peso e per la prima volta, in vivo, hanno potuto osservare l’assorbimento del biossido di titanio nell’intestino e il suo passaggio nel flusso sanguigno e nel fegato. Dalle analisi è risultato che, dopo 100 giorni, 4 topi su 11 del gruppo di ratti trattati con l’E171 avevano sviluppato alcune lesioni preneoplastiche non maligne, ma che hanno buona probabilità di provocare cattive reazioni (ad esempio squilibri al sistema immunitario).
Nonostante questo risultato, al momento dunque non si può effettivamente affermare che il nuoce gravemente alla salute dell’uomo. Certo, del bene non fa, dal momento che non è ancora stata dimostrata ufficialmente la totale innocuità del biossido di titanio, circa il potenziale cancerogeno quando ingerito come additivo. In particolare alcuni studi hanno puntato il dito contro il biossido di titanio per la sua capacità di aumentare la risposta infiammatoria intestinale nelle persone colpite dal morbo di crohn, che per questo dovrebbero ridurre il più possibile le fonti alimentari di E171.