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C’è vita su Marte? La scienza risponde e la Nasa ingaggia potenziali abitanti del Pianeta rosso
Il 7 giugno 2018 la NASA ha diramato un importante comunicato: su Marte sono presenti molecole organiche e il metano che aleggia nell’atmosfera varia ciclicamente, requisiti questi per avere ospitato in passato la vita e probabilmente per accoglierla oggi. Proprio su queste essenziali basi scientifiche, a distanza di quasi quattro anni, l’Agenzia governativa civile responsabile del programma spaziale e della ricerca aerospaziale degli Stati Uniti d’America ha avviato la ricerca di volontari per farli vivere sul Pianeta rosso, anzi ha creato a un insediamento chiamato Marte Dune Alpha di 160 metri quadrati, sul quale i candidati ritenuti idonei dovranno trascorrerci un anno a fini scientifici.
L’avvio della ricerca è stato ufficializzato venerdì 6 agosto. Al centro c’è la missione Chapea (Crew Health and Performance Exploration Analog) partecipata da quattro persone che a partire dal prossimo autunno si diranno disponibili ad abbandonare la Terra, la loro prima casa, per raggiungere la “seconda casa” marziana realizzata in 3D. Saranno altri due gli esperimenti di questo tipo che partiranno nei prossimi anni, o forse decenni. Lo scopo della NASA è di creare un insediamento stabile sulla Luna, nell’ambito della missione Artemide, e su Marte.
Ma dunque su Marte si può vivere? Un team di scienziati e ricercatori della NASA ritiene che il pianeta rosso può essere popolato ma al momento è necessario ancora capire bene da cosa è composto il sottosuolo. Marte infatti presenta un ecosistema di organismi microbici la cui sopravvivenza è garantita dalla alla radioattività presente sotto la superficie del Pianeta stesso. Tra il 2012 e il 2017, il rover Curiosity della Nasa ha scoperto, all’interno del cratere Gale di Marte, molecole contenenti elementi bio-essenziali chiamate tiofeni, presenti anche sulla Terra. In uno studio pubblicato su Astrobiology, due scienziati internazionali hanno inoltre delineato alcuni dei possibili scenari per argomentare l’origine di questi composti sul Pianeta rosso. Tra questi, un processo biologico che coinvolge i batteri.
C’è da dire però che i composti potrebbero essere approdati su Marte a seguito di impatti meteoritici, per esempio, o essere stati prodotti attraverso un processo chimico denominato ‘riduzione termochimica del solfato’ che prevede il riscaldamento di un insieme di composti a temperature di oltre 120 gradi Celsius e la produzione del composto come sottoprodotto delle reazioni. Sulla Terra, la simbiosi tra microrganismi e radioattività esiste, quindi i ricercatori hanno paragonato le due realtà, dedicando particolare attenzione a Marte. “L’ambiente con le migliori possibilità di abitabilità su Marte – ha commentato scienziato planetario del Jet Propulsion Laboratory della NASA Jesse Tarnas – è il sottosuolo“. A questo si aggiunge il nodo relativo all’acqua comunque presente nel sottosuolo del pianeta.