A prima vista sembrerebbe un miracolo, in realtà si tratta dei progressi fatti dalla scienza e da una innovativa terapia che ha garantito a dieci bambini ciechi dalla nascita di riconquistare il senso della vista. Accade a Napoli dove i piccoli pazienti in cura dai professionisti della Clinica Oculistica della Campania “Luigi Vanvitelli” hanno seguito la terapia genica per distrofie retiniche ereditarie. Si tratta di una patologia causata da mutazioni in un gene chiamato RP65 e di una terapia, sviluppata da Novartis, che fornisce una copia funzionante di questo gene.
Grazie a questa cura che fa parte della chirurgia dei trapianti, i pazienti oggi sono in grado di scrivere, leggere e muoversi in completa autonomia. I risultati raggiunti di allargamento del campo visivo, aumento della capacità visiva da vicino, da lontano e in condizione di scarsa luminosità hanno un profondo valore scientifico e clinico. E testimoniano inoltre che, in una patologia degenerativa, la via del trattamento precoce è quella vincente.
Fino ad oggi le distrofie retiniche ereditarie non avevano una cura e neppure una terapia valida. Solo in alcuni casi di forme sindromiche (esempio malattia di Refsum) la terapia da seguire è quella della malattia di base (come la dieta mirata).
Le distrofie retiniche ereditarie sono parte di un gruppo etereogeneo di malattie dell’occhio (retinite pigmentosa, distrofia maculare di Stargardt, distrofia maculare di Best, retinoschisi X linked, distrofia progressiva dei coni), geneticamente determinate, in cui per coinvolgimento di geni e di meccanismi eziopatogenetici differenti si assiste alla progressiva degenerazione dei fotorecettori retinici (coni e bastoncelli). La letteratura scientifica le raggruppa in due categorie a seconda che siano interessate inizialmente e prevalentemente i bastoncelli (rod-cone dystrophies, impropriamente dette forme periferiche) o i coni (cone-rod dystrophies, impropriamente dette distrofie maculari). Si manifestano con episodi di cecità notturna e riduzione del campo visivo, o ancora con un precoce calo visivo centrale, deficit acquisito della visione cromatica, abbagliamento. Ci sono alcuni elementi che completano la diagnosi: pallore del disco ottico, vasi retinici assottigliati, accumuli irregolari di pigmento, presenza di aree del tutto atrofiche con zone più conservate, fino a presentare un fondo normale. Da un punto di vista strumentale i potenziali evocati visivi (PEV) sono alterati o non evocabili e l’elettroretinogramma è estinto o marcatamente ridotto, sia nella componente fotopica che scotopica. Nella maggior parte dei casi la patologia si caratterizza per la presenza di segni esclusivamente oculari; in una piccola percentuale di casi sono descritti segni e sintomi extraoculari:ritardo mentale, ipotonia, epilessia, malformazioni cerebrali, cardiopatia, nefropatia, sordità.