Dimmi come ti chiami e ti dirò chi sei. È proprio vero che a volte, non sempre, il proprio nome può essere motivo di cambiamenti nella vita in grado di condizionare in modo decisivo l’evoluzione delle cose. È questa la storia di un programmatore di Bangalore, in India, che da due anni riscontra un grosso, significativo, problema legata al suo nome. “Mi chiamo Kovid, ma non sono un virus”. Si chiama Kovid Kapoor, ed è il co-fondatore della start-up Holidify, e – come riporta Repubblica – ha fatto di una sfortunata coincidenza una buona occasione. Trovatosi nel pieno imbarazzo a partire dal marzo 2019, ovvero dal momento in cui l’Organizzazione mondiale della Sanità ha dato un nome al virus e alla relativa crisi epidemiologica in corso, Kapoor si è affidato all’autoironia via social cercando di liberarsi da un’impasse non del tutto simpatico.
“Metà delle persone che incontro per la prima volta – fa sapere – commentano il fatto che ho un nome scomodo. Spiego che in realtà si pronuncia Koviddah, come se ci fosse una ‘ah’ alla fine. Poi dico che è una parola sanscrita importante, che viene recitata anche in un mantra rivolto al dio Hanuman. E che vuol dire ‘saggio’. Doveva essere un complimento, un nome così. Invece è diventata una parola che fa tremare il mondo”.
Certo, capire come denominare il nuovo virus non deve essere stato facile. A confermarlo è lo stesso Tedros Adhamon Ghebreyesus, a capo dell’Organizzazione mondiale della sanità, che ha dovuto valutare attentamente, insieme a un comitato di esperti, una serie di aspetti. In modo particolare, il nome non avrebbe dovuto fare riferimento a località specifiche, a un animale, a un gruppo di persone o a un individuo. Purtroppo la scelta richiama un nome molto comune, sia maschile che femminile, in India. E così a circa un mese dal primo decesso dichiarato a Wuhan, in Cina, l’Oms ha dato un nome alla malattia respiratoria causata dal nuovo virus e in un primo momento nota con l’appellativo “Coronavirus” che però fa riferimento alla famiglia di virus cui questo tipo appartiene, ma non al virus stesso. La scelta dell’Organizzazione mondiale è ricaduta su COVID-19: “Co“ e “vi“ per indicare la famiglia dei Coronavirus, “d” per indicare la malattia (disease in inglese), “19” per identificare la data di scoperta nel 2019. Il nome del virus, inizialmente denominato 2019-nCoV, sarà adesso SARS-CoV-2.
Dal passato più lontano ai tempi recenti, fino ad approdare al 2020, l’anno orribile, i popoli hanno dovuto affrontare significative ondate epidemiche che si sono spesso protratte per molti anni. Peste, il colera, vaiolo e tifo. Accompagnando le carestie e le guerre, queste malattie contagiose hanno imperversato una dopo l’altra – o contemporaneamente – apparendo e scomparendo con il trascorrere dei secoli. Per nessuna di queste tuttavia si è presentato un problema di carattere semantico e soprattutto mai, almeno fino ad oggi, è avvenuto un “incidente” di così tale natura.