Gli infermieri in Italia sono insufficienti. Un allarme che arriva da più tardi e che oggi, dopo i mesi non facili dell’emergenza epidemiologica da COVID-19, assume particolare rilevanza in un’ottica di aumento dell’organico all’interno delle strutture sanitarie e di cura sul territorio nazionale. Se da un lato la carenza del personale infermieristico è ancora realtà, dall’altro c’è una novità che favorisce i nuclei familiari. È il sindacato Nursing Up, reduce da due incontri svolti con il presidente della Regione Piemonte Alberto Cirio, a informare che ben presto il medico di famiglia sarà affiancato dalla figura specialistica dell’infermiere di famiglia.
“Si tratta – si legge in una nota stampa diramata dal sindacato – di una figura di professionista della sanità moderna, che collabora con il medico di famiglia e che non è e non sarà mai un suo subalterno, concorrendo così ognuno con le sue competenze ad una maggiore e più incisiva offerta di salute, fondamentale nella gestione di emergenze quali quelle che abbiamo vissuto: un insostituibile raccordo tra rete territoriale e ospedaliera”.
Per avere un’idea di quanto l’infermiere di famiglia possa essere importante, aggiungono dal sindacato, basti pensare che in Germania, dove l’impatto pandemico assai più ridotto che in Italia, questa figura di prossimità è un centrale all’interno della sanità nazionale.
Chiaro è che si tratta di una figura professionale che risponde parzialmente al bisogno emerso in questi mesi straordinari e che deve essere ben integrata e valorizzata all’interno di un ripensamento generale dell’assistenza territoriale, così come previsto dal Patto per la salute 2019-2021. L’infermiere di famiglia deve dunque operare al livello assistenziale recandosi presso l’abitazione del paziente in collaborazione non solo con il medico di medicina generale ma anche con altri professionisti, tra cui i medici specialisti, presenti sul territorio e nelle strutture ospedaliere. Inoltre, la sua missione deve consistere nell’identificare e valutare lo stato di salute e i bisogni degli individui e delle famiglie non solo nel loro contesto culturale e di comunità, ma anche rispetto al contesto abitativo, che dovrebbe essere idoneo ad accogliere pazienti con alto rischio di infezione, come i pazienti ematologici.
Se molte associazioni e realtà dell’ambito medico hanno accolto con favore l’arrivo di questa nuova figura, c’è chi arriccia le labbra in segno di disapprovazione. È questo il caso dello S.N.A.M.I., il Sindacato Nazionale Autonomo Medici Italiani, che ha manifestato alcune perplessità sulla presenza sul territorio di una figura dotata di piena autonomia.