La Voce di MBA

DIMENTICARE I FIGLI IN AUTO: E’ COLPA DELL’ AMNESIA DISSOCIATIVA?

Pochi giorni fa una bimba è morta per ipertermia, dopo essere rimasta per ore chiusa in macchina, sotto al sole. E’ solo l’ennesimo caso di genitori che si “dimenticano” dei figli in auto. Gli esperti parlano di “amnesia dissociativa”. Per saperne di più, abbiamo fatto qualche domanda alla dottoressa Marinella Cozzolino, psicologa e psicoterapeuta (oltre che mamma).

Aveva solo 18 mesi ed è morta perché dimenticata in auto per ore dalla mamma che si era recata sul posto di lavoro. Solo all’ora di pranzo, quando la donna è tornata in macchina, si è accorta che all’interno dell’abitacolo c’era la sua piccola priva di coscienza. La donna ha immediatamente dato l’allarme e da quel momento è iniziata la disperata corsa in ospedale nella speranza di salvare la bambina.
Questa volta è successo in provincia di Livorno ed è l’ennesimo caso, un dramma che vede protagonisti delle piccole vittime e i loro genitori.
Genitori sotto shock, che rimuovono dalla loro testa la presenza dei figli in auto, convinti di averli accompagnati a scuola o, in questo periodo in cui il caldo si fa sentire, al centro estivo.
Purtroppo questi episodi sono frequenti, motivo per il quale sono stati creati e messi in commercio dei dispositivi in grado di ricordare ai genitori che nell’abitacolo ci sono dei bambini. E non solo. Il ministero della Salute ha stilato un opuscolo con scritto come l’ipertermia nei bambini possa arrivare anche dopo 20 minuti all’interno dell’automobile e la morte dopo appena 2 ore, anche se fuori la temperatura non è eccessivamente elevata.  Fanno sapere che anche durante giornate fresche, con all’esterno 22 gradi, dentro alle macchine si possono superare i 40 gradi.
Secondo alcuni dati forniti dal ministero della Salute, negli Stati Uniti, ogni anno in media muoiono 36 bambini a causa dell’ipertermia per essere stati lasciati in auto.
Ma quali sono i motivi di tale dimenticanza?
Stando alle percentuali, fornite dal ministero, nel 54% dei casi i genitori hanno agito intenzionalmente, perché magari dovevano fare la spesa o comunque una commissione, sottovalutando i rischi per il figlio. Nel 46% dei casi invece avevano dimenticato in automobile il bambino prima di andare al lavoro o al momento del rientro a casa.
Per evitare tragedie come quella accaduta nella provincia di Livorno, uno dei consigli è quello di mettere gli oggetti personali nei sedili dietro, accanto al bambino, in modo tale da vederlo prima di uscire dall’auto.

La mamma della piccola deceduta presso l’ospedale pediatrico Meyer di Firenze, dopo tanti tentativi per salvarla, ha dichiarato di aver avuto un vuoto di memoria. In questi casi gli esperti parlano di amnesia dissociativa. Di cosa si tratta? Ed è possibile riconoscerla in tempo per evitare conseguenze tragiche? Mutua MBA, società di mutuo soccorso, l’ha chiesto alla dottoressa Marinella Cozzolino, psicologa e psicoterapeuta la quale ha risposto che “in qualche modo soffriamo tutti di amnesia dissociativa. E’ un modo semplice per riposare il cervello quando siamo stanchi. Abbiamo imparato a ‘dissociarci’ fin da piccoli quando a scuola, mentre l’insegnante spiegava, ci distraevamo seguendo i nostri pensieri. Allora, accadeva perché il cervello non poteva rimanere in un uno stato di attenzione e concentrazione per più di trenta – quaranta minuti di fila, oggi,da adulti,  i minuti di concentrazione sono leggermente aumentati ma la sostanza non cambia. La vita ci richiede un livello di attenzione e concentrazione che non sempre siamo in grado di avere”.
Dottoressa cosa si intende per amnesia dissociativa? 
“Significa allontanarsi dal qui ed ora, dal presente, dal compito che si sta svolgendo anche solo per pochi minuti e dimenticare o meglio, non prestare attenzione a quello che stiamo facendo. Capita molto più frequentemente di quanto immaginiamo: durante il discorso di qualcuno, una lezione o anche una telefonata, il cervello può iniziare a seguire pensieri suoi e andare da un’altra parte. Accade molto spesso mentre guidiamo. Se iniziamo a seguire la musica o i nostri pensieri, arriviamo a casa senza essere stati assolutamente coscienti di aver percorso quel determinato viale o quella specifica strada. Ci dissociamo infine quando siamo multitasking ed iper organizzati. La mamma di Cecina me la immagino così, esattamente come me. Immagino che, di corsa, dopo una notte abbastanza insonne, a causa del gran caldo, si sia alzata assonnata, abbia steso o ritirato una lavatrice di panni, ha preparato la colazione, apparecchiato per le sue bambine, poi ha sparecchiato, le ha aiutate a vestirsi, ha preparato gli zainetti per la giornata con cambio, merenda e crema per le zanzare. Ha rifatto i letti e dato una sistemata veloce alla casa, poi si è preparata per andare a lavoro. E’ salita in macchina con le sue bambine ed ha acceso la Radio per tenerle sveglie e allegre. A quel punto ha iniziato a canticchiare e si è confusa una prima volta, invertendo il suo solito giro: prima la bimba piccola , poi la grande. Pazienza. Accompagna la grande al campo estivo, mentre segue la radio, canticchia, ascolta la musica ed intanto, di questo sono certa, ripete a mente le cose che avrebbe dovuto fare dopo: ‘ricordati di comprare la frutta, i biscotti e la marmellata di albicocche. Ah sì, certo, devo andare a ritirare le scarpe dal calzolaio e le camicie in tintoria. E al lavoro? Sì, entro stasera devo consegnare quei tre documenti e le sei relazioni pronte’. Ecco, succede così che ti confondi, cambi itinerario e rompi la catena di automatismi a cui sei abituata. Di mattina, soprattutto di mattina, il rituale che mettiamo in atto è sempre lo stesso. Ci muoviamo per azioni standard ed automatiche. Tutti, nessuno escluso”.
 E’ possibile riconoscerla in tempo per evitare conseguenze tragiche?
“Certo che è possibile riconoscerla, ma ripeto la dissociazione è un meccanismo che mette in atto il cervello stanco. Bisognerebbe, per questo, essere meno stressati, meno pieni di pensieri e preoccupazioni, meno assonnati. Molto spesso è impossibile. Bisogna essere solo fortunati e sperare che l’amnesia riguardi la macchinetta del caffè sul fuoco e non i bambini. Difficile da accettare, ma a volte è solo fortuna”.
Nel corso della sua carriera le è capitato di trattare persone affette da questa patologia?
“Non è una patologia ma un meccanismo di difesa che interviene quando siamo molto affaticati e stressati. Vedo costantemente persone in questa situazione, prevalentemente donne, ma anche uomini. Le donne, anche quando sono supportate o aiutate da qualcuno, sentono comunque maggiormente il peso della responsabilità della famiglia, dei figli, della casa, del lavoro”.
Cosa ne pensa delle percentuali fornite dal ministero della Salute? 
“Credo che siano realistiche, ma fino ad un certo punto. Vere per difetto. Tutti abbiamo la tendenza a dissociarci, più e più volte al giorno, soprattutto quando portiamo avanti i nostri rituali, viviamo giornate tutte uguali e siamo stanchi, molto stanchi”.
Lei è una psicologa-psicoterapeuta, ma prima di tutto è una mamma. Perché negli ultimi anni episodi come questo sono sempre più frequenti? Cosa sta succedendo?
“Sta succedendo di tutto. Siamo stanchi. Viviamo vite disumane che non ci appartengono. Ci sentiamo spesso soli ed anche un po’ sfruttati. Dal sistema, dal datore di lavoro, dai genitori anziani, dai figli, dal partner che collabora (spesso) solo a parole”.
Quali sono i suoi consigli?
“Non giudicare, mai. Frasi tipo: a me non potrebbe succedere, non andrebbero mai pronunciate. Siamo stati tutti dissociati, tante e tante volte. Quanta gente posteggia e non ricorda dove ha lasciato la macchina? L’amore non c’entra. Spesso cose così gravi accadono proprio ai genitori più precisi e meticolosi. La signora e i tanti genitori che l’hanno preceduta ed a cui è successa questa tragedia, non hanno dimenticato i figli in macchina. Non cadiamo in questa stupida conclusione. Hanno dimenticato di fare una tappa, di fermarsi a scuola, rimanendo però convinti di averlo fatto. Tutti hanno interrotto la normale routine quotidiana, spostato l’ordine dei gesti compiuti normalmente e creduto invece di aver rispettato l’ordine. Per tentare di evitare che questo accada si possono usare piccoli accorgimenti: il più semplice è quello di mettere la borsa, dietro, vicino al bambino o di montare in macchina uno di quei dispositivi che suonano se chiudiamo la macchina con qualcuno ancora dentro.
Infine non dimentichiamo, in questo caso, il papà. A lui il compito più difficile, quello di sostenere la moglie ed il suo dolore. Sarà lui ed il suo comportamento a fare la differenza. Gli si chiede tanto, tantissimo: archiviare il suo dolore per sostenere quello della moglie. Spero di cuore, che ci riesca . Che riesca a comprendere senza colpevolizzare”.
 

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