Perché i bambini si ammalano molto meno di COVID-19? Tutto merito di una molecola che non fa il suo lavoro. Se un bambino dovesse rivolgerci una domanda simile non potremmo dargli risposta migliore e più completa. Difatti è una realtà vera e comprensibile anche da un adulto, tanto che in Italia solo circa l’1% dei casi positivi ha compiuto 18 anni. Nelle vie respiratorie esiste la Neuropilina 1, molecola molto meno attiva – rispetto agli adulti – nel tessuto epiteliale che riveste internamente il naso dei bambini. È quanto rivelano i ricercatori del Ceinge – Biotecnologie Avanzate di Napoli e dell’Università Federico II dopo aver analizzato i campioni biologici ottenuti dalle alte vie del respiro e dall’intestino (che sono le due principali porte di accesso del virus all’interno dell’organismo) di bambini e adulti sani.
La Neuropilina 1 è un recettore del virus SarsCov2, capace di potenziare il suo ingresso nelle cellule e la diffusione nell’organismo. I ricercatori, per dimostrare il coinvolgimento della Neuropilina-1 con l’ingresso del Sar-Cov-2, hanno utilizzato delle cellule umane prive di entrambi i recettori (ACE2 e NRP-1) e hanno testato il ruolo della neuropilina nell’infezione virale da Covid, trasfettando le cellule con plasmidi che codificano per i principali recettori di attacco, ACE2 o TMPRSS2 e NRP1. Si tratta quindi di una molecola con un ruolo importante nel consentire l’attacco al recettore ACE-2, con cui la proteina spike del coronavirus si lega per entrare nelle cellule umane.
Come sottolinea il Ministero della Salute, anche sulla base di uno studio scientifico pubblicato esattamente un anno fa su Nature Medicine i bambini e i giovani under 20, oltre ad essere molto spesso asintomatici, hanno una suscettibilità all’infezione pari a circa la metà rispetto a chi ha compiuto 20 anni. La ricerca ha sviluppato modelli di trasmissione di Covid-19 sulla base dei dati provenienti da 6 Paesi, Italia compresa. Anche l’Istituto Superiore di Sanità (ISS) nel Report Iss-Covid “Indicazioni ad interim per gravidanza, parto, allattamento e cura dei piccolissimi di 0-2 anni in risposta all’emergenza COVID-19” precisa come nei bambini l’infezione da SARS-Cov-2 si manifesta con quadri clinici molto meno severi rispetto agli adulti. I più piccoli infatti generalmente presentano una buona prognosi e la letalità è decisamente inferiore rispetto all’adulto.
Il fatto che, nella popolazione pediatrica, SARS-CoV-2 non induca generalmente conseguenze gravi, secondo lo studio è spiegato, in primo luogo, dai diversi livelli del recettore ACE-2 con cui si lega la proteina spike del virus per entrare nelle cellule dell’ospite. Questi diminuiscono con l’avanzare dell’età e in presenza di comorbilità come ipertensione e diabete. Alti livelli di attività ACE-2 nei bambini/e potrebbero avere quindi un ruolo protettivo nei confronti del virus, con manifestazioni meno gravi rispetto agli anziani. In secondo luogo, i bambini/e sono esposti ad altri virus respiratori come il virus respiratorio sinciziale e i virus dell’influenza A e B, con conseguente aumento dei livelli sierici di anticorpi che potrebbero quindi fornire una protezione crociata.