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Festa della donna: una giornata per non dimenticare l’importanza della prevenzione

Festa della donna e prevenzione

DONNA E SALUTE: L’8 MARZO PER NON DIMENTICARE L’IMPORTANZA DELLA PREVENZIONE

La prevenzione è la base per una migliore qualità della vita e del benessere psico-fisico dell’essere umano. Mba, Società di Mutuo Soccorso, che fa della corretta informazione e della cultura della prevenzione uno degli obiettivi principali sui quali fonda l’attività mutualistica, in occasione dell’8 marzo, ha focalizzato l’attenzione su alcune patologie che colpiscono le donne: dall’endometriosi, analizzata anche sotto l’aspetto psicologico, all’iniziativa di Gomitolo Rosa Onlus, Associazione che aiuta i pazienti oncologici nelle strutture ospedaliere attraverso la promozione della “knitting therapy” ovvero l’arte di lavorare ai ferri negli ospedali e negli enti che si occupano di salute, per vincere l’ansia sia in fase di diagnosi sia di cura.
Questa è la settimana del “Million Woman For Endometriosis” che vede riunirsi 19 milioni di donne nelle maggiori piazze del mondo.
L’endometriosi è caratterizzata dalla presenza di tessuto uterino (l’endometrio appunto, la parte interna della cavità uterina) in altre sedi: è possibile trovare la presenza di tessuto endometriosico (uterino) nella zona delle ovaie, della vagina, delle tube, anche in sedi extrapelviche, soprattutto a livello intestinale.
Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità sarebbero 150 milioni le donne in età fertile che soffrono di endometriosi; di queste, 14 milioni in Europa e 3 milioni in Italia. E’ una patologia ginecologica subdola che influenza vari aspetti della qualità di vita della donna, della quale però si parla poco. Tuttavia negli ultimi anni, grazie a numerose attività delle Associazioni, questa patologia sta avendo una maggiore visibilità. E’ stato recentemente pubblicato sull’European Journal of Obstetrics & Gynecology and Reproductive Biology un articolo su una ricerca in cui gli studiosi si sono domandati in che modo l’endometriosi possa influenzare il funzionamento sessuale delle donne che ne sono affette. I risultati dello studio, condotto su 364 donne con endometriosi, hanno rilevato che il 61% soffre di una qualche disfunzione sessuale e che, con incidenze diverse, tutte le aree della risposta sessuale vengono influenzate dalla patologia. Il 58% del campione ha dichiarato che il dolore costante del pavimento pelvico incide negativamente sulla propria sessualità e, allo stesso tempo, il desiderio sessuale risulta assente o diminuito rispetto alle donne che non soffrono di questa patologia.
È una malattia quindi invalidante anche dal punto di vista psicologico, generando nervosismo, inadeguatezza e in alcuni casi anche una vera e propria depressione. Mutua Mba ha chiesto alla Dottoressa Marinella Cozzolino, psicoterapeuta-sessuologa, come cambia il rapporto con il partner e in che modo è possibile eliminare i disagi causati dall’endometriosi.
“Dopo la diagnosi di endometriosi -ha spiegato- le prime reazioni sono legate a emozioni negative, come per qualsiasi diagnosi clinica negativa. C’è chi prova paura, chi senso di frustrazione e rabbia. C’è chi si piange addosso sentendosi più sfortunata delle altre, chi inizia da subito ad assumere un atteggiamento combattivo. C’è chi va in cerca di altri medici, mossa dalla speranza di un errore e chi si ferma alla prima sentenza. Le reazioni emotive e comportamentali sono soggettive, ma sempre molto vicine al carattere e alla struttura di personalità di ognuna. La malattia acuisce pregi e difetti, non cambia nessuno. La vita sessuale e il rapporto con il partner molto spesso cambia drasticamente, ma solo dopo la scoperta della patologia in concomitanza con la ricerca di una gravidanza. Endometriosi non significa sterilità femminile, è bene ricordarlo, ma ovviamente il rischio di sterilità aumenta ed è concreto. A quel punto, dopo la certezza della diagnosi, la donna generalmente si mette in discussione, mette in discussione soprattutto la propria femminilità. Ha difficoltà ad avere rapporti, ma anche paura di averne, è spesso in contrasto con se stessa, si sente brutta, sbagliata, quasi fuori luogo. Se la coppia aveva tra i progetti la possibilità di creare una famiglia, la donna si tira in dietro, sgancia il partner, tende a rinchiudersi a guscio per lasciare lui libero di portare avanti i suoi progetti con un’altra donna.
L’endometriosi è una malattia difficile da sopportare e metabolizzare come tutte quelle malattie che, nella donna come nell’uomo, vanno a toccare la genitalità. L’apparato genitale ha a che fare con la femminilità innanzitutto, ma anche con la riproduzione e, non da ultimo, con il piacere. E’ una parte di noi troppo importante e profonda per “ammalarsi” e farci del male. Bisogna rifletterci, razionalizzare e soprattutto farsi delle domande precise: quanto spazio voglio dare a questo problema? Quanto vittima voglio essere di questa patologia? O, come spesso dico alle mie pazienti, bisogna parlar chiaro con le proprie patologie, affrontarle a viso scoperto, guardarle negli occhi anche quando fanno paura e dire chiaro e tondo: guarda che in questa casa comando io!”
La paura e il senso di frustrazione sono, per la maggior parte delle donne, le prime emozioni negative che affiorano dopo la diagnosi della malattia. Farsi forza e avere coraggio sono le armi vincenti per affrontare la patologia. “Essere donna è così affascinante. È un’avventura che richiede tale coraggio, una sfida che non annoia mai” (Oriana Fallaci).
 
Per dare sempre più voce alla malattia, l’8 marzo l’Istituto di Sessuologia Clinica di Roma, attivo da tempo sull’argomento, dedicherà una giornata al tema con l’incontro gratuito “Il silenzio e il dolore non fanno l’amore. Update endometriosi”.
Su tutto il territorio nazionale sono attive delle Associazioni femminili, tra queste l’Associazione Italiana Endometriosi e l’Associazione Progetto Endometriosi A.P.E. Onlus.
“Lo strumento principale per combattere l’endometriosi rimane l’informazione -ha spiegato a Mba Jessica Fiorini, vice presidente di Associazione Progetto Endometriosi Onlus (A.P.E.)-. Informazione significa arrivare a una diagnosi in tempo prima che la malattia possa portare gravi conseguenze. Una volta diagnosticata la malattia, di vitale importanza è affidarsi a medici e centri specializzati per avere il percorso terapeutico migliore e per tenere controllata nel tempo la patologia. E’ importantissimo essere sempre, costantemente informati perché è anche un modo per avere meno paura e per avere sempre a disposizione gli strumenti migliori per poterla gestire.
L’A.P.E. sostiene le donne attraverso i suoi 18 gruppi di sostegno presenti sul territorio nazionale. Vengono organizzati regolarmente incontri di sostegno informativi, totalmente gratuiti, grazie alla collaborazione di medici psicologi volontari ed è a disposizione un forum di discussione sul nostro sito internet frequentato da centinaia di donne. Un progetto che ci sta molto a cuore è quello che riguarda l’informazione nelle scuole alle ragazze delle classi IV e V superiori, diversi incontri sono stati realizzati a Parma, Vicenza, Bari, Roma e altri sono in programma durante il mese di marzo.
Informare le giovani donne e metterle a conoscenza dei sintomi della malattia secondo noi è fondamentale”.
Ad oggi, ancora non c’è una terapia per sconfiggere la patologia, però, come ha affermato Jessica Fiorini “se monitorata, attraverso controlli nei centri specializzati e seguendo un corretto stile di vita, è possibile tenerla sotto controllo”.
L’informazione è la regola numero 1 come lo sono la divulgazione di esperienze di chi, colpita dall’endometrisosi, si è trovata ad affrontare la sterilità. Grazie all’A.P.E., che attualmente ha circa 150 volontarie attive sul territorio nazionale, Mba ha raccolto la testimonianza di Annalisa, un’attiva partecipante al gruppo di Forlì-Cesena-Ravenna, che ha raccontato la sua storia.
“Era il 2007, l’anno del mio matrimonio, quando ho iniziato a capire che qualcosa in me non andava. Alla fine del ciclo mestruale avvertivo dei forti dolori al basso ventre, stavo bene solo una settimana al mese, quella che precedeva le mestruazioni. Ho iniziato a isolarmi perché, per via del dolore, mi sono trovata a non avere la forza di fare tante cose e chi mi conosce sa che non è da me. Ero considerata noiosa perché i miei erano i dolori tipici del ciclo e non dovevo lamentarmi perché tutte le donne ne soffrono. Ho iniziato a sottopormi a diverse visite ed esami fino a quando la dottoressa che ha preso in carico la mia situazione clinica ha confermato la diagnosi di endometriosi. Da una parte mi sono sentita sollevata perché non ero più una “malata immaginaria”, ma dall’altra avevo bisogno di capire.
Ho iniziato a documentarmi e ho così contattato l’associazione A.P.E. Onlus che mi ha aiutato a comprendere e condividere; grazie a loro ho capito che avere persone con cui parlare, che ti capiscono e supportano è fondamentale, ho anche imparato come aiutare gli altri aiuti anche se stessi.
Ho iniziato una terapia con la pillola continuativa fino al 2010 quando ho fatto il primo intervento durato 6 ore, il post-operatorio è stato molto lungo e difficile. Nel frattempo gli anni passavano e l’orologio biologico correva come anche il desiderio di una maternità. Negli anni successivi ho intrapreso con mio marito il percorso fivet, la strada più difficile che io abbia mai affrontato. Dopo quattro tentativi, tanti chilometri percorsi in giro per l’Italia e l’ennesimo rifiuto da parte dei medici perché “senza speranze”, abbiamo deciso di rinunciare perché troppo pesante a livello psicologico personale e per il rapporto di coppia.
La mia situazione nel frattempo si era aggravata ulteriormente e necessitavo di un altro intervento il prima possibile, ma stavolta, più preparata e consapevole, decisi di andare in un centro specializzato. L’intervento è stato molto più complicato del primo, ma essendo medici esperti in endometriosi ho avuto una ripresa più veloce.
Negli anni successivi la mia salute è andata migliorando e la mia vita procedeva bene, il sogno di un bambino era ormai accantonato e, grazie all’aiuto di psicologi, familiari e amici, la mia vita andava bene così.
Avevo trovato un equilibrio con me stessa e con mio marito e dopo terapie ormonali durate anni ho dovuto sospenderle su consiglio della ginecologa, così ho interrotto la pillola per qualche mese. Senza pensarci mi sono trovata sorprendentemente incinta con ogni dubbio e perplessità mia e della mia ginecologa. Il miracolo si era realizzato dopo tanti tentativi non riusciti. Oggi sono mamma di Alessia, una bambina di 2 mesi.”
La forza, il coraggio e la speranza di Annalisa sono la prova che l’endometriosi si può combattere e non è invincibile, come anche il tumore al seno, alle ovaie e all’utero.
 
In campo oncologico, invece, per la festa della donna, Gomitolo Rosa Onlus, a Firenze presso il Palazzo Incontri, ha organizzato un incontro per raccontare la sua esperienza che, partendo dal recupero della lana, giunge, attraverso il filo dei propri gomitoli, alla salute delle donne.
Gomitolo Rosa Onlus è nata nel 2012, la sua mission è quella di recuperare la lana autoctona in sovrapproduzione, destinata altrimenti ad essere bruciata, trasformarla in gomitoli di diversi colori legati a differenti patologie, che possono essere utilizzati per promuovere la knitting therapy, l’arte di lavorare ai ferri negli ospedali e negli enti che si occupano di salute, come strumento per vincere l’ansia sia in fase di diagnosi sia di cura. Il Gomitolo è al momento disponibile in 9 colori, associati alle diverse patologie: rosa, per le associazioni impegnate nella lotta al tumore al seno; ottanio per ACTO, alleanza contro il tumore ovarico; bianco per ALCASE per vincere il cancro al polmone; verde smeraldo per la consapevolezza del cancro al rene e la celiachia, arancione per la consapevolezza sulla sclerosi multipla, blu notte per il cancro al colon e l’autismo; viola è il simbolo dei sopravvissuti al cancro, il rosso della consapevolezza sulle malattie cardiache e azzurro cielo per il cancro alla prostata.
“L’obiettivo di Gomitolo Rosa è sempre stato quello di sostenere chi, a causa della malattia, si trova in situazione di disagio e disturbo emozionale, relazionale, che interferisce con la capacità soggettiva di affrontare l’esperienza che la patologia scatena. Questa volontà si è sviluppata nella promozione del lavoro a maglia principalmente nei luoghi frequentati dai pazienti e poi in tutte le strutture che offrono strumenti per alleviare la tensione a chi, in un modo o nell’altro, si trova a dover fronteggiare stati di ansia.” Questa la dichiarazione per Mutua Mba del Dott. Alberto Costa, oncologo e fondatore dell’Associazione.
 
La perdita del ciclo mestruale è, invece, un disturbo che colpisce il 15% di giovani tra i 16 e i 25 anni. Secondo gli esperti, le cause principali relative alla ciclicità mestruale sono di tipo socio-ambientali: stress dovuto a inadeguati stili di vita, diete drastiche ed eccessiva attività sportiva.
Per risolvere il problema il percorso seguito è quello di sottoporsi a terapia ormonale sostitutiva, mirata a facilitare la ripresa funzionale a livello ormonale, ma è fondamentale che la terapia sia personalizzata e affiancata da un supporto psicologico.
“Oggi le giovani sentono troppo il peso di una società che chiede prestazioni sempre ad alti livelli tanto da influire anche l’aspetto ormonale. -ha detto la Dottoressa Cozzolino- Chiede troppo, anche quando non è necessario, anche quando si tratta di faccende che tutto dovrebbero essere tranne che un peso. Questo accade perché tutto viene vissuto come una gara in cui, idealmente, non esistono partecipanti, ma solo vincitori. Per questo ci si ammala e si ammalano anche gli ormoni che, come difesa, si ritraggono o si moltiplicano per difendersi e fare muro. La femminilità così tanto sbandierata, ricercata e imitata, in realtà diventa un obbligo, non un percorso naturale o una scelta. La maturità sessuale ed emotiva diventa una montagna enorme e difficile da scalare oltre che molto spaventosa. In questi casi, la negazione e l’evitamento sono le strategie difensive più usate”.
E’ bene ricordare gli esami di screening che le donne hanno a disposizione per la tutela della loro salute. Una volta l’anno è consigliabile fare la visita ginecologica per i controlli generici ed eseguire l’esame del Pap-test che indaga le alterazioni delle cellule per prevenire il tumore del collo dell’utero, e/o al HPV-Dna Test.
 
Per quanto concerne le patologie del seno, compiuti i 20 anni, le donne possono eseguire una forma di prevenzione “fai da te” attraverso l’autopalpazione. Al compimento del 30esimo anno di età gli esperti consigliano la visita senologica con uno specialista.
Il senologo, prima di cominciare l’esame clinico con l’osservazione e la palpazione delle mammelle, raccoglie tutte le informazioni utili per la diagnosi definitiva come un’eventuale presenza di casi di tumore al seno in famiglia (nel caso dovessero esserci precedenti, le donne tra i 40 e i 50 anni dovrebbero effettuare una volta l’anno una mammografia e un’ecografia), a che età è comparso il primo ciclo mestruale o a che età è terminato, gravidanze, alimentazione e terapie ormonali.
Dopo i 60 anni la prevenzione oncologica è ancora più importante perché è proprio tra i 50 e i 70 anni che il rischio di sviluppare questo tumore è maggiore.
Prendersi cura di se’ con maggiore consapevolezza, questo è il messaggio di oggi in occasione della festa della donna da parte Mutua Mba.
Abbi buona cura del tuo corpo, è l’unico posto in cui devi vivere” (Jim Rohn)

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