Delusione, rifiuto, separazione, perdita o, per dirla con Bowlby, “Qualsiasi guaio o sfortuna” possono elicitare sentimenti di tristezza. In questi casi la tristezza è un modo del tutto normale e non patologico di emozionarsi in risposta ad un evento percepito come ostile e immodificabile. Esistono diverse forme di tristezza: un conto, per esempio, è sentirsi tristi ogni giorno perché i propri genitori non sono in grado di prendersi cura di noi e un conto è sentirsi tristi perché un nostro progetto è andato in frantumi.
L´inazione e la focalizzazione dell´attenzione su se stessi sono due caratteristiche intrinseche alla tristezza, che ci chiama a staccarci temporaneamente dalle cose del mondo per occuparci di noi stessi e del nostro dolore. Da qui scaturirebbero la tendenza all´inazione, al rinchiudersi in se stessi, le difficoltà di concentrazione e la diminuzione di interesse per ogni attività.
È da come ci occupiamo di noi stessi in queste circostanze, però, che possiamo distinguere una modalità sana e una patologica della cura. Immaginiamo la seguente situazione: siamo appena stati lasciati dal nostro partner. Se il rifiuto dell´altro sarà ascritto esclusivamente a una nostra diffettualità intrinseca (è tutta colpa mia, non avrei dovuto dire/fare questo o quello, sono sbagliato, ho un bruttissimo carattere) è evidente che ciò non farà che produrre uno stato di disperazione e un senso di non poter essere aiutati. In altri termini, sentirsi la sola causa dell´essere stati rifiutati o abbandonati può rendere più probabile l´insorgenza di episodi depressivi poiché altro non fa che aggiungere alla tristezza per la fine della relazione, altra tristezza, mista a rabbia verso se stessi, sentimenti di colpa, inadeguatezza e autocommiserazione, per non essere stato in grado di prevenire la fine della storia (e quasi dimenticandosi che questa dipende sempre dalla volontà o meno di entrambi i partner di impegnarsi e far fronte alle mille difficoltà che qualsiasi coppia è chiamata ad affrontare nel tempo).
Il dover fare affidamento solo su se stessi è compito arduo per persone che si percepiscono come non degne di essere amate, non autosufficienti, quasi trasparenti in assenza di un´altra persona a fare da specchio. Un percorso terapeutico che sappia “sfruttare” la tristezza come modalità per far emergere significati in grado di generare nuovi orizzonti d´attesa può effettivamente aiutare la persona a rilanciarsi verso un futuro sul quale non è ancora stata scritta la parola “fine”.