Sono la vera sfida del futuro e lo confermano le politiche demografiche. Il vero sorvegliato speciale per l’Italia sono gli anziani, uomini e donne che necessitano di assistenza parziale e quotidiana e per i quali bisogna introdurre, a livello nazionale, servizi per la cura e per l’assistenza. Inoltre, prende sempre più forma l’ipotesi di introdurre la figura del geriatra di famiglia, professionalità dell’ambito medico che risponderebbe a un dato predominante: in Italia sono oltre 13 milioni gli over 65 e solo poco più di 4 mila i geriatri. Procede in questa direzione Auser, associazione di volontariato nata nel 1989, che propone un insieme di misure sui cui intervenire nel breve tempo per fare in modo che l’assistenza agli anziani non autosufficienti sia all’altezza dei loro bisogni e aspettative. “Bisogna – si legge – sviluppare la figura dell’infermiere di famiglia cui spetterebbe il servizio di consulenza e supporto alle famiglie e la gestione di collegamento, integrazione e ascolto tra il medico di medicina generale, il geriatra, tra i servizi sanitari e socio assistenziali i malati cronici e le loro famiglie”.
Contiene questo punto centrale la ricerca “Anziani non autosufficienti e integrazione sociosanitaria nei Piani regionali” presentata dalla realtà del Terzo settore secondo cui “occorre riaffermare l’omogeneità di indirizzo politico nazionale, ripristinando la funzione di indirizzo del Piano nazionale tanto in rapporto all’impostazione dei Piani regionali, quanto in relazione ai loro contenuti, recuperando quindi una cultura della programmazione nazionale. Occorre mettere ordine nell’architettura istituzionale. Non è più sostenibile un sistema sanitario che si dice nazionale ma che si differenzia in 21 realtà regionali e all’interno di ognuna di esse. Questo genera inefficienze ed è causa di discriminazioni. Occorre dare forza alla regia unitaria del sistema sociosanitario”.
Secondo Auser ancora, oggi quanto mai sarebbe importante “valutare l’utilità di un soggetto istituzionale nazionale per la Long Term Care“, ovvero la cura a lungo termine; “fare chiarezza nella programmazione pluriennale delle risorse semplificando i flussi di finanziamento”; “riformare i criteri di assegnazione e utilizzo dell’indennità di accompagnamento”; “sciogliere rapidamente il nodo dei Livelli essenziali delle prestazione sociali (Lep) e integrarli con i Livelli essenziali di assistenza (Lea)”; “rafforzare, unificare e integrare i presidi territoriali sociosanitari dando loro maggiore visibilità”; “favorire l’accesso ai servizi sociosanitari ad esempio con la presentazione e l’acquisizione di referti, prescrizioni e ricette in remoto”; “unificare i percorsi di accesso incentrati su valutazione multidimensionale, unità di valutazione multidisciplinare, piano di assistenza individuale”.
Non trascurabile inoltre il potenziamento dell’assistenza domiciliare al fine di garantire alla persona malata la degenza e dunque cure e assistenza nella propria abitazione e tra i propri familiari. Ed è per questa ragione che si punta su tre misure socio-sanitarie: riconoscimento dei diritti dei caregiver familiari, qualificazione professionale del lavoro delle badanti, riconoscendo dunque alle famiglie un sostegno economico similare al sostegno alle rette per i residenti nelle Rsa.