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Giornata mondiale per la lotta alla sepsi: l’importanza della prevenzione e della diagnosi tempestiva
La sepsi, o setticemia, è la complicazione di un’infezione. Può colpire chiunque, ma i soggetti più a rischio sono le persone con ridotte difese immunitarie come anziani e bambini.
Oggi si celebra il tradizionale appuntamento con il World Sepsis Day, la giornata dedicata alla sensibilizzazione e all’informazione su questa patologia che costituisce una delle malattie mortali più comuni, ma della quale si parla poco.
La sepsi, più comunemente conosciuta come setticemia, è la complicazione di un’infezione. Può colpire chiunque, ma i soggetti più a rischio sono le persone con ridotte difese immunitarie come anziani e bambini.
Molti dei progressi della medicina moderna aiutano a combattere le malattie primitive, ma indeboliscono il nostro sistema immunitario (cortisone, farmaci immunosoppressori per trapianti o malattie autoimmuni, etc.) aprendo la strada a malattie gravi come la sepsi.
La sepsi è causata per lo più da batteri, ma anche da virus, funghi o protozoi. La diffusione dei germi responsabili avviene nelle comunità dove si trovano microrganismi più sensibili. Le indicazioni dell’Organizzazione Mondiale della Sanità riguardano principalmente il rispetto delle norme igieniche: lavarsi accuratamente le mani, è molto importante per ridurne il rischio, basti
pensare che almeno il 20% dei casi di sepsi contratte nelle strutture sanitarie è prevenibile. La prevenzione, attraverso l’adozione di strategie all’interno delle strutture ospedaliere, è in grado di ridurre in maniera significativa la mortalità associata alla malattia.
Se non diagnosticata e curata in tempo, la malattia può peggiorare e trasformarsi in shock settico con conseguenze gravi (la diminuzione improvvisa della pressione può portare al decesso).
Secondo gli ultimi dati, in Europa, si verificano circa 400 casi di sepsi su 100.000 abitanti ogni anno, un’incidenza che supera quella dell’infarto del miocardio e dei tumori. In Italia, si stima che ci siano 60.000 morti all’anno per sepsi.
Negli anni, la ricerca ha portato a dei risultati importanti in molti ambiti: dal miglioramento delle conoscenze fisiopatologiche all’identificazione precoce del paziente, dalla terapia antibiotica alle terapie di supporto, ma resta ancora troppo alta la mortalità. Il presidente della Società Italiana di Anestesia, Analgesia, Rianimazione e Terapia Intensiva (SIAARTI), Massimo Antonelli, ha dichiarato: “la battaglia contro la sepsi e lo shock settico vede gli anestesisti rianimatori in prima linea. Il successo può essere garantito solo attraverso una collaborazione multispecialistica con infettivologi, microbiologi, chirurghi. Il precoce riconoscimento e il trattamento immediato sono i capisaldi del successo”.
Al comparire dei sintomi, quali febbre alta (oltre 38,5 gradi che non passa per 24-48 ore nonostante gli antifebbrili), fatica a respirare, malessere e ipotensione con svenimenti, riduzione consistente della diuresi per 24-48 ore, stato di coscienza alterato, gonfiore alle gambe o alle braccia, comparsa di petecchie, bisogna rivolgersi al proprio medico o recarsi al pronto soccorso.
Una volta diagnosticata, se l’infezione è localizzata, si procede con la terapia antibiotica, mentre nei casi più gravi è necessario il ricovero in ospedale.
In Italia, i due i centri d’eccellenza di livello internazionale con 60-65% di sopravvivenza rispetto al 40-45% di media nazionale (+15-20%), sono il Policlinico di Modena e l’Ospedale di Baggiovara.
“Considerando che ogni anno sono circa 200 i pazienti seguiti nei due ospedali, questa percentuale significa che riusciamo a salvare 20 persone in più all’anno rispetto alla media italiana” ha detto il prof. Massimo Girardis, Direttore della Terapia Intensiva del Policlinico e tra i precursori del progetto sepsi modenese. E’ questo il risultato, ormai consolidato, di un progetto per la lotta alla sepsi che affonda le sue radici nel 2005 quando al Policlinico di Modena venne istituito il Gruppo di lavoro Sopravvivere alla Sepsi, un team multidisciplinare per la diagnosi e la cura di questa patologia.
“Nelle unità operative maggiormente coinvolte nella gestione del paziente con sepsi – ha spiegato il prof. Girardis – il lavoro svolto in questi anni ha portato ad avere un’elevata formazione e competenza nel riconoscere e trattare precocemente, in maniera appropriata, i pazienti”.
“Nelle unità operative maggiormente coinvolte nella gestione del paziente con sepsi – ha spiegato il prof. Girardis – il lavoro svolto in questi anni ha portato ad avere un’elevata formazione e competenza nel riconoscere e trattare precocemente, in maniera appropriata, i pazienti”.
Oltre al trattamento del paziente con infezione grave, negli ospedali esistono programmi specifici per prevenire le infezioni. Questi programmi si sono dedicati a consolidare tra gli operatori sanitari la cultura di un accurato lavaggio delle mani secondo le indicazioni dell’OMS, che resta uno dei punti cardine per la prevenzione delle infezioni. Sono stati, inoltre, attivati interventi più avanzati, come la cosiddetta stewardship antibiotica, intesa come una serie di misure per ridurre l’esposizione non appropriata alla pressione selettiva degli antibiotici stessi.
La lotta alla sepsi richiede interventi precoci, multidisciplinari in una logica propria di una patologia dove il tempo d’intervento è decisivo. Nel contesto dell’informazione e della sensibilizzazione alla patologia sono nate le iniziative organizzate in occasione della Giornata Mondiale per la lotta alla sepsi, tra le quali “Combattiamo la sepsi a 300 all’ora” in collaborazione con Trenitalia, in cui i medici del team sepsi del Policlinico, assieme ai colleghi di Torino, Milano, Bologna e Ancona saranno presenti sul Freccia Rossa per distribuire materiale informativo. Concetto questo molto caro a Mutua Mba che ha come obiettivo quello di garantire la crescita della corretta informazione e della cultura della prevenzione.