È un importante risultato storico quello raggiunto ad Amsterdam dove, nel corso degli ultimi dodici anni i casi di sieropositività sono scesi del 95%, passando dai 201 del 2010 ai 9 del 2022. Lo si apprende dall’analisi pubblicata sulla rivista Eurosurveillance, che rende noti i risultati della ricerca sviluppata nell’ambito del progetto sanitario H-Team (HIV Transmission Elimination AMsterdam) che dal 2014 si è proposto di bloccare la trasmissione del virus nella città olandese semplificando l’accesso ai test Hiv ed estendendo l’uso della prevenzione, rendendo disponibili strumenti online per riconoscere i primi sintomi immediatamente dopo il contagio. Come spesso accade infatti pur avendo raggiunto la fase avanzata dell’infezione, in molti non sanno di essere affetti dal virus Hiv.
In che modo l’obiettivo è stato raggiunto? Grazie alla collaborazione con le associazioni, il team ha incoraggiato l’utilizzo della profilassi pre-esposizione (Prep), riguardante l’assunzione di farmaci anti-Hiv da parte di pazienti che pur non essendo positivi presentano un alto rischio di contrarre l’infezione. Questa azione è stata in grado di ridurre, fino a quasi azzerare, il rischio di contagio in caso di rapporti non protetti con una persona sieropositiva.
In più, è stato creato uno strumento online in grado di riconoscere i sintomi tipici dell’infezione primaria acuta da Hiv, malattia virale provocata appunto dal virus dell’Immunodeficienza umana, la prima manifestazione del contagio, in modo che i pazienti potessero essere indirizzati verso il test, in caso di sospetti. La strategia ha garantito ottimi risultati: le nuove diagnosi sono passate da 300 del 2010 alle 62 del 2022, mentre le infezioni contratte durante l’anno da 201 a 9. Sono migliorati anche altri indicatori. Nel 2022 era in trattamento nella città il 96% delle persone che avevano ricevuto una diagnosi (12 anni prima era l’88%).
In Italia l’incidenza più elevata di nuove diagnosi HIV si riscontra nella fascia di età 30-39 anni (7,3 nuovi casi ogni 100.000 residenti), a seguire nella fascia 25-29 anni (6,6 nuovi casi ogni 100.000 residenti). In queste fasce di età l’incidenza nei maschi è 3-4 volte superiore a quelle nelle femmine. In generale, i maschi rappresentano il 79,5% dei nuovi casi. Tuttavia, dal 2016 si osserva una diminuzione del numero di nuove diagnosi HIV in stranieri, sia maschi che femmine. Più di un terzo delle persone con nuova diagnosi HIV ha scoperto di essere HIV positivo a causa della presenza di sintomi o patologie correlate all’HIV.
L’HIV si può diagnosticare in tempi brevi sottoponendosi al test e, in attesa di una cura che ne consenta la guarigione, sono a disposizione terapie che monitorano l’infezione rallentandone lo sviluppo. Nel nostro paese, sulla base dei dati 2020 raccolti nel Rapporto del Centro operativo AIDS (COA) si ricava un’elevata percentuale di diagnosi tardive dell’infezione e che la maggioranza dei nuovi casi si registra soprattutto nei giovani. Pertanto, si è ritenuto necessario porre in essere iniziative finalizzate a prevenire il contagio con particolare riferimento al testing.