“A tutte le comunità cinematografiche nel mondo e a chi ama il cinema e i film! Mi chiamo Sahraa Karimi, sono un regista e l’attuale direttrice generale di Afghan Film, unica società statale fondata nel 1968. Vi scrivo col cuore a pezzi e con la profonda speranza che #possiateunirviame nel proteggere il mio bellissimo popolo, specialmente i cineasti, dai Talebani. Nelle ultime settimane hanno preso il controllo di molte province. Hanno massacrato il nostro popolo, rapito molti bambini, venduto le donne come mogli per i loro uomini, ucciso una donna per come era vestita, hanno cavato gli occhi a una donna, torturato e ucciso uno dei nostri amati attori, assassinato uno dei nostri poeti storici, assassinato il capo della cultura e dei media del governo, hanno assassinato persone legate al governo, hanno impiccato pubblicamente alcuni dei nostri uomini, hanno disperso centinaia di migliaia di famiglie. Famiglie che ora sono nei campi di Kabul in condizioni terribili. Nei campi si saccheggia e i neonati muoiono perché non hanno latte. È una crisi umanitaria. Eppure il mondo resta in silenzio”.
È questo uno dei tanti accorati appelli che dall’Afghanistan sono stati lanciati al mondo nel corso di queste ore drammatiche. Un unico destinatario: chi desidera ascoltare e impegnarsi in difesa di questo popolo che, con la presa di Kabul, la capitale, per mano dei talebani, si appresta a vivere una stagione – l’ennesima – di sconfitte, violenze e assenza di ogni diritto.
In queste ore, mentre i 74 italiani che risiedevano in città sono stati rimpatriati a bordo dell’aereo Kc767 dell’Aeronautica Militare, nel Paese le condizioni peggiorano a vista d’occhio, migliaia di afgani disperati si sono precipitati sulla pista dell’aeroporto della capitale nel tentativo di fuggire dal Paese.
A denunciare la gravità della situazione è anche il personale della Clinica dell’Amicizia Italia-Afghanistan”, costruita nel 2008 grazie a un finanziamento della Provincia di Belluno e mediante l’impegno degli Alpini del settimo Reggimento di stanza a Belluno. Medici, infermieri e operatori sociosanitari lanciano un disperato appello per salvare le proprie vite, messe a rischio dalla conquista talebana di Kabul e dalle inevitabili rappresaglie, già in atto.
Il Distretto 14 di Kabul, dove oggi sorge la Clinica, fino al 2008 era privo di presidi sanitari e la struttura, a prevalente vocazione materno-infantile, rappresenta una concreta risposta all’allarme sanitario. Nei giorni scorsi, mentre i talebani avanzavano in Afghanistan dopo il ritiro delle truppe occidentali, circolavano voci relative a quello che accadeva nelle aree riconquistate a danno, soprattutto, di coloro che nel corso di questi anni hanno cooperato con il governo filoccidentale.
La lettera
“Caro Gianni – il presidente di International Help Onlus, Gianni Sartorio, ndr – ti scrivo questa lettera con grande preoccupazione, ma prima di tutto vorrei ringraziare te e tutti i membri dell’International Help che dal 2008 ci avete permesso di offrire cure mediche a centinaia di migliaia di poveri nella periferia di Kabul. Purtroppo per quello che abbiamo fatto in questi ultimi 23 anni qui a Kabul oggi rischiamo la vita. I talebani stanno arrivando e noi siamo davvero spaventati, se non ci salvate ora vedrete sicuramente come i selvaggi talebani ci tortureranno e poi ci uccideranno. I talebani non hanno pietà per nessuno, specialmente per coloro che hanno lavorato con gli occidentali. Per questo vi chiedo disperatamente di venire ad aiutarci prima che sia troppo tardi”.