Bullismo significa essere deboli o fingersi forti? Oltre 9 giovani su 10 sono coinvolti in episodi di bullismo. La scuola, teatro principale. Non sono pochi gli episodi di violenza che negli ultimi anni hanno coinvolto adolescenti sia tra i banchi di scuola che lontani da quelle mura che dovrebbero garantire un po’ più di sicurezza. Nessun contesto, compreso il Web, sembra infatti del tutto estraneo al fenomeno: sono numerose le citazioni relative al quartiere (19,9%), all’ambiente sportivo (13,5%) e al tragitto casa/scuola (8,7%), mentre residuali (4,8%) sono i riferimenti all’ambiente religioso (chiesa, oratorio, gruppo scout).
Sul tema del bullismo è tornato Tiziano Ferro aprendo la puntata di Che tempo che fa (https://www.raiplay.it/video/2019/11/Che-Tempo-Che-Fa-del-24112019-ab64a6fa-96dd-4db1-8fbd-f8914e1d3247.html) andata in onda su Rai 2 domenica 24 novembre. “Le parole hanno un peso”, ha ribadito più e più volte l’artista soffermandosi su un tema a lui caro e che accende i riflettori su bulli e odiatori. Il tema era quello del bullismo a 360 gradi e non solo incentrato sull’omofobia. Il cantante ha presentato un lungo conto composto da termini usati per denigrare e canzonare qualcuno: grasso, puttana, nano, disadattato, frocio, criminale, negro, vecchia, terrone. “E per carità – ha aggiunto – smettiamola di difenderci tirando in ballo l’ironia e il sarcasmo: quelle sono arti delle quali bisogna imparare il mestiere. Non confondiamo le acque e i livelli”. Poi il riferimento alla legge sull’odio. “In questo Paese una legge contro l’odio non c’è, quindi: bulli e odiatori, tranquilli. Siete liberi!. Io intanto aspetto tempi migliori nei quali le parole avranno un peso”.
Tuttavia, prima di approdare tra i banchi del Parlamento per capire a che punto è la Legge sull’odio, bisognerebbe interrogarsi su quelle che sono le ragioni che spingono un ragazzo o una ragazza ad agire con violenza nei confronti di un coetaneo. Certo, mettere in atto comportamenti ostili e violenti contro altri coetanei e verso adulti, o nei confronti dei propri insegnanti come avviene da qualche tempo, è segno di un disturbo personale. Secondo alcuni psicologi infatti il bullismo è l’espressione di una patologia mentale sottostante, anche seria, che emerge nella relazione malata tra chi, il forte, agisce la violenza e chi, il debole, la subisce senza reagire.
Generalmente si ritiene che il bullismo sia un disturbo di natura sociale: si pensa dunque che il violento è violento perché proviene da una famiglia altrettanto violenta. In realtà, il bullismo non lo si può leggere come il prodotto del ceto sociale di provenienza e neppure ha rapporti con un qualche istinto connaturato alla specie umana che sarebbe naturalmente cattiva e perversa (si pensi ad esempio alla necessità di purificarsi dal peccato originale di biblica memoria). Il bullismo è una patologia che aggrava la condizione dell’autore di condotte criminose che in quanto tali peggiorano lo stato di chi è succube di questa violenza verbale oppure fisica. Per questa ragione il bullismo va contrastato con interventi mirati di prevenzione nelle scuole, con campagne di informazione e di sensibilizzazione, affinché la persona presa di mira non si senta sola o derisa.