La cleptomania viene considerata dalla psicologia e psichiatria come uno dei Disturbi del Controllo degli Impulsi ed è caratterizzata dalla ricorrente incapacità di resistere all’impulso di rubare oggetti che non hanno utilità personale o valore commerciale.
In particolare, la psichiatria definisce la cleptomania un’ossessione, perché il peso di questo pensiero fisso sarebbe talmente invadente da bloccare qualunque altro principio ideativo. Il malato viene inquadrato come una persona capace di intendere, ma mai di volere, visto che si renderebbe conto, abitualmente, del gesto che commette e anche delle conseguenze a cui va incontro, ma nonostante questo, la spinta ad agire, e quindi la gratificazione del gesto gli sembrerebbero, ugualmente, superiori ad ogni opposizione.
La psicoanalisi, invece, risale ad un senso di colpa inconscio che potrebbe attivare stati depressivi e di angoscia; secondo questa spiegazione del fenomeno, le cause del gesto sarebbero da ricercare soprattutto nel desiderio della punizione, che diverrebbe quindi un atto compensatorio risollevante.
Il furto infatti non viene compiuto per vendetta, rabbia, dietro ad un delirio o ad un’allucinazione ma dall’incapacità a resistere ad un desiderio impellente.
In genere gli oggetti rubati da chi soffre di cleptomania sono di scarso valore per il soggetto che spesso li cede o li butta via. Più raramente può anche conservali e restituirli di nascosto. Spesso comunque, come accade negli altri disturbi simili, il gesto non controllato è seguito da profondi sensi di colpa e da auto-disapprovazione. Ciononostante, solitamente il ciclo si ripete costantemente senza che la persona cleptomane possa interromperlo, se non astenendosi da frequentare tutti i luoghi dove possa essere indotto in tentazione, come i negozi ed i supermercati.
Il paziente affetto da cleptomania di solito non programma il furto, lo mette in atto da solo senza la complicità o l’assistenza di nessuno altro prestando attenzione a non essere visto e poi arrestato.
L’atto di rubare è preceduto da una sensazione di crescente tensione accompagnata da piacere, gratificazione e sollievo in seguito al furto. Il soggetto si rende conto dell’insensatezza dell’atto ed in seguito a ciò può esperire uno stato di depressione e un forte senso di colpa.
La cleptomania può causare difficoltà legali, familiari, di carriera e personali. Può aver inizio a qualsiasi età ma raramente avviene negli adulti. In Europa, la patologia sembra essere più frequente tra le donne rispetto agli uomini, così come accade per lo shopping compulsivo (con cui ha molte affinità).
La cleptomania può subire delle evoluzioni e dei cambiamenti, per esempio i soggetti possono rubare sporadicamente alternando lunghi periodi di remissione. Successivamente, episodi di furto possono alternarsi a periodi di remissione oppure la patologia può essere cronica. Il disturbo può comunque continuare per anni nonostante le multiple condanne per furto, se non adeguatamente trattato.
La cura della cleptomania è possibile, purché il soggetto sia veramente motivato a farsi aiutare, e richiede necessariamente un intervento psicoterapeutico di tipo cognitivo comportamentale. In alcuni casi può aiutare anche una terapia farmacologica di sostegno, per un certo periodo, specialmente qualora il disturbo si associ a sintomi depressivi.
Tuttavia, alcuni medici sconsigliano gli psicofarmaci, proprio perché queste dipendenze assomigliano a quelle per cui si cerca spasmodicamente una droga: prescrivere una pillola agirebbe da rinforzo. Solamente nei casi realmente più gravi le medicine risultano necessarie. Ad esempio, per le personalità con tratti psicotici, antisociali e aggressivi, che non si limitano a rubare un oggetto, ma compiono atti vandalici come quello di rompere le vetrine di un negozio. In tal caso sono indicati, accanto alla psicoterapia, gli antidepressivi come la paroxetina, che aiutano a stabilizzare l’umore.