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Impresa sociale tra crescita e innovazione
Lo scorso 11 luglio alla Camera sono stati presentati i dati della XI edizione dell’Ossevatorio Isnet sull’Impresa sociale.
Lo scorso 11 luglio, con il nostro consigliere di amministrazione Luciano Dragonetti, abbiamo partecipato alla Camera dei deputati alla presentazione dei dati della XI edizione dell’Ossevatorio Isnet sull’Impresa sociale.
L’evento è stato un’occasione per ulteriori riflessioni sullo stato dell’arte e le sfide aperte per l’impresa sociale dai mutamenti dei mercati e dalle novità introdotte dalla Riforma del Terzo Settore i cui decreti sono stati appena approvati dal Consiglio dei Ministri.
Per realizzare l’indagine, Isnet ha interrogato i propri panel di Cooperative sociali (400), Imprese sociali ex lege (100) e Società Benefit con certificazione B Corp ad oggi presenti in Italia, con l’obiettivo di valutare la capacità dell’impresa sociale di cogliere le trasformazioni e le opportunità.
Sono emersi dati positivi: per il terzo anno consecutivo crescono le cooperative sociali che dichiarano un andamento in crescita per il 2016 (+8,4% rispetto all’anno precedente) e il 41,5% prevede di chiudere in crescita il 2017. Anche sul fronte occupazionale i dati sono positivi: il 39% prevede un aumento del personale per il 2017, con un incremento di quasi 12 punti percentuali rispetto allo scorso anno.
La ricerca arriva a distanza di poco tempo dall’approvazione dei decreti della Riforma del Terzo Settore da parte del Consiglio dei ministri, una tappa fondamentale soprattutto per le cooperative sociali, a cui la Riforma attribuisce in automatico la qualifica di imprese sociali.
I dati dimostrano un certo dinamismo, ma emerge anche che non tutte riescono a cogliere in pieno le opportunità: il 70% del Panel dichiara di non aver completamente raggiunto gli obiettivi di innovazione, e lamenta soprattutto la mancanza di risorse (84,3% degli intervistati). Pochissimi conoscono i nuovi strumenti di capitalizzazione (social bond, capitali di rischio, equity crowdfunding, social lending) previsti dalla riforma del Terzo Settore.
Un altro 8% afferma di essere contrario a queste forme di capitalizzazione per paura di perdere la governance: tra questi, risulta abbastanza diffuso il ricorso ai ‘soci sovventori’ in caso di esigenze finanziarie. I sistemi di valutazione dell’impatto sociale rappresentano una modalità efficace per fornire evidenze sugli effetti generati dall’impiego delle risorse; solo il 5% dichiara però di aver già identificato una modalità per definire il proprio sistema di valutazione di impatto sociale.
All’interno di questo scenario, emergono due tipologie di organizzazioni: una prima tipologia di soggetti (pari al 4%) altamente performanti sotto il profilo dell’innovazione, dell’apertura di nuove aree geografiche e del rapporto con la finanza; una seconda tipologia (22%) più debole ma predisposta al cambiamento.
“Dati incoraggianti”, li ha definiti così Luigi Bobba, sottosegretario al Lavoro, con l’auspicio che “l’impatto sociale diventi una cultura diffusa e non solo un obbligo”.
Come ha commentato la presidente dell’Associazione Isnet, Laura Bongiovanni, “C’è un’avanguardia di imprese sociali, che può generare fenomeni di imitazione; ma il dato interessante è che una impresa sociale su cinque presenta forte attitudine al cambiamento e allo sviluppo e, se sostenuta con processi di accompagnamento e trasferimento delle buone pratiche, può aumentare la capacità di cogliere le novità e le opportunità introdotte dalla Riforma”.
Per il direttore di Banca Etica, Alessandro Messina, “le imprese sociali hanno una grande sfida da affrontare: cogliere le opportunità che vengono dalle nuove norme, dalle inedite attenzioni della finanza mainstream, dalle tecnologie digitali, senza perdere la propria identità, anzi sfruttando l’occasione per riaffermare il proprio ruolo di agenti della trasformazione sociale e non attori subalterni di un welfare privatizzato”.
Giuseppe Guerini, portavoce Alleanza Cooperative italiane, ha spiegato che “l’impresa sociale deve perseguire un’innovazione fuori dalle mode, e l’auspicio è che dalla Silicon Valley si crei in Italia la Social Economy Valley “.
Edoardo Patriarca, presidente del Cnv (Centro nazionale del volontariato), ha infine sottolineato che “il Terzo settore nelle sue diverse forme organizzative rappresenta l’avventura di dare senso alla dimensione relazionale anche avviando percorsi di contaminazione con il mondo dell’impresa profit”.