Per quale ragione non posso decidere della mia vita? È la domanda che nelle ultime ore circola tra i banchi della pubblica piazza, fisica e virtuale, a seguito dell’affossamento del referendum sull’eutanasia. La Corte Costituzionale infatti ha giudicato inammissibile il referendum sull’eutanasia attiva, promosso anche tramite una call to action organizzata dall’Associazione Luca Coscioni. Ben 1,2 milioni le firme raccolte. A rispondere all’interrogativo, in una formula del tutto inedita, è stato lo stesso Presidente della Corte Costituzionale Giuliano Amato che, nel corso di una conferenza stampa convocata in modo del tutto straordinario, ha elencato le ragioni del “no” dato dall’organismo da lui presieduto.
“Leggere o sentire che chi ha preso la decisione non sa cosa è la sofferenza – ha commentato – ci ha ferito ingiustamente. Si sarebbe finito per legittimare l’omicidio del consenziente ben al di là dei casi per i quali ci si aspetta l’eutanasia”. Così il presidente della Corte costituzionale ha spiegato la decisione con cui l’organo martedì ha ritenuto inammissibile il quesito sull’omicidio del consenziente (“eutanasia legale”), promosso da un comitato che ha per capofila l’Associazione Luca Coscioni, ritenendo che “a seguito dell’abrogazione, ancorché parziale, della norma, non sarebbe preservata la tutela minima costituzionalmente necessaria della vita umana.
Il referendum infatti proponeva di abrogare una parte dell’articolo 579 del codice penale, che punisce l’omicidio di una persona consenziente: così facendo ci sarebbero state tutte le condizioni per consentire l’eutanasia attiva, che avviene quando il medico somministra il farmaco necessario a morire e che ad oggi in Italia non è previsto dalla legge. Nel 2019 proprio dai banchi della Corte Costituzionale era partito il dibattito pubblico sull’eutanasia e il suicidio assistito quando era intervenuta sulla morte di Fabiano Antoniani, a tutti noto come “DJ Fabo”, stabilendo che a determinate condizioni non è punibile una forma di eutanasia definita assistenza al suicidio, cioè quando una persona di fatto permette a un’altra di suicidarsi.
Intanto dall’Associazione Luca Coscioni, tramite una nota, informano che il loro cammino verso la legalizzazione dell’eutanasia non si ferma qui. “Certamente – si apprende dal comunicato stampa diramato – la cancellazione dello strumento referendario da parte della Corte costituzionale sul fine vita renderà il cammino più lungo e tortuoso, e per molte persone ciò significherà un carico aggiuntivo di sofferenza e violenza. Ma la strada è segnata’”. “L’Associazione Luca Coscioni non lascerà nulla di intentato, dalle disobbedienze civili ai ricorsi giudiziari, “dal corpo delle persone al cuore della politica”. Ci rivolgeremo anche alle forze politiche e parlamentari, in questi anni particolarmente assenti o impotenti, e prenderemo in considerazione la possibilità di candidarci direttamente a governare per realizzare le soluzioni che si affermano ormai in gran parte del mondo democratico. Il prossimo appuntamento è per l’11 e 12 marzo a Varsavia, per il Congresso del Movimento paneuropeo Eumans convocato insieme all’associazione Luca Coscioni per aprire un fronte europeo di iniziative per la libertà di scelte di fine vita e per l’abrogazione delle norme proibizioniste a livello europeo!”.