L’esame con microbolle, che sono più piccole di un globulo rosso, permette di riconoscere le lesioni maligne del fegato.
L’esame con microbolle, che sono più piccole di un globulo rosso, è capace di riconoscere lesioni maligne. Quali sono le caratteristiche dell’esame microbolle e come funziona?
Alle agenzie di stampa l’ha spiegato Marco Salvatore, ordinario di Diagnostica per Immagini e Radioterapia presso la Facoltà di Medicina dell’Università Federico II di Napoli: “Come per la classica ecografia il paziente deve essere a digiuno da 6 ore. Si iniettano così 2 ml circa di mezzo di contrasto che contiene traccianti a base di microbolle con un guscio lipidico e all’interno gas inerti. In 2 ml ce ne sono circa 300 milioni. Quando arrivano a livello epatico, evidenziano le eventuali lesioni e permettono di distinguere quelle maligne. L’indicazione è nel follow up dei pazienti con epatiti, nella ricerca di metastasi epatiche in malati oncologici, nella caratterizzazione di lesioni in pazienti con cirrosi epatica e nel follow up dei trattamenti loco regionali. Oltre tutto bisogna rilevare che questi mezzi di contrasto non sono nefrotossici, a differenza di quelli della Tac. Per quanto concerne la sensibilità, invece, è di circa il 90% per lesioni sotto i 2 cm, mentre per quelle superiori si avvicina al 100%. Certo, la diagnostica si è evoluta nel tempo: la Tac trifasica ha una sensibilità leggermente superiore, ma espone a radiazioni ionizzanti e il mezzo di contrasto può causare allergie, oltre a essere nefrotossico. Anche la risonanza magnetica dà risultati leggermente superiori, ma anche in questo caso, oltre al costo più elevato, c’è da considerare la questione della nefrotossicità”.