Terapia immuno-cellulare: nuova scoperta italiana per combattere il cancro
Secondo l’Associazione Italiana di Oncologia medica, l’Italia è il primo paese in Europa per la cura del cancro. Il primato italiano per le guarigioni è soprattutto nei tumori più frequenti come quelli del colon (60,8% vs 57%), del seno (85,5% vs 81,8%) e della prostata (88,6% vs 83,4%).
La ricerca sta facendo grandi progressi ed è recente la notizia, ripresa in questi giorni dai media nazionali e internazionali, di una terapia immuno-cellulare in grado di contrastare la recidiva dei tumori. La scoperta orgogliosamente italiana è frutto di uno studio realizzato dall’IRCCS San Raffaele di Milano, presentato in questi giorni a Washington in occasione del meeting AAAS e pubblicato su “Science Transnational Medicine”.
La ricerca punta a produrre cellule killer T geneticamente elaborate, una sorta di arma artificialmente elaborata dal sistema immunitario, in grado di convivere con qualsiasi cancro nel sistema sanguigno e contrastarlo.
Per saperne di più Mutua Mba, Società di Mutuo Soccorso, attenta nel divulgare tempestivamente notizie di questo tipo, soprattutto quando si tratta di successi made in Italy, ha contattato l’Ufficio Stampa dell’Istituto di Ricerca San Raffaele il quale ha spiegato quali sono state le fasi che hanno portato l’equipe della Professoressa Chiara Bonini, vicedirettore della Divisione di Immunologia, Trapianti e Malattie Infettive, e del Professor Fabio Ciceri, direttore dell’Unità di Ematologia, al grande successo nel campo della ricerca.
Come prima cosa è stato verificato che i parametri immunologici dei pazienti a distanza di anni dal trapianto e dalla terapia genica, fossero uguali a quelli che si trovano in soggetti sani e di pari età. Il passo successivo è stato quello di identificare quali cellule del sistema immunitario resistono nel tempo e quali di queste potranno essere ‘armate’ in futuro per combattere più efficacemente le leucemie.
La Professoressa Chiara Bonini ha dichiarato alla stampa: “Siamo partiti avvantaggiati perché i linfociti erano stati modificati tramite la terapia genica ed era possibile quindi rintracciarli nei pazienti a distanza di tempo. Attraverso dei marcatori molecolari è stato così possibile identificare i linfociti T nei pazienti a distanza di 2-14 anni dalla loro infusione. Ci siamo chiesti quale, tra tutti i sottotipi di linfociti T che erano stati infusi 2-14 anni prima, fosse capace di persistere a lungo termine e abbiamo notato che le cellule più capaci di espandersi e di mantenersi a lungo sono le cellule definite memory stem T cells. Da anni stiamo studiando il ruolo delle memory stem T cells nella memoria immunologica, in questo lavoro abbiamo verificato il loro effettivo contributo in pazienti con leucemia”.
Questa scoperta ha importanti conseguenze per lo sviluppo dell’immunoterapia dei tumori. “Oggi è possibile ‘armare’ geneticamente i linfociti T in modo che riconoscano ed eliminino le cellule tumorali residue con precisione ed efficacia -ha spiegato Chiara Bonini- grazie a questo studio possiamo supporre che se armiamo geneticamente la sottopopolazione di memory stem T cells, sopravvivranno molto a lungo nel paziente, contribuendo a mantenere la remissione. La presenza del gene suicida ci permetterà inoltre di controllare le eventuali tossicità”.
Un plauso anche da parte di Mutua Mba per l’innovativa scoperta che ha le armi giuste per contrastare i tumori e che pone l’Italia in cima alla scala dei più importanti successi internazionali.