Gli effetti negativi dell’inquinamento atmosferico sono sempre più evidenti e devastanti, nel Pianeta e sulle persone. In modo specifico, sono sempre più frequenti negli ultimi tempi le campagne informative e di sensibilizzazione per liberare l’aria dagli agenti inquinanti e per incentivare le persone all’utilizzo, soprattutto negli spostamenti veloci, di mezzi decisamente più sostenibili. Ma questo non basta. Di recente infatti l’esposizione materna all’inquinamento atmosferico da particolato durante la gravidanza è stata collegata a molteplici esiti avversi alla nascita che causano non poche malattie al feto e, più avanti, al bambino. A scaldare il dibattito pubblico sul tema è stata proprio ricerca pubblicata sulla rivista scientifica Lancet Planetary Health e a firma di un team di ricercatori belgi e scozzesi, che ha individuato livelli altamente elevati di particolato nei polmoni, nel fegato e nel cervello dei feti prima della ventesima settimana di gestazione.
Una scoperta “estremamente preoccupante” che riguarda una fase critica dello sviluppo fetale, durante la quale il contatto con agenti inquinanti può avere conseguenze irreparabili. La ricerca è partita da quanto emerso da indagini precedenti, che avevano evidenziato il nesso tra livelli elevati di particolato nell’aria e un crescente rischio di aborti spontanei, nascite premature, neonati con un basso peso alla nascita o che presentino difetti dello sviluppo cerebrale. Oggi però lo studio pubblicato ci mette di fronte a una realtà dura: gli inquinanti atmosferici attraverso la placenta arrivano direttamente all’organismo del feto condizionandone lo sviluppo.
“Abbiamo dimostrato per la prima volta – commenta Paul Fowler dell’Università di Aberdeen – che le nanoparticelle di black carbon provenienti dall’atmosfera raggiungono non solo la placenta già nel primo e nel secondo trimestre di gestazione, ma sono in grado di penetrare negli organi dei feti in via di sviluppo. Quel che è ancora più preoccupante è che queste particelle di fuliggine raggiungono anche il cervello umano. Questo significa che possono persino interagire direttamente con i sistemi di controllo all’interno degli organi e delle cellule fetali”. I ricercatori si sono concentrati sui campioni di placenta e di sangue cordonale raccolti in Belgio, dimostrando che in entrambi si riscontrano livelli elevati di particolato carbonioso (“black carbon”), uno dei tipi più pericolosi di particelle che formano il particolato atmosferico. Ricorrendo alla banca dati scozzese che raccoglie tessuti prelevati da interruzioni di gravidanza volontarie, hanno cercato traccia delle particelle di fuliggine nell’organismo dei feti individuandole nel fegato, nei polmoni e nel cervello.