L’Italia si conferma al primo posto tra i paesi che in Europa eseguono il maggior numero assoluto di trapianti di fegato. L’ultimo intervento balzato all’onore delle cronache è di questa estate quando una paziente di 52 anni affetta da metastasi da adenocarcinoma del colon e sulla quale la chemioterapia non aveva più effetto, ha ricevuto due porzioni di fegato da donatori viventi. A salvare la donna sono stati due suoi nipoti, di 28 e 30 anni, che si sono sottoposti all’espianto. A differenza delle donazioni tradizionali da vivente, quando a un singolo donatore si esporta il 65% del fegato, i due giovani hanno deciso di donare il 25% del proprio fegato, permettendo il doppio trapianto per ricostruire l’organo della zia. Una bella storia che non solo rappresenta a dovere il primato italiano su scala europea ma che accompagna i numeri raggiunti nel paese dai primi anni 2000, quando si contavano 7/800 trapianti all’anno, al 2019 con 1200 interventi. Nel 2022 le operazioni chirurgiche di questo tipo sono state 1.474.
In relazione ai trapianti da donatori deceduti, l’età di questi ultimi è sempre più avanzata: quasi il 50% aveva più di 60 anni al momento del decesso e il 26% più di 70. Nel 2022 è stato eseguito il primo prelievo di fegato al mondo da una donatrice deceduta a 100 anni, 10 mesi e 1 giorno. Il rapporto di valutazione realizzato dall’area Sistema informativo e di elaborazione dati del Centro nazionale trapianti indica che sono aumentate le percentuali di sopravvivenza. Considerando tutti i trapianti di fegato eseguiti dal 2000 al 2020 nei pazienti adulti a 1 anno dal trapianto, la sopravvivenza è dell’87,2%, mentre a 5 anni è del 75,8%; considerando invece il periodo 2014-2020, la sopravvivenza è aumentata all’89,5% a 1 anno e ha superato il 90% nel 2020, con un aumento di oltre il 10% rispetto al 2000. Anche nei bambini la sopravvivenza a 1 anno è aumentata dal 90% e al 92.2% e supera il 90% anche a 5 anni dal trapianto.
Tra i centri che mantengono un primato a livello nazionale c’è il Polo Interaziendale Trapianti (Poit) dell’azienda ospedaliera San Camillo-Forlanini ed INMI Spallanzani che ha raggiunto un obiettivo importante nell’ambito del programma trapianto di fegato. A metà agosto l’equipe Chirurgia Generale e Trapianti ha toccato la quota di 50 trapianti di fegato da inizio anno arrivando in tal modo al 700esimo trapianto di fegato. Un risultato notevole che conferma il ruolo di primo piano del Poit, che nel 2022, con ben 66 trapianti di fegato, ha toccato il record di questa tipologia di interventi nella regione Lazio. Nel corso del 2023 invece il centro ha portato avanti i primi trapianti multiorgano da donatore a cuore non battente (Dcd). Inoltre, si assiste a un aumento dell’adozione di tecniche di organ recovery per organi marginali.
“Perché un trapianto abbia successo – racconta Narciso Mostarda, direttore generale dell’Azienda Ospedaliera San Camillo-Forlanini – è necessario un lavoro multidisciplinare perfettamente coordinato e specializzato, in grado di portare avanti una macchina di alta complessità che non può subire rallentamenti o fermarsi”. “Dietro a ogni trapianto – prosegue – c’è morte e rinascita, un percorso che viene seguito da decine di operatori in tutte le sue fasi, e sotto tutti i punti di vista, sia clinico-assistenziale che psicologico”. L’obiettivo, si legge sul sito dell’ente ospedaliero, è stato reso possibile grazie all’attività svolta dall’equipe di Chirurgia Generale e Trapianti diretta dal professore Giuseppe Maria Ettorre, dei due reparti di epatologia – UOC Malattie del fegato del San Camillo diretta dal dottor Adriano Pellicelli e la I Divisione dell’INMI Spallanzani diretta dal dottore Gianpiero D’Offizi, dal reparto di Anestesia e Rianimazione del San Camillo diretto dal prof Luigi Tritapepe, e dalla terapia intensiva INMI Spallanzani.
I risultati sono in linea con il trend in ascesa degli ultimi due anni, che hanno portato il Poit ad essere il primo centro nel Lazio per numero di trapianti di fegato e una realtà importante per i pazienti epatopatici di tutto il centro-sud. Anche quest’anno il 40% dei pazienti è arrivato da Calabria, Basilicata, Campania e Abruzzo. Fino al 2020 la media di trapianti del fegato portati avanti dal POIT viaggiava sotto i 35 interventi, per poi raddoppiare nel 2021 (61 casi), compiendo un ulteriore balzo in avanti del 9% nel 2022, con 66 casi.
Risultati mirabili anche per l’Emilia-Romagna con particolare riferimento al Centro Trapianti dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria di Modena dove, in piena estate, una paziente affetta da tumore del colon con metastasi al fegato è stata sottoposta a trapianto di fegato da donatore vivente. A seguito dell’intervento donatore e ricevente presentavano buone condizioni tanto da essere stati dimessi rispettivamente dopo tre e sei giorni dall’intervento. È stato questo il primo caso in Europa di trapianto di fegato da donatore vivente con prelievo eseguito con tecnica totalmente robotica per metastasi epatiche da tumore del colon. La relazione tra innovazione tecnologica e ricerca oncologica ha reso possibile questo intervento di straordinario impatto nelle cure dei pazienti affetti da tumore del colon con metastasi al fegato. Il trapianto è stato eseguito nell’ambito del protocollo sperimentale LIVERMORE, dedicato ai pazienti con metastasi epatiche da adenocarcinoma del colon non suscettibili di resezione chirurgica.