Già prima dell’insorgere della pandemia gli italiani erano poco inclini a investire nella salute. Oggi, più che mai, le risorse economiche delle famiglie destinate alle cure mediche sono sempre meno consistenti. Si pensi solo che nel corso del 2021 la metà delle famiglie ha rinunciato a prestazioni sanitarie, il 9,4% in più rispetto al 2018. È questo il principale dato che emerge dal “Bilancio di welfare delle famiglie italiane” presentato da Cerved e dal quale si evince che oltre la metà dei nuclei familiari italiani (50,2%) ha rinunciato a prestazioni sanitarie per difficoltà economiche, indisponibilità del servizio o inadeguatezza dell’offerta. A questo proposito, la crisi scaturita dall’emergenza sanitaria ha condizionato – in negativo – l’attuale quadro di analisi.
A lanciare l’allarme è l’Associazione nazionale dentisti italiani secondo cui i due anni di pandemia Covid hanno reso più critica la condizione della categoria. “L’impatto sulla nostra attività – ha detto ad AdnKronos il presidente Andi Carlo Ghirlanda – è stato enorme, possiamo stimare una riduzione del 50% degli accessi negli studi. I motivi? La paura del contagio, il problema delle quarantene e anche, in molti casi, una riduzione delle spese sanitarie che hanno portato a rimandare il controllo o l’intervento“. Solo nel 2020, un’analisi del centro studi dell’Andi stimava per il primo anno di pandemia un calo medio degli incassi pari al 24,6% e un calo del reddito pari al 25,7%.
“Tanti studi odontoiatrici stanno chiudendo e molti giovani che iniziano la professione, spesso da consulenti, perdono il lavoro”, denuncia Ghirlanda che avverte: “Se saltiamo noi, chi può dare assistenza odontoiatrica? Visto che il settore pubblico è quasi assente?”. Ma a pagare le conseguenze di questo impatto è la salute dei denti degli italiani: “chi sei mesi fa ha rimandato un controllo o un intervento per un problema oggi torna con una patologia nettamente peggiorata, per cui occorrerà più tempo e anche più spese”, osserva il presidente dell’Andi, denunciando anche “una grande confusione sul Green pass e sulle quarantene: ad esempio – rimarca – un paziente che ha fatto tre dosi, magari anche la malattia, è costretto al confinamento a casa senza poter venire in studio. Sono regole che andrebbero riviste”.
Per superare questa situazione, i dentisti propongono alcune misure considerato che a sostegno della categoria, dall’avvio della crisi sanitaria da Covid-19 ad oggi, non è stato previsto alcun ristoro fatta eccezione per tre mesi 1.000 euro al mese da parte dell’ente previdenziale di riferimento e di poche risorse da destinare all’acquisto dei dispositivi di protezione. La categoria dunque non richiede bonus o misure simili ma una defiscalizzazione, una riforma seria e condivisa.