La rabbia può essere trasmessa all’essere umano? È possibile. Il virus, essendo presente nella saliva dell’animale malato, può essere trasmesso a tutti i mammiferi principalmente con un morso, un graffio, o il semplice contatto della saliva con le mucose o la cute non integra. Annualmente si registrano circa 60 mila decessi in tutto il mondo, il 40% dei quali sono minori. Quando compaiono i sintomi il soggetto, che può essere tanto l’uomo quanto l’animale, è quasi certamente destinato alla morte, in quanto i danni provocati dal patogeno sono irreversibili. Nello specifico, la rabbia colpisce tutti i vertebrati omeotermi (“a sangue caldo”), anche se sono gli animali con un apparato dentario ben sviluppato (cani, volpi) ad essere più a rischio, in quanto la malattia si trasmette soprattutto con un morso.
Ma da oggi ci sono novità considerevoli rapportate alle tecnologie. Grazie all’impiego dell’intelligenza artificiale infatti nel continente africano ci si può proteggere dalla Rabbia con l’utilizzo di un’applicazione. Sviluppata a Blantyre, nel Malawi, quest’app aiuta a dimezzare il tempo per completare i programmi di vaccinazione degli animali e permette la rapida individuazione delle aree che hanno avuto bassi tassi di inoculazione, consentendo loro di agire in tempi rapidi e con meno personale. Secondo gli esperti, più di un milione di persone nel mondo moriranno a causa di questo virus tra il 2020 e il 2035 se i tassi di vaccinazione dei cani, associati al trattamento immediatamente dopo un morso, non aumenteranno. L’app, sviluppata insieme all’ente benefico Mission Rabie e al World Veterinary Service, consente ai team di registrare i dati sulle vaccinazioni e accedere alle posizioni Gps. Grazie a questo lavoro hanno preso di mira il 70% della popolazione di cani della città vaccinandoli in meno di due settimane con un recupero di 9 giorni rispetto al metodo adoperato in precedenza.
Pur essendo definita una malattia a diffusione mondiale, prevalentemente in Asia e Africa, la Rabbia non è presente in tutti i Paesi. Risulta infatti del tutto assente ai poli e in Regno Unito, Finlandia, Svezia, Grecia, Norvegia, Svizzera, Danimarca, Spagna e Portogallo. Diverso è per l’Italia in cui sono stati registrati dei casi in Veneto, Friuli e nella provincia autonoma di Trento. Se infatti fino al 2008 era nella lista dei Paesi “rabbia free”, successivamente, l’Istituto zooprofilattico sperimentale delle Venezie (IZSVe) ha diagnosticato centinaia di casi. I casi di rabbia diagnosticati sono da mettere in stretta correlazione con la situazione epidemiologica della rabbia silvestre nella vicina Slovenia.