Questo sito Web utilizza i cookie per offrirti la migliore esperienza utente possibile. Le informazioni sui cookie sono memorizzate nel tuo browser ed eseguono funzioni come riconoscerti quando ritorni sul nostro sito web e aiutando il nostro team a capire quali sezioni del sito web trovi più interessanti e utili.
La musica che fa bene al cuore
Qualsiasi tipologia di melodia musicale hanno un impatto positivo sul nostro organismo. Tuttavia, la musica classica vanta di un primato importante perché allevia il cuore allontanandolo da possibili disturbi o patologie.
Per il cuore tutti gli esseri umani, di qualsiasi età infatti, la musica classica risulta essere un vero e proprio calmante naturale.
Secondo uno studio di un team di cardiologi della Oxford University la musica classica che scorre allo stesso ritmo del cuore sarebbe in grado di tenere sotto controllo il battito cardiaco. Le note ridurrebbero la frequenza cardiaca e conterrebbero, così, la pressione del sangue.
La ricerca svolta, ha preso in considerazione sessanta pazienti colpiti da infarto miocardico acuto e ad sono stati incitati ad ascoltare grandi opere del genere classico. Ad altri invece, canzoni dei Beatles e news radiofoniche.
Mentre la musica di Mozart, ad esempio, ha fatto registrare significativi effetti positivi, i brani dei Fab Four e le notizie legate all’attualità non sono stati in grado di produrre benefici non ne hanno alcuno. I pazienti, ascoltando le arie del compositore, hanno avuto una sostanziale riduzione della pressione sanguigna sistolica.
Anche altri studi precedenti erano arrivati a conclusioni molto simili, ovvero che la musica classica riduce il livello di ansia nei pazienti con malattie coronariche, soprattutto in tutti coloro che sono stati colpiti da infarto.
Questo perché l’ascolto attiva nel cervello la produzione di endorfine, sostanze chimiche capaci di migliorare non solamente l’umore ed il benessere, ma sarebbero i grado anche di fortificare l’endotelio, il tessuto che riveste i vasi sanguigni, con un effetto protettivo del sistema cardiovascolare.
Quindi, far ascoltare a pazienti ipertesi pezzi di musica classica come l’Adagio di Mozart dal Divertimento n. 7 K 205, influisce positivamente riducendo la pressione sistolica (massima) in media di 6,5 mm Hg (millimetri di mercurio) e quella diastolica (minima) di 3,5 mm Hg.
Un altro studio, questa volta però condotto sui topi, dimostra che ci sono ricadute positive anche su chi è affetto da epilessia del lobo temporale, condizione neurologica cronica caratterizzata spesso da crisi epilettiche accompagnate, in taluni casi, da convulsioni.
Questa particolarità della musica classica attesta la veridicità della musicoterapia, una disciplina basata sull’uso della musica come strumento educativo, riabilitativo o terapeutico.
Si dice che le nostre reazioni nei confronti della musica sono la risultante di quanto abbiamo vissuto nel grembo materno per nove mesi. Spesso però, la condizione di un qualsiasi tipo di malattia porta il soggetto a chiudersi in sé stesso, rifiutando la comunicazione dei propri sentimenti con il mondo esterno. I
l suono, a seconda delle tonalità e della velocità, influenza il nostro cervello in maniera diversa, influenzando le risposte dell’organismo.
La musicoterapia permette di risvegliare, tramite una comunicazione non verbale, il nostro Io Sonoro, riuscendo a ottenere risultati che altre discipline, basate su approcci comunicativi standard, non ottengono.
In Italia, vi è una distinzione importante tra musicoterapeuta e musicoterapista: quest’ultimo è l’esecutore, ovvero colui che realizza il programma deciso dal musicoterapeuta, colui che detiene il compito di effettuare la diagnosi, decide la terapia e a conclusione del trattamento valuta i risultati ottenuti rispetto agli obiettivi prefissati.
In Italia, la figura professionale del musicoterapeuta non è riconosciuta dallo Stato. Una delle principali associazioni di musicoterapia, la Federazione italiana musicoterapeuti (FIM), organizza corsi per formare la figura professionale del musicoterapeuta. iori