Fonte: Health Online
È il sangue dei guariti a fornirci la soluzione per indebolire e sconfiggere il COVID-19. È questa, in sintesi, la dimostrazione scientifica che emerge dal progetto sperimentale avviato su un campione di 46 pazienti in piena pandemia dall’Ospedale San Matteo di Pavia, in collaborazione con il “Carlo Poma” di Mantova. È stato Alessandro Venturi, Presidente dell’Istituto di ricerca e ospedale lombardo, a illustrare nel dettaglio le fasi dello studio – i cui risultati saranno pubblicati su Jam (Journal of American Medical Association) – nel corso di un’audizione della Commissione Sanità del Senato. “Lo studio – spiega a Health Online Cesare Perotti, Direttore SIMT – Servizio Immunotrasfusionale Fondazione IRCCS Policlinico San Matteo – intende verificare la validità dell’uso del plasma ottenuto da pazienti guariti e ancora convalescenti nel neutralizzare il virus in malati in fase precoce con grave insufficienza respiratoria. Sarà paragonato l’uso di plasma iperimmune con l’uso di plasma che non lo è, a fronte di una tripla somministrazione ogni 48 ore. La ricerca si protrarrà per 18 mesi, esaminando la sopravvivenza a 30 giorni. I donatori saranno selezionati fra coloro che hanno sviluppato una elevata concentrazione di anticorpi contro la Covid”. Ad oggi l’Ospedale San Matteo rappresenta un punto di snodo per la lotta al virus: qui arrivano i contagiati del Pavese, del Lodigiano e del Cremonese. Ed è sempre nei laboratori del nosocomio di Pavia che è stato validato il test che informa se sei stato contagiato, ma soprattutto se hai sviluppato degli anticorpi capaci di impedire al virus di infettare le tue cellule. Qui il plasma è un’arma contro il COVID.
Dottor Perotti, la terapia al plasma è ritenuta un’ottima arma contro il Covid-19. Su quali evidenze scientifiche si basa la sua efficacia?
Intanto, il plasma donato da soggetti convalescenti/guariti è stato già utilizzato per la terapia di varie malattie infettive. Questa strategia è stata utilizzata fin dall’inizio del secolo scorso, ma ha ricevuto un crescente interesse nella terapia della Middle East Respiratory Syndrome da Coronavirus, nell’influenza aviaria (H1N1 e H5N1), nella SARS (Severe Acute Respiratory Syndrome) e nell’infezione da Ebola. Inoltre, a Pavia abbiamo concluso la sperimentazione che ha dato risultati che hanno superato le nostre più rosee aspettative, e questo ci dà grande soddisfazione.
L’emergenza epidemiologica in corso ci ha posto davanti a un contesto inedito oppure ci sono degli elementi che la relazionano ad altre pandemie (pensiamo, ad esempio, alla diffusione dell’Ebola)?
Il coronavirus è un virus nuovo, di cui si conosce poco, che ha avuto un impatto importante sulla salute dei cittadini, sul Sistema Sanitario Nazionale e sulla società. Non sono ancora stati approvati né un vaccino né una terapia antivirale specificamente rivolta al trattamento del COVID-19, per cui l’assistenza del paziente grave si basa principalmente sulla terapia di supporto. Varie opinioni di esperti sul controllo dell’infezione hanno suggerito l’utilizzo di plasma da convalescente nei casi di pazienti critici in cui i presidi terapeutici alternativi si dimostrino inefficaci o controindicati.
A Mantova e Pavia sono stati “arruolati” donatori di plasma. Per quale ragione e quali sono gli effetti prodotti da questa sperimentazione?
Si è pensato di studiare l’effetto della immunizzazione passiva somministrando anticorpi specifici contro il Coronavirus contenuti nel plasma ottenuto dai soggetti convalescenti, tenuto conto che il suo utilizzo potrebbe avere un ruolo terapeutico, senza gravi controindicazioni nei pazienti critici e la possibilità di raccogliere il plasma mediante procedura di plasmaferesi con rapidità ed efficacia, mettendolo immediatamente a disposizione del paziente che ne abbia necessità. Il protocollo è stato attivato il 17 marzo e si è concluso l’8 maggio. I risultati, come dicevo prima, sono stati molto positivi. Si è potuta registrare una riduzione della mortalità nonché un miglioramento degli altri parametri: i valori del distress respiratorio miglioravano entro la prima settimana e i tre parametri fissati per l’infezione erano diminuiti in maniera altrettanto importante.
Una seconda ed eventuale ondata potrebbe essere effettivamente arginata dalle cosiddette “banche del plasma”?
La speranza è quella di non doverlo usare. Tuttavia, è nostro dovere, con tutto quello che è stato fatto finora e con l’esperienza maturata, preoccuparci di costruire una banca del plasma che ci permetta di essere pronti per un’eventuale seconda ondata di contagi.