Dichiarano guerra aperta a virus e batteri. Non è un caso infatti che dall’inizio della pandemia le loro vendite siano balzate alle stelle entrando a far parte dell’arredo domestico di milioni di famiglie. Si tratta delle lampade germicide a raggi ultravioletti che, intese come un sicuro alleato di ambienti puliti e sanificati, sono oramai presenti in numerose abitazioni. Nello specifico, si tratta di lampade a LED che sfruttano la capacità della radiazione UV-C (280 nm – 100 nm) di uccidere i batteri e inattivare i virus. Solo nell’estate 2020 infatti si era detto che, oltre a mascherine e precauzioni varie, il mix tra i vaccini e i raggi solari della bella stagione avrebbero sconfitto COVID-19. Dal sole alle lampade artificiali, i raggi Uv sono in grado di uccidere il coronavirus Sars-CoV-2. A certificarlo sono stati gli scienziati italiani basandosi su più ricerche: in particolare, lo studio sperimentale multidisciplinare condotto da un gruppo di ricercatori con diverse competenze dell’Istituto nazionale di astrofisica (Inaf), dell’Università Statale di Milano, dell’Istituto nazionale tumori (Int) del capoluogo lombardo e dell’Irccs Fondazione Don Gnocchi, risponde al tema molto dibattuto.
Nonostante questo il Ministero della Salute ha deciso di fare luce su questi dispositivi specificando che la radiazione ultravioletta in tutte le sue componenti UV-A, UV-B ed UV-C è classificata dalla Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC) nel Gruppo 1 degli agenti certamente cancerogeni per l’uomo.
Allora la domanda sorge spontanea: l’esposizione diretta delle persone alla radiazione UV-C può essere dannosa sia per gli occhi che per la cute? Il rischio – si legge sul sito del Ministero – dipende da una serie di fattori, come, ad esempio, la lunghezza d’onda di emissione, l’intensità della radiazione, la durata dell’esposizione, la distanza dalla sorgente ecc. L’esposizione accidentale agli UV-C generati da lampade germicide nell’intervallo di lunghezze d’onda tra i 280 nm e i 100 nm è in grado di causare gravi danni, quali irritazioni, eritema, ustioni e gravi forme di fotocheratite e infiammazione della cornea, in soggetti esposti anche per brevi periodi.
In merito è intervenuta anche l’Organizzazione Mondiale della Sanità. L’Istituto Superiore di Sanità, come riportato nel Rapporto ISS COVID-19 n. 12/2021 Raccomandazioni ad interim sulla sanificazione di strutture non sanitarie nell’attuale emergenza Covid-19: ambienti/superfici (aggiornamento Rapporto ISS COVID-19 n. 25/2020), ne sconsiglia addirittura l’utilizzo per impiego non professionale. La radiazione UV-C non può inattivare un virus o un batterio che non sia esposto direttamente alla radiazione. Ad esempio, i patogeni non saranno inattivati se coperti da polvere, incorporati in una superficie porosa o se si trovano sul lato non irraggiato di una superficie, o se la lampada stessa risulta coperta da polvere o sporcizia.