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L’estate è alle porte e l’Italia potrebbe diventare tutta zona bianca. L’ipotesi di vaccinarsi in vacanza
“C’è una decrescita dell’epidemia in atto in tutti i Paesi europei e in Italia c’è una decrescita in tutte le regioni. Decresce anche l’incidenza: più regioni decrescono infatti collocandosi sotto i 50 casi per 100mila abitanti. L’età media dei casi è di 39 anni, in calo, ed è di 60 anni l’età media dei ricoverati, il che vuol dire che la campagna vaccinale sui piu anziani sta dando i suoi frutti”. Lo ha detto il Presidente dell’Istituto Superiore di Sanità, Silvio Brusaferro, alla conferenza stampa al ministero della Salute sull’analisi dei dati del monitoraggio settimanale della Cabina di Regia.
Alla luce di questi ultimi dati il ministro della Salute, Roberto Speranza, ha firmato una nuova Ordinanza, che entrerà in vigore da oggi lunedì 7 giugno, con il passaggio delle Regioni Abruzzo, Liguria, Umbria e Veneto in area bianca.
Il 7 giugno è anche il giorno in cui il coprifuoco verrà spostato a mezzanotte nelle zone gialle, mentre nelle aree bianche il divieto di circolazione notturno decade.
Se i dati sull’incidenza confermano una decrescita, alla prossima scadenza del 14 giugno potrebbero passare in zona bianca altre cinque regioni – Emilia-Romagna, Lazio, Lombardia, Piemonte e Puglia – e la provincia autonoma di Trento.
Insomma, con l’arrivo dell’estate, il 21 giugno, tutte le regioni potrebbero passare in zona bianca e nello stesso giorno si potrebbe dire addio, almeno all’aperto, all’utilizzo delle mascherine.
Per il presidente dell’Agenzia italiana del farmaco (Aifa), Giorgio Palù, le misure di prevenzione quali il distanziamento e l’obbligo di indossare la mascherina, nei luoghi al chiuso, vanno mantenuti anche dopo la seconda dose del vaccino anticovid. “La campagna vaccinale – ha affermato – dovrà restare aperta dopo la seconda dose. La copertura va rinnovata, quando trascorre il periodo che garantisce l’efficacia delle prime due dosi. Siamo comunque coperti dalla malattia e dai suoi effetti gravi, ma non è ancora chiaro quanto saremo protetti dall’eventuale trasmissibilità del virus. Per questo, anche dopo la vaccinazione, per il momento è consigliabile continuare a mantenere precauzioni, come la mascherina e le distanze. Soprattutto negli ambienti chiusi”.
Alla domanda: per quanto tempo dobbiamo ritenerci protetti dal vaccino anti-Covid? Palù ha risposto che “I dati ufficiali ci dicono che abbiamo copertura vaccinale per 6 mesi. Questo significa, naturalmente, che dovremo prepararci alla somministrazione di una terza dose per chi ne ha avute due e di una seconda per chi, guarito dal Covid, ha ricevuto una sola dose di vaccino come prevedono i protocolli. Ci sono alcuni lavori scientifici che parlano di copertura anche dagli 8 agli 11 mesi, legati agli anticorpi sviluppati e alle cellule memoria. Siamo sicuramente coperti dalla malattia, ma non si può escludere la possibilità del contagio. Sapremo dalle richieste che le aziende farmaceutiche presenteranno agli enti di controllo sui farmaci e dalla vaccinazione di massa dopo quanto tempo dalla seconda dose sarà necessario fissare la somministrazione della terza”. Va anche considerato che “le varianti incidono sulla produzione di anticorpi neutralizzanti e sulla loro durata”, ha aggiunto il virologo che ha inoltre evidenziato come, “stabilire quando sarà necessario somministrare la terza dose, serve anche a comprendere le regole da seguire per i famosi passaporti vaccinali europei”. Il problema è che regole uguali per tutti i Paesi europei non esistono ancora “e io mi auguro davvero – ha auspicato – che l’Europa trovi regole omogenee per tutti gli Stati membri. Il rischio è che ognuno decida per conto proprio, creando disparità e confusione. Andranno pertanto stabilite regole comuni sulla durata massima della copertura vaccinale, cui agganciare non solo i tempi della terza dose, ma anche quelli del passaporto vaccinale europeo“.
Intanto con l’arrivo della stagione estiva, la Commissione Salute delle Regioni ha stilato un documento sul vaccino per i turisti: candidatura o prenotazione della seconda dose presso la regione di soggiorno – purché quest’ultimo sia di lunga durata – vaccinazione in farmacie o hub e, infine, rilascio del certificato di avvenuta somministrazione del richiamo con la trascrizione all’anagrafe vaccinale nella regione di residenza. A valutare l’idoneità delle candidature sarebbero comunque le Regioni di soggiorno, per poi fornire data e luogo via sms, garantendo però la disponibilità del tipo di vaccino richiesto.
Il commissario straordinario all’emergenza coronavirus Francesco Paolo Figliuolo ha dichiarato di non essere contrario alla vaccinazione in vacanza, ma “la priorità dell’Italia è vaccinarsi”. Figliuolo ha firmato una lettera per tutte le Regioni e le Province Autonome per trovare delle soluzioni di massima flessibilità per le prenotazioni e penso in particolare alle classi più giovani, quelle che adesso cominceranno a girare per l’Italia. “Evitare transumanze di vaccini in luoghi di Italia dove ci sono presidi piccoli che hanno difficoltà nel fornire le dosi ad agosto”, ha detto Figliuolo.
Con l’approssimarsi della stagione estiva e della chiusura delle scuole, si chiede di “attuare procedure flessibili di prenotazione della vaccinazione (nei portali, call center, ecc.) che consentano ai cittadini la definizione della tempistica vaccinale già dalla scelta della data della prima dose, in modo da evitare, per quanto possibile, che la seconda somministrazione coincida con i periodi di assenza dalle zone di residenza-assistenza-domicilio”.
La proposta vagliata dalle Regioni per la somministrazione della seconda dose ai turisti che fanno soggiorni lunghi fa discutere gli esperti.
Per epidemiologo e assessore alla Salute della Regione Puglia, Pier Luigi Lopalco: “La vaccinazione in vacanza è un’opzione da tenere presente, non tanto per chi fa vacanze brevi, per le quali ci si può organizzare grazie all’elasticità che i vaccini disponibili, ma per le persone che trascorrono un periodo lungo, magari nella Regione d’origine. È questo è il caso sicuramente della Puglia dove in tanti tornano per un mese o due. A queste persone il vaccino va garantito”. “Si tratterà – ha affermato Lopalco all’Adnkronos – di chiedere ai cittadini che fanno la seconda dose di portare la documentazione della prima dose. E organizzare spazi adeguati per le persone che non hanno potuto in alcun modo spostare il secondo appuntamento nella Regione di residenza. Sono persone che potremmo considerare temporaneamente residenti, come abbiamo fatto per altre categorie nei mesi scorsi”.
Favorevole alla vaccinazione in vacanza Carlo Signorelli, docente di Igiene e Sanità pubblica all’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano, ma ha fatto notare due problemi da superare. “Primo, occorre prevedere il ‘dialogo’ tra i sistemi informatici delle diverse Regioni, per evitare errori e somministrare il vaccino giusto nel giorno giusto. In secondo luogo, è necessario anche tener conto degli approvvigionamenti delle dosi e del riequilibrio necessario. Occorre fare un piano di ‘vaccinazioni in vacanza’ che deve tener conto dell’arrivo dei vaccini nelle diverse Regioni. Credo che con un piccolo sforzo si possa fare. Se si mettesse in piedi un sistema di prenotazioni per la seconda dose per chi è in ferie ‘fuori sede’, si potrebbe riuscire a centrare l’obiettivo. Ma serve dedicare attenzione al problema perché non è così semplice e immediato”.
Dal fronte approvazione vaccini, il siero della cinese Biotech Sinovac ha ottenuto il via libera per l’uso emergenziale da parte dell’Organizzazione mondiale della Sanità (Oms), che lo omologa come “sicuro, efficace” e conforme agli standard internazionali anche nel processo di produzione. Il comitato indipendente di esperti vaccinali che fornisce i pareri all’agenzia Onu fa sapere che il vaccino – il secondo di produzione cinese approvato dopo il Sinopharm, sdoganato il 7 maggio – è utile per sopperire all’emergenza e somministrabile in due dosi distanziate di quattro settimane alle persone di 18 anni e più.
Il Sinovac, ha stabilito l’Oms, ha un’efficacia solo del 51% nell’impedire il contagio, ma del 100% nel prevenire i sintomi gravi e il ricovero, secondo i dati della sperimentazione, che tuttavia appare lacunosa nei dati sull’incidenza della copertura nelle persone di 60 anni e oltre. Fra i vantaggi accertati, dice ancora l’agenzia Onu, la facile stoccabilità, che rende il preparato Sinovac adatto all’impiego negli Stati meno ricchi. Ed è infatti già utilizzato in 22 Paesi, frutto della “diplomazia dei vaccini” di Pechino. Fra questi, Turchia, Brasile, Messico, Cile, Thailandia e Tunisia. Il via libera dell’Oms permette infatti al Sinovac di essere utilizzato nel programma Covax, che s’incarica di vaccinare i Paesi a basso reddito, altrimenti esclusi da ogni profilassi.