Secondo alcune ricerche, essere esposti a due lingue diverse favorisce una sensibilità maggiore da parte del bambino verso le componenti del linguaggio.
Alcuni genitori sono convinti che i bambini, soprattutto dai due ai cinque anni, possano fare confusione con l’apprendimento di lingue differenti. Varie ricerche però dimostrano che questo pensiero è completamente errato. Jacques Mehler, figura di spicco nello studio dell’acquisizione del linguaggio, ha dimostrato come il bambino sia capace, sin dal quarto giorno di vita, di distinguere la lingua madre (ovvero quella della mamma, alla quale è già stato esposto quando era ancora in grembo) da altre lingue.
Quindi, anche se il neonato non è in grado di comprendere ciò che ascolta, sa però riconoscere la lingua che gli è già familiare da un’altra. Proprio per questa capacità che emerge così precocemente, non bisogna temere che esporre il proprio bambino a una lingua straniera possa generare confusione. Alcune ricerche anzi dimostrano che essere esposti a due sistemi linguistici diversi, non solo non confonde, ma favorisce una sensibilità maggiore da parte del bambino verso le componenti del linguaggio, come i suoni e la struttura delle parole.
Ogni bambino nei primi anni di vita deve costruire un “vocabolario” interno, fatto di parole che capisce, e di parole che è in grado di produrre. Ogni termine, per il bambino monolingue, è una sorta di etichetta che associa ad un elemento.
Il bimbo bilingue invece apprende che per ogni oggetto ci può essere più di un’etichetta per riferirsi ad esso. I bilingui quindi comprendono prima dei monolingui che esiste un rapporto arbitrario tra l’elemento (per esempio, la luna) e le parole che lo rappresentano (“luna” appunto, e “moon”).
Il bambino di oggi, magari iscritto a scuole materne in cui oltre all’italiano e all’inglese, è prevista anche la familiarizzazione con il cinese, si trova nella condizione di dover elaborare due o più sistemi linguistici contemporaneamente. Tutto questo non deve essere vissuto come un pericolo da parte del genitore.
Sappiamo infatti che il cervello del bambino è in grado di “gestire” le due lingue contemporaneamente, e che il continuo passaggio da una lingua all’altra determina dei vantaggi cognitivi per il bilingue. Per questa ragione suggerisco sempre a un genitore di dare al proprio figlio un’educazione bilingue, a patto però che questa sia gestita in modo consapevole dalla famiglia e dalla scuola. Bisogna ricordare che crescere un figlio bilingue richiede un grande impegno!
Non basta certo che il bambino guardi mezz’ora di cartoni animati in inglese ogni pomeriggio per poterlo considerare bilingue. Lo sviluppo bilingue presuppone che il bambino sia esposto ad un input linguistico adeguato in entrambe le lingue in modo sistematico e continuativo. In altre parole, il bambino deve essere stimolato regolarmente mediante contatto linguistico diretto (quindi con qualcuno che parla con lui, non solo davanti alla televisione), e possibilmente con parlanti nativi di quella lingua.
È importante tenere a mente che l’abilità di associare un suono (una parola) a un significato (un oggetto) è strettamente legata allo sviluppo di una competenza che permette al bambino di partecipare al cosiddetto “gioco di finzione”. Fin dall’anno di vita il bambino tende a giocare facendo finta che un oggetto (per esempio, una matita) sia qualcos’altro (una bacchetta magica). Il saper usare un oggetto per rappresentarne un altro è alla base dello sviluppo del linguaggio. Le parole in fondo sono “simboli” che usiamo per rappresentare un oggetto. Quanto ai tempi dello sviluppo lessicale, fin dagli 8-10 mesi i bambini dimostrano di possedere la capacità di comprendere singole parole, mentre iniziano in genere a produrle tra i 12 e i 16. È necessario però considerare che i bambini non vanno tutti alla stessa velocità, e anche queste tappe di acquisizione possono variare.