Dall’Unità Operativa di Gastroenterologia ed endoscopia digestiva dell’IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano arrivano le ultime notizie riguardanti il morbo di Crohn, malattia infiammatoria cronica intestinale che può colpire la parete del tratto gastrointestinale. L’ipotesi patogenetica prevalente è quella di tipo multifattoriale, implicando una certa predisposizione genetica da parte del paziente, una reazione immunologica abnorme da parte dell’intestino nei confronti di determinati antigeni, e fattori ambientali ancora poco noti. L’obiettivo dei trattamenti conosciuti è di ‘spegnere’ l’infiammazione intestinale per indurre una remissione dei sintomi e mantenere questa condizione nel lungo periodo. Tuttavia, nonostante le scoperte recenti, alcuni pazienti affetti da malattia di Crohn non raggiungono la remissione con i farmaci a disposizione.
Sulla base di un nuovo studio clinico multicentrico internazionale di fase II – GALAXI 1 reso pubblico in questi giorni sulla rivista Lancet dimostrano l’efficacia di una nuova classe di anticorpi monoclonali, guselkumab, nel ridurre efficacemente l’infiammazione causata dalla malattia di Crohn. Lo studio è stato coordinato dal professor Silvio Danese, direttore dell’Unità Operativa di Gastroenterologia ed endoscopia digestiva dell’IRCCS Ospedale San Raffaele e professore ordinario di Gastroenterologia dell’Università Vita-Salute San Raffaele.
Lo studio GALAXI 1. L’interleuchina 23 è una molecola importante nella regolazione dell’infiammazione, nota per il suo ruolo in varie patologie tra cui la colite ulcerosa e la malattia di Crohn. Lo studio GALAXI 1 ha testato un anticorpo monoclonale, guselkumab, che inattiva specificamente l’interleuchina 23 e ne ha valutato la sicurezza e l’efficacia confrontandolo con placebo e con ustekinumab, un farmaco con meccanismo simile già in commercio. Lo studio ha interessato oltre 350 pazienti nel mondo e ha dimostrato che guselkumab, già approvato per il trattamento della psoriasi a placche e dell’artrite psoriasica moderata-severa, è sicuro e molto efficace. “L’anticorpo monoclonale testato in questo studio clinico – commenta Danese – ha mostrato benefici anche superiori a ustekinumab, considerato ad oggi uno dei farmaci migliori a disposizione. Guselkumab potrebbe quindi rappresentare un ulteriore passo avanti verso cure sempre più efficaci per il Crohn”.
Lo studio di fase 2 multicentrico internazionale GALAXI 1, in doppio cieco, controllato con placebo e con controllo attivo, ha valutato quindi l’efficacia e la sicurezza di guselkumab nei partecipanti con malattia di Crohn da moderata a severa e che non rispondevano o erano intolleranti alle terapie convenzionali (corticosteroidi o immunomodulatori) e/o terapie biologiche (antagonisti del TNF o vedolizumab). Alla settimana 12 tutte le dosi di induzione di guselkumab 200, 600 e 1.200 (IV) hanno determinato un miglioramento clinico ed endoscopico rilevante rispetto al placebo.