Sul fronte della ricerca scientifica un importante passo in avanti è stato fatto dall’Università di Trento che ha aggiunto una “tesserina” in più alla letteratura scientifica relativa alla malattia di Kennedy. Si tratta dell’atrofia muscolare bulbo-spinale, una rara patologia genetica legata al cromosoma X, dovuta alla mutazione del gene che codifica per il recettore degli androgeni, gli ormoni sessuali maschili. Generalmente si manifesta solo negli uomini e compare attraverso ginecomastia, atrofia testicolare e ridotta fertilità da insensibilità agli androgeni.
È possibile preservare la funzione fisiologica del recettore degli androgeni? Condotto dal team di ricercatori guidati dalla dottoressa Maria Pennuto, professoressa associata dell’Università degli studi di Padova, a partire dal 2013 e grazie a un finanziamento di mezzo milione di euro, dallo studio emerge che nella malattia di Kennedy ci sono alterazioni precoci della capacità dei muscoli di contrarsi e di produrre energia, che si traduce in una progressiva alterazione della capacità dei muscoli di produrre la forza necessaria a effettuare un movimento senza stancarsi precocemente.
Inoltre, con lo scopo di capire in che modo questi fenomeni sono dovuti alla relazione che intercorre tra i fattori del muscolo che interagiscono con la proteina mutata, gli scienziati hanno dato vita e forma ad alcune delle molecole in grado di ridurre l’espressione di quei fattori che interagiscono con la proteina mutata, lasciando emergere che in questo modo si migliora lo stato di salute dei muscoli e dei neuroni da loro contattati.
“Le malattie neurodegenerative – ha spiegato la dottoressa Pennuto – sono una vasta categoria di condizioni patologiche che va da disordini cognitivi a motori, e dove i sintomi clinici sono dovuti al malfunzionamento di specifiche popolazioni del sistema nervoso centrale. Ciò che è attualmente oggetto di indagine sono i meccanismi molecolari alla base di queste malattie. Un concetto che è emerso negli ultimi anni è che molto spesso le malattie neurodegenerative sono multisistemiche e non coinvolgono solo i neuroni, ma diversi tipi di cellule e organi oltre al sistema nervoso. Queste due ricerche ci portano un passo avanti verso la comprensione di questi meccanismi, andando a identificare nuovi target terapeutici che verranno sviluppati dai gruppi coinvolti nei prossimi anni”. La ricerca inoltre è frutto del lavoro del gruppo di Padova e di altri laboratori situati in Italia e all’estero: lo scopo è l’identificazione di nuovi target molecolari per futuri trattamenti per la malattia di Kennedy e l’ampliamento delle conoscenze nell’ambito delle patologie neurodegenerative.