Le Malattie Rare Endocrino-Metaboliche, recentemente classificate, rappresentano un’importante area in campo medico e farmacologico, per questa ragione sono state poste al centro di un approfondito dibattito tenutosi mercoledì 12 e giovedì 13 dicembre a palazzo Alabardieri di Napoli.
Questa classe di malattie è molto ampia: si va dalle rare dell’ipofisi tumorali e non alle patologie rare della ghiandola tiroidea tumorali e non.
Esse includono patologie a grande impatto per il numero delle persone colpite, si pensi alle malattie della tiroide, il diabete, l’osteoporosi, la disfunzione erettile, i disturbi della sfera alimentare, o a quelle meno frequenti quali che colpiscono l’ipotalamo, il surrene, le malattie da carenza dell’ormone della crescita, e un gruppo ancora più ampio di malattie rare.
Il convegno è stato promosso dall’Associazione Medici Endocrinologi, con il patrocinio della Regione Campania e l’Azienda Ospedaliera A. Cardarelli sotto la presidenza del professore G. Lombardi e la direzione scientifica dei dottori Raffaele Giannattasio, Vincenzo Novizio, Francesco Scavuzzo e il coordinamento di Silvio Settembrini.
L’osteoporosi è una malattia dello scheletro caratterizzata da una compromissione della resistenza dell’osso con conseguente aumento del rischio di fratture. La resistenza ossea ai traumi riflette l’integrazione di due parametri principali: la densità ossea (bone mineral density BMD) valutata mediante l’esame densitometrico (densitometria a raggi X) e la qualità dell’osso, cui contribuisce la microstruttura dell’osso, il turnover, la composizione cristallina e organica della matrice, la cui valutazione non è ancora entrata nella pratica clinica.
La più grave conseguenza dell’osteoporosi sono le fratture da fragilità del polso, delle vertebre, e dell’anca; soprattutto queste ultime due hanno un impatto clinico importante causando disabilità complesse, morbilità, riduzione della qualità di vita, limitazione funzionale. Le fratture vertebrali e femorali aumentano il rischio relativo di mortalità: in particolare per quelle di femore l’incidenza è sostanzialmente sovrapponibile a quella per ictus e carcinoma mammario. Ma c’è un aspetto ancora poco noto: nella popolazione italiana nell’anno 2010 i soggetti con frattura di femore dopo i 50 anni erano 517.126 di cui il 74% nella donna e il 26% nell’uomo, ma il numero di morti entro un anno dalla frattura di femore è, in proporzione, 3 volte maggiore nell’uomo.
La presenza di una frattura vertebrale costituisce un importante fattore predittivo nei confronti dell’insorgenza di eventuali altri fratture vertebrali e di fratture di altri siti, e in particolare al femore. Ne consegue l’importanza di identificare precocemente la presenza di una frattura vertebrale sia per quantificare il rischio per future fratture sia per iniziare la terapia.
Dai dati OsMed (Osservatorio sull’impiego dei farmaci curato dall’Aifa) emerge che la maggior parte dei pazienti con pregresse fratture da fragilità non segue una terapia specifica. Da tempo sono disponibili diversi farmaci che riducono il rischio di frattura osteoporotica, suddivisi in 2 classi: anticatabolici, altrimenti detti antiriassorbitivi, e anabolici che stimolano la formazione dell’osso. L’Aifa ha sviluppato e pubblicato un diagramma di flusso il cui obiettivo è quello di suggerire, alla luce delle evidenze scientifiche oggi disponibili, l’impiego clinico appropriato dei farmaci per il trattamento dell’osteoporosi erogati dal SSN secondo la nota 79. L’impatto economico di una patologia così diffusa è naturalmente molto elevato considerando anche che l’Italia ha il più alto indice di invecchiamento del mondo e le sole fratture del femore hanno un costo annuo di 1.200 milioni di euro.
La struttura ossea inoltre può essere colpita anche dalle malattie scheletriche rare, un gruppo eterogeneo di malattie ereditarie che causano problemi della crescita e dello sviluppo. Si tratta di malattie che si differenziano in base a caratteristiche cliniche, radiologiche e genetiche ma hanno tutte un impatto spesso devastante sulla qualità della vita delle persone che ne sono affette. La Campania è una regione ad elevata prevalenza di Malattia di Paget, patologia cronica dello scheletro, in cui le ossa sono più fragili e si ha un’aumentata tendenza alla frattura. Per ragioni non ancora chiarite, i pazienti di origine campana presentano una maggiore gravità della patologia in termini di numero di siti ossei colpiti e precocità di insorgenza.
“Le malattie endocrino-metaboliche – fa sapere Edoardo Guastamacchia, presidente dell’associazione Medici Endocrinologi – interessano un gran numero di soggetti e sono in costante aumento. Vengono sottovalutate dai pazienti perché i sintomi sono inizialmente sfumati: è invece essenziale comprendere quanto sia importante intervenire precocemente per evitare l’insorgenza di complicanze che sarebbero poi di difficile gestione”.