Il piccolo Charlie Gard è affetto da Deplezione del Dna Mitocondriale. Ma di che malattia si tratta?
I media di tutto il mondo stanno seguendo passo passo il delicato caso di Charlie Gard, un bambino britannico di 10 mesi affetto da una malattia rara, la Sindrome di deplezione del Dna mitocondriale, e ricoverato al Great Ormond Street Hospital di Londra. Prima di affrontare nello specifico la malattia rara, ripercorriamo brevemente la storia del piccolo Charlie e della sua famiglia. Poco dopo la nascita, a Charlie è stata diagnosticata la sindrome da deplezione del Dna mitocondriale, una patologia che causa un progressivo e inesorabile indebolimento muscolare, di cui si conoscono solo 16 casi al mondo e per la quale, come per le altre malattie mitocondriali, non esiste una cura definitiva, ma solo dei trattamenti volti ad attenuare i sintomi, tra l’altro pianistici e disponibili negli Stati Uniti. I primi di gennaio di quest’anno, i medici dell’ospedale britannico GOSH, dove il piccolo è ricoverato in terapia intensiva, erano pronti a chiedere l’autorizzazione alla Commissione Etica, in quanto trattandosi di un trattamento sperimentale, per trasferire il bambino negli USA. Prima del verdetto però Charlie ha iniziato a soffrire di una grave forma di encefalopatia epilettica e il peggioramento del quadro clinico ha portato i medici del GOSH, in costante contatto con la clinica americana, a ritenere che il danno cerebrale fosse tale che a nulla sarebbe servito il trattamento statunitense. Charlie resta così in Gran Bretagna. I medici dell’ospedale pediatrico hanno riferito ai genitori che il figlio non aveva speranze di sopravvivere e che hanno così deciso di staccare il suo supporto vitale ritenuto solo un accanimento terapeutico. Connie e Chris Gard in questo periodo hanno cercato qualunque via, anche avviato un ricorso alla Corte Europea dei diritti dell’Uomo, pur di provare la cura sperimentale negli Stati Uniti. Diversi Paesi, compresa l’Italia, si sono mobilitati per aiutare il piccolo Charlie. L’ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma si è reso disponibile ad ospitare Charlie, ma Londra ha detto no perché, come si legge nella nota, “ragioni legali non consentono lo spostamento del piccolo”.
“Abbiamo il cuore completamente spezzato – hanno scritto i due genitori sulla loro pagina Facebook -. Non ci è permesso di scegliere se nostro figlio vivrà e non ci è permesso di scegliere quando e dove Charlie morirà”.
Dopo la mobilitazione internazionale e l’intervento del Papa, sembra che per il piccolo Charlie ci siano delle speranze: i medici del GOSH avrebbero chiesto una nuova udienza alla Corte dopo che il Bambino Gesù di Roma ha inviato una lettera all’ospedale londinese, chiedendo ufficialmente ai medici inglesi di poter somministrare al bimbo un protocollo sperimentale “che può funzionare”. L’intervento italiano è stato determinante e come ha detto Piero Santantonio, presidente di Mitocon – un’associazione nata per supportare la ricerca sia di base, per la migliore comprensione dei meccanismi di funzionamento dei mitocondri, che di sviluppo di nuove terapie – nel corso di un’interessante intervista al quotidiano Il Giornale, “l’Italia si è dimostrata una volta di più un paese sorprendente, con competenze di eccellenza, con cuori grandi e grande generosità. Siamo contenti di essere stati vicini alla famiglia in questa situazione così complicata. E siamo contenti di avere intorno a noi persone che ci hanno supportato e consigliato” (intervista completa qui).
Sono attese per giovedì le decisioni dell’Alta Corte inglese. Il giudice Francis ha detto che se saranno prodotte prove convincenti sarà lieto di cambiare la decisione dello scorso aprile. I genitori del piccolo hanno tempo fino ad oggi, alle 14 locali (le 15 in Italia) per fornire il nuovo materiale alla Corte, comprese informazioni sugli eventuali studi scientifici sul nuovo farmaco.
In attesa delle prossime evoluzioni, Mutua Mba, società di mutuo soccorso, intende approfondire la patologia: di cosa si tratta? Quali sono i sintomi? Come si arriva alla diagnosi? Come avviene la trasmissione?
La deplezione del Dna mitocondriale è una malattia molto rara e degenerativa che colpisce i geni, causando un progressivo deperimento muscolare.
È una patologia che si manifesta già nelle prime settimane o mesi di vita. Colpisce solo gli individui in cui entrambe le copie dei geni interessati sono difettose: i portatori, quindi, sono sani e non manifestano i sintomi della malattia.
In realtà, non si tratta di una sola patologia, ma di un gruppo di malattie genetiche caratterizzate da una forte diminuzione del contenuto di Dna mitocondriale nelle cellule. I mitocondri sono gli organelli che forniscono alla cellula l’energia necessaria per il suo funzionamento.
Come ha spiegato all’agenzia stampa Adnkronos Salute Giuseppe Novelli, genetista e Rettore dell’università Tor Vergata di Roma, la patologia “colpisce i mitocondri, le centraline energetiche della cellula. In pratica è come se, in una città, tutti i generatori di energia cominciassero progressivamente a deteriorarsi e a rompersi”. Nell’organismo “i primi ad essere colpiti sono i tessuti e gli organi che hanno maggiore necessità di energia, muscoli e nervi. Così, inesorabilmente, gli organi smettono di funzionare, ‘spegnendosi’ come in un domino”.
Si conoscono tre forme principali di sindrome da deplezione del Dna mitocondriale. La prima colpisce prevalentemente la muscolatura scheletrica, la seconda interessa sia i muscoli che il sistema nervoso e l’ultima, invece, il fegato e in alcuni casi il cervello. Tutte, però, sono accomunate da difficoltà di alimentazione e di accrescimento, e da debolezza muscolare. Come per le altre cosiddette malattie mitocondriali, contro le sindromi da deplezione del Dna mitocondriale non esiste una cura, e si fa ricorso a trattamenti finalizzati solo ad attenuarne i sintomi. (fonte: fondazione Telethon)
Una forma per la quale sono state sperimentate con successo terapie mirate a correggere il difetto biochimico causa della malattia è l’encefalopatia neurogastrointestinale mitocondriale, che non è una tipica sindrome da deplezione del Dna mitocondriale, perché oltre alla deplezione presenta anche altre alterazioni del Dna mitocondriale. Ma per ora, data la complessità di queste malattie non è ancora possibile sperare in una terapia.
“L’unica forma di intervento, tra l’altro molto recente, è preventiva – ha spiegato Novelli – Può essere attuata per evitare la malattia per un secondo figlio, ad esempio. Parliamo della tecnica embrionale di sostituzione mitocondriale. In questo caso, con tecniche di fecondazione assistita, si fa la diagnosi preimpianto dell’embrione nel quale si sostituiscono i mitocondri malfunzionanti. E’ una tecnica possibile in Inghilterra e Usa, dove è consentita la manipolazione genetica dell’embrione. Non ci sono invece, al momento, “terapie documentate e validate dopo la nascita”.
Per quanto riguarda i sintomi, gli aspetti comuni sono la difficoltà di alimentazione e di accrescimento e la debolezza muscolare. In alcuni casi però la malattia si manifesta più tardi e i sintomi compaiono in modo più lento e progressivo.
La diagnosi è quella delle malattie mitocondriali, con sintomi multipli in organi diversi ed un esame mirato consente la quantificazione del Dna mitocondriale e quindi la possibilità di individuare la malattia. La diagnosi genetica serve per individuare il gene alterato e la mutazione causativa.
Come già detto, non esiste ancora una terapia e si continua a puntare sulla ricerca. “Servono più risorse per conoscere meglio i meccanismi di queste malattie – ha detto Novelli – che oggi non sono del tutto chiari. E servono persone che si dedichino alle ricerche sulle malattie rare su cui, in passato, si investiva poco perché si pensava che ci fosse un ritorno scarso, visto il numero limitato di malati. Oggi, invece, è ormai chiaro che le conoscenze acquisite sulle malattie rare sono importantissime. Non dobbiamo dimenticare che, in molti casi, una volta scoperta la causa e la cura per una malattia rara abbiamo avuto a disposizione strumenti e conoscenze in grado di far progredire anche le cure per malattie più comuni e diffuse”.