Ci sono voluti sette anni ma adesso c’è: il Ministero della Salute ha presentato il nuovo piano nazionale malattie rare 2023-2026, uno strumento di programmazione e pianificazione centrale nell’ambito delle malattie rare, che fornisce indicazioni per l’attuazione e l’implementazione dei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA). Questo nuovo documento, curato dal Ministero in collaborazione con il Centro nazionale malattie rare dell’ISS, raccoglie gli obiettivi istituzionali da implementare nel prossimo triennio, delineando le principali linee di azione delle aree rilevanti nel campo delle malattie rare. “Il Piano che presentiamo – ha commentato il Sottosegretario alla Salute Marcello Gemmato – è frutto di un percorso che parte da lontano, animato da una comunità scientifica, associativa e soprattutto umana molto forte, dai ruoli complementari, che nel tempo ha saputo camminare insieme e più speditamente nel corso di questi ultimi anni, accelerando il raggiungimento di importanti traguardi”.
In Italia sono circa 2 milioni le persone che convivono con una malattia rara. In Europa una malattia si definisce rara quando colpisce non più di 5 persone su 10 mila. Ad oggi sono oltre 6 mila le malattie rare conosciute. Le criticità riscontrate spesso sono comuni: ritardo e a volte assenza di diagnosi, mancanza di una terapia risolutiva, difficoltà a fare ricerca, elevato carico assistenziale. Con lo scopo di fornire risposte concrete, più vicine ai malati e alle loro famiglie, in modo uniforme sul territorio è stato approvato il nuovo Piano nazionale delle malattie rare 2023-2026, finanziato con 50 milioni di euro dal Fondo sanitario nazionale.
Questo nuovo vademecum, che sarà presentato anche al G7 del prossimo anno, ha visto la piena sintonia tra maggioranza e opposizione concordi nella volontà di dare risposte concrete ai bisogni dei pazienti, puntando anche, come ha sottolineato il Gemmato, a superare la disomogeneità delle cure tra le diverse regioni. Il Ministero infatti lo presenta anche come uno strumento in grado di colmare quel gap che esiste nell’approccio e cura dei pazienti affetti da malattie rare tra regioni e regioni. Non solo purtroppo come avviene a livello sanitario tra regioni del Nord e regioni del Sud ma anche a livello di diverse Asl e comprensori della stessa regione.
L’80% delle malattie rare ha un’origine genetica: circa il 72% è di natura mendeliana, il 7% è causato da uno sbilanciamento/aneuplodia cromosomica e l’1% ha un’origine multifattoriale. Le principali linee di intervento del Piano riguardano: prevenzione primaria, diagnosi, percorsi assistenziali, trattamenti farmacologici e non farmacologici, ricerca, formazione, informazione, registri e monitoraggio della Rete nazionale delle malattie rare.