Decreto appropriatezza: dopo le contestazioni dei sindacati dei medici, sospese sanzioni e niente super ticket
Il 20 gennaio scorso è entrato in vigore il cosiddetto decreto-appropriatezza, chiamato anche taglia-esami, tra le contestazioni dei sindacati e dei medici, che avevano rilevato già più volte le criticità e la inapplicabilità delle norme, sostenendo inoltre che avrebbero provocato un aggravio dei costi per i cittadini. In sintesi, il decreto prevede che, nell’ottica della razionalizzazione e contenimento della spesa, esami e visite considerate inappropriate, cioè al di fuori delle condizioni di erogabilità stabilite, siano totalmente carico dell’assistito.
In effetti, dal 20 gennaio, nei primi giorni di applicazione delle nuove norme, si è scatenato il caos. Il governo ha deciso di correre ai ripari, per tranquillizzare i medici ed evitare scioperi, ed aprirsi quindi al confronto. I punti critici erano soprattutto due: le sanzioni per i medici nel caso di ripetute prescrizioni ritenute “inappropriate” e il super ticket.
Di questo si è parlato lo scorso 12 febbraio, in un incontro al ministero della Salute, a cui hanno partecipato, oltre al ministro Lorenzin, l’assessore dell’Emilia Romagna Sergio Venturi, in rappresentanza delle Regioni, Roberta Chersevani, presidente della Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri e i presidenti degli Ordini dei Medici di Bari, Filippo Anelli e di Como Gianluigi Spata. I sindacati medici, che hanno già programmato uno sciopero per metà marzo, hanno deciso di disertare l’incontro, dopo la scelta del ministro di convocare la Fnomceo e chiedere alla stessa federazione di selezionare i sindacati da portare al tavolo.
Dopo quattro ore si discussione, si è trovata una intesa sui punti più critici e dibattuti.
“Oggi abbiamo convocato questa riunione con Fnomceo, Regioni, e i tecnici della Sogei, che realizza la ricetta elettronica, per analizzare le segnalazioni di criticità dei pazienti che ci sono arrivate o che abbiamo letto in questi giorni. Oggi abbiamo visto che c’erano delle criticità concrete. Per questo il nostro obiettivo sarà di rimuovere tutti gli ostacoli operativi per l’applicazione”, ha detto Lorenzin al termine dell’incontro. “Il decreto mira a realizzare una riforma dell’appropriatezza e non ha finalità economico-contabile, non sono certo 100 mln. Ma questa riforma va fatta insieme ai medici, quindi se i medici non riescono a lavorare bene questa norma non può vivere”. Serve collaborazione, e il governo ha dichiarato di essere aperto a modifiche ulteriori: “Se i medici pensano che bisogna fare delle modifiche ce lo devono e dire e insieme cambieremo i punti critici. L’importante è avere tutti lo stesso obiettivo: curare i pazienti senza fare sprechi”.
Secondo quanto si legge sul sito del ministero, durante l’incontro, Ministro della Salute, Regioni e Fnomceo hanno condiviso l’impegno:
- di confermare l’obiettivo etico di perseguire con determinazione la massima appropriatezza di tutte le prestazioni sanitarie erogate dal SSN, sia in regime di ricovero, sia in regime ambulatoriale, sia nelle cure primarie, comprese le indagini diagnostiche;
- di attivare un tavolo congiunto di confronto, con il Ministero della Salute, le Regioni, la Federazione Nazionale dell’Ordine dei Medici, che potrà avvalersi anche dell’apporto delle società scientifiche, per semplificare dal punto di vista organizzativo e prescrittivo ed eventualmente riformulare i criteri di appropriatezza e di erogabilità previsti dal D.M. 9 dicembre 2015;
- di coinvolgere i medici nella governance del sistema e delle eventuali criticità nella fase attuativa ed applicativa del decreto;
- di condividere e predisporre una circolare esplicativa al fine di garantire l’applicazione omogenea delle disposizioni del decreto sul territorio nazionale;
- di fare una adeguata informazione presso i pazienti, anche con l’ausilio di specifiche campagne di comunicazione, per facilitare la comprensione del decreto e garantire che i pazienti cronici e gli invalidi rimangono salvaguardati dalle vigenti disposizioni;
- di reinvestire le risorse risparmiate nel SSN, nella direzione dell’appropriatezza clinica e organizzativa.
Durante il confronto, si è inoltre stabilito che le sanzioni per i medici non sono immediatamente applicabili e saranno oggetto di futuro accordo in Conferenza Stato-Regioni, come già previsto dall’Intesa Stato-Regioni del 26 novembre 2015. Le tanto contestate sanzioni ai medici restano quindi per il momento in stand by, “fino a che il dm non si svilupperà, e in ogni caso ci sarà un monitoraggio”, ha spiegato Lorenzin.
Per garantire una corretta informazione ai pazienti, sarà creato un manifesto, da mettere negli studi e nei laboratori, con le informazioni ad hoc per spiegare “cosa è cambiato”. I cittadini temevano il famigerato “super ticket”, ma Lorenzin ha chiarito che “non ci saranno assolutamente super-ticket per i cittadini”, dovuti alla singola prescrizione di esami su singole ricette, ognuna delle quali gravata da un ticket. Questa necessità’, ha sottolineato, “era infatti dovuta ad un errore tecnico nella formulazione dei campi delle ricette elettroniche”. Il ministro ha anche sottolineato di avere chiesto aiuto ai medici per spiegare a tutti i cittadini che non ci sarà alcun limite all’accesso alle prestazioni.
Ci saranno presto nuovi appuntamenti tra il governo, Regioni e Medici per analizzare tutti gli aspetti da migliorare, oltre a confronti con tutte le organizzazioni sindacali. “Chiameremo non solo i medici territoriali ma pure gli ospedalieri per ascoltare le problematiche dell’appropriatezza ma più in generale per confrontarci su come realizzare le riforme del sistema”, ha detto il ministro.
“Il decreto sull’appropriatezza rimane, ma cercheremo di evitare i disagi ai medici e ai pazienti”, ha ribadito Sergio Venturi, coordinatore della Commissione Salute della Conferenza delle Regioni al termine dell’incontro. “Le Regioni si sono impegnate a fare il possibile per evitare trattamenti differenti rispetto al luogo in cui si vive. Ma siamo pronti a rivedere il decreto semplificandolo e per farlo ci vedremo la settimana prossima per elaborare una circolare con tutti i chiarimenti per i medici”. Il super ticket “è un mito, lo abbiamo spiegato ai medici e ci siamo chiariti che non è necessario fare una unica ricetta per ciascuno esame prescritto per gli esami di laboratorio”.
Soddisfatta Roberta Chersevani, presidente della Fnocmeo: “Abbiamo rilevato delle criticità e su queste si lavorerà. E’ stato istituito un nuovo tavolo di lavoro per fare eventualmente delle modifiche per garantire che le problematiche siano superate. Abbiamo poi valutato di dare un’adeguata informazione ai pazienti che stanno vivendo un momento di ansia. Abbiamo precisato che i pazienti con patologie croniche non rientrano in questo contesto”. “Credo anche che si riuscirà a rasserenare i medici, vuoi perché ci sono degli impegni per istituire dei software che possono rendere il percorso più facile, ma soprattutto perché il problema delle sanzioni è stato messo da parte. Il decreto rimane ma se ci sono delle modifiche da fare le faremo”.
Resta critico il segretario Fimmg (medici di famiglia), Giacomo Milillo: “Indubbiamente i segnali sul decreto appropriatezza emersi nell’incontro fanno apparire una maggiore attenzione del ministero della Salute nei confronti dei medici e delle loro professionalità, anche se nello specifico non mi convince il rinvio dell’aspetto sanzionatorio al solo confronto in Conferenza Stato-Regioni. Verificheremo la prossima settimana quanto il ministro saprà comprendere le richieste dei medici”. Critico anche Costantino Troise (Anaao Assomed), per il quale “resta sul tappeto il problema vero: definire i criteri di appropriatezza non spetta alla politica, ma ai medici, all’interno di una alleanza con i cittadini”.
Sicuramente il decreto, con la stretta su 203 prestazioni, tra visite ed esami, spinge verso il privato. Ogni anno, secondo uno studio realizzato per Fondo Est lo scorso giugno, le famiglie italiane spendono circa 30 miliardi di euro per garantirsi il diritto alla salute, quella che si chiama “spesa sanitaria privata”. Parliamo di circa il 22% della spesa sanitaria totale (che nel 2013 ammontava nel suo complesso a 144 miliardi di euro), un dato simile a quello degli altri grandi Paesi europei. C’è però una anomalia: buona parte di questa spesa non è intermediata da fondi o assicurazioni, è cioè di tipo “out of pocket” (si stima che solo 1,4 miliardi siano intermediati, circa il 4,7% del totale della spesa privata). La maggior parte della spesa grava quindi direttamente sulle tasche degli italiani. Secondo una ricerca Censis – Rbm Salute presentata lo scorso dicembre, il 63,4% degli italiani si dichiara insicuro rispetto alla copertura sanitaria futura. E’ quindi necessario, soprattutto alla luce delle nuove norme approvate dal governo, facilitare la diffusione e l’utilizzo dei soggetti di intermediazione della spesa sanitaria privata, il II° Pilastro, per aiutare le famiglie, gravate da oneri economici sempre meno sostenibili. In questo modo si contrasterebbe il fenomeno della rinuncia alle cure, e il diritto alla salute sarebbe garantito a tutti, indipendentemente dallo sviluppo economico delle singole regioni. La soluzione quindi sono le società di mutuo soccorso, come Mutua Basis Assistance, la più grande mutua sanitaria italiana per numero di soci, che accoglie senza alcuna distinzione persone di ogni età, professione, qualsiasi sia il loro stato di salute o storia clinica. Grazie ad un sistema di gestione moderno e ben sperimentato, ai soci viene garantito un corretto e veloce accesso alle informazioni ed alla diagnosi precoce, vera nota dolente del SSN. Ogni cittadino, se la spesa “out of pocket” è di circa 30 miliardi di euro, spende in media 500 euro all’anno, che potrebbero invece essere investiti in un sussidio, seguendo la logica della mutualità. Questa potrebbe essere la risposta vincente al crescente bisogno di salute e all’evoluzione della normativa nel nostro Paese.